L’allulosio è un dolcificante ipocalorico uscito nel 2015 e approvato dalla FDA statunitense nel 2016; in Giappone la Matsutani Chemical Industry lo sta già vendendo dal 2017. Nel 2018 la tedesca Savanna ha trovato il modo di produrre questo dolcificante su larga scala e quindi ci si può aspettare un netto incremento dei consumi, anche se nell’Unione Europea non è ancora consentito il suo utilizzo. Savanna e altre aziende hanno già fatto richiesta affinché anche l’UE si esprima sulla sicurezza alimentare dell’allulosio, parere che dovrebbe arrivare entro il 2020.
Questo dolcificante è meno dolce del comune zucchero da cucina (arriva al 70% del suo livello di dolcezza) e per questo, qualora venga usato per dolcificare un prodotto alimentare al posto dello zucchero, se ne deve impiegare una quantità superiore (per esempio 10 g di saccarosio devono teoricamente essere sostituiti, per arrivare allo stesso grado di dolcezza, con circa 14 g di allulosio), tuttavia ha la particolarità di non venire metabolizzato dal nostro organismo, se non in minima parte. Per questa ragione il suo contributo calorico viene stimato in 0,4 kcal/g, un decimo di quello del saccarosio (e pertanto i 14 g indicati precedentemente apporterebbero circa 6 kcal contro le 40 dei 10 g di saccarosio).
Non si tratta quindi di un dolcificante artificiale, è classificato come uno “zucchero raro”, perché si trova naturalmente in piccole quantità in alcuni alimenti, tra cui fichi, uvetta, melassa e sciroppo d’acero. Come il glucosio e il fruttosio, i due componenti che costituiscono il saccarosio (lo zucchero da tavola), è un monosaccaride (zucchero semplice).
I dolcificanti artificiali non forniscono calorie (per esempio il sucralosio si spezza chimicamente durante il processo digestivo e non apporta calorie) e sono anche centinaia di volte più dolci dello zucchero.
Secondo i produttori (Tate & Lyle) è “non glicemico”, il che significa che non influirebbe sulla glicemia, la quantità di zuccheri nel sangue.
Anche se sono consentiti, i dolcificanti artificiali sono da molti ritenuti sospetti perché da un lato si pensa a un loro coinvolgimento in malattie del tratto gastrointestinale e dall’altro, essendo in genere centinaia di volte più dolci, possono modificare drasticamente le papille gustative in modo tale che quando si consuma zucchero vero, ne è necessario molto di più per “sentirlo”.
L’allulosio è sicuro?
Poiché l’allulosio è nuovo sulla scena dei dolcificanti, c’è stata pochissima ricerca a lungo termine (e ciò che è stato fatto riguarda per lo più studi a breve termine sugli animali o studi su gruppi molto piccoli di persone). Fra l’altro un suo sinonimo, psicosio, non incoraggia molto al suo impiego.
Uno studio, pubblicato nel Journal of Agricultural and Food Chemistry nel 2017, ha riguardato ratti che hanno bevuto sciroppo di allulosio per 10 settimane: sono ingrassati di meno, avevano meno grasso corporeo e avevano livelli di glucosio e insulina più bassi rispetto ai ratti a cui era stata data la stessa quantità di sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio.
Un altro studio su 20 persone ha anche mostrato l’utilità dell’allulosio per i soggetti diabetici.
La Food and Drug Administration classifica l’allulosio come “generalmente riconosciuto come sicuro” (GRAS). La notizia interessante è che nel suo ultimo recente comunicato riguardo all’allulosio (che tuttavia è preliminare e non esprime ancora una presa di posizione definitiva) la FDA indica per la prima volta la possibilità di escludere tale ingrediente dalla quantità di zuccheri totali e zuccheri aggiunti (mentre rimarrebbe nel conteggio dei carboidrati totali) indicata in etichetta e questo perché, pur essendo effettivamente uno zucchero, a livello di struttura chimica, il fatto di non venire metabolizzato lo rende diverso rispetto ad altri monosaccaridi e più simile a dolcificanti calorici. Infatti, stando all’attuale evidenza, solo il 70% della quantità ingerita viene assorbita, mentre il restante 30% arriva nel colon e da lì rimosso con le feci, senza apparenti fermentazioni da parte del microbiota intestinale. Anche il 70% che viene assorbito, dopo essere passato nel circolo sanguigno, viene poi espulso intatto con l’urina. Visto che viene utilizzato pochissimo anche dai batteri presenti nel cavo orale, l’allulosio è considerato anche acariogeno.
Per approfondire: I dolcificanti artificiali – Il gusto del dolce