Le conserve sono una pratica molto antica; risalgono addirittura all’epoca preistorica, quando l’uomo aveva imparato a conservare la carne con l’essiccazione. Esistono però vari altri metodi per conservare gli alimenti, sfruttando le proprietà di alcuni agenti conservanti, come il sale, l’olio, l’aceto e la salamoia (una soluzione di acqua e sale) o l’alcol. Non tutti i cibi però sono conservabili: quelli a cui si applica più comunemente la conservazione sono la frutta e la verdura e alcuni tipi di pesci (previa cottura in acqua o a vapore).
La conservazione preparata in casa risale al 1795 per opera del francese Nicolas Appert (autore del testo L’Art de conserver les substances animales et végétales) che per primo scoprì che alcuni alimenti in barattolo di vetro o metallo accuratamente sigillati potevano durare a lungo, anche a temperatura ambiente. Lo scopo è appunto quello di evitare la fermentazione di zuccheri e i processi chimici che portano al degrado dell’alimento.
Conserve fatte in casa: le regole
La conservazione artigianale fatta in casa è un’operazione molto delicata, perché occorre rispettare alcune regole basilari molto importanti. Per esempio, molti alimenti prima di essere inseriti nel contenitore, devono essere cotti, ma occorre evitare recipienti di rame e alluminio per evitare l’interazione di sale o aceto con tali metalli. In ogni caso, se si tratta di conserve di verdure, queste devono essere prima accuratamente lavate e asciugate; l’asciugatura è molto importante per evitare un’ulteriore fonte di umidità all’interno del vasetto. Il più delle volte le verdure vengono cotte e quindi il loro contenuto di vitamine è inferiore rispetto a quello della verdura fresca.
La sigillatura del barattolo o del vaso è fondamentale per evitare l’insorgenza di muffe o di patologie molto pericolose. Infatti, molti alimenti conservati sono in grado di sviluppare la tossina del botulino ed essere quindi veicolo della pericolosa patologia del botulismo; si tratta di un’intossicazione causata dall’ingestione di cibi conservati che sono stati infettati dal batterio Clostridium botulinum.
Gli alimenti infetti non presentano alterazioni visibili o sapore e odore particolari; l’unica caratteristica rivelatrice è un rigonfiamento del contenitore, dovuto ai gas prodotti dai batteri. L’intossicazione ha un periodo d’incubazione variabile da qualche ora a circa otto giorni, quindi si manifestano i primi sintomi. Dato che la tossina si fissa soprattutto nel tessuto nervoso, l’intossicazione si manifesta principalmente con disturbi oculari, aridità delle prime vie respiratorie e disturbi della deglutizione. Oltre a queste gravi conseguenze, una conservazione non accurata può determinare comunque la perdita irrimediabile dell’alimento a causa di muffe, liquidi biancastri e mancanza di consistenza degli alimenti, che diventano mollicci e viscidi.
Per le difficoltà di effettuare una corretta conservazione di alimenti in casa, l’industria alimentare ha messo a punto dei processi volti ad assicurare un corretto inscatolamento, anche con l’aggiunta di conservanti che prolungano fino ad alcuni anni la validità della conserva. Il principale additivo è l’acido ascorbico, ovvero la vitamina C sintetica che protegge dall’irrancidimento.
Alcuni prodotti durano a lungo semplicemente perché sono privi (o quasi) di acqua e/o la confezione li protegge dall’umidità dell’ambiente. Senza la presenza (o quasi) dell’acqua le reazioni biologiche che portano al degrado dell’alimento sono decisamente rallentate. Anche l’isolamento dall’aria contribuisce a non fornire uno dei componenti più coinvolti nei processi di degrado alimentare, l’ossigeno.

La conservazione artigianale fatta in casa è un’operazione molto delicata, perché occorre rispettare alcune regole basilari molto importanti
Conservazione: le tecniche naturali
Utilizzando alcuni alimenti naturali è possibile rendere più difficile lo sviluppo di microrganismi nel cibo trattato. Tutte queste tecniche si devono considerare naturali e possono impiegare agenti molto comuni e molto noti. Vediamoli velocemente.
Aceto – È impiegato come conservante per le verdure (sottaceti) e nella fase di preparazione delle stesse (scottatura o bollitura) per la successiva conservazione sottolio. Le conserve sotto aceto sfruttano l’acidità, che deve essere intorno al 4-6%. Si preferisce usare l’aceto di vino bianco perché quello rosso altererebbe troppo il gusto. Generalmente l’alimento viene cotto in una soluzione di acqua e aceto e quindi immesso nel barattolo o nel vaso di vetro con un’ulteriore quantità di aceto, fino al riempimento totale del contenitore.
Alcol – Con concentrazioni superiori al 15% consente di creare un ambiente sfavorevole ai microrganismi e viene impiegato per la frutta (“conserve sotto spirito”).
Limone – Contenendo acido ascorbico è un antiossidante. Può essere impiegato per le conserve di frutta e verdura per tempi brevi.
Sale – Le conserve sotto sale sono particolarmente indicate per alcuni tipi alimenti ricchi di acqua, come le verdure. Il sale disidrata l’alimento, assorbendo umidità. Si utilizza il normale cloruro di sodio, privo però di additivi (come lo iodio). Le conserve in salamoia prevedono l’immersione degli alimenti in una soluzione di acqua e sale.
Olio – La conservazione sottolio è fra le più usate poiché consente un ottimo isolamento dall’ambiente esterno. Purtroppo si alterano le proprietà dei cibi conservati che si arricchiscono dei grassi dell’olio, cambiando completamente proprietà nutrizionali. Per una buona conservazione in olio si preferisce usare quello extravergine d’oliva, meglio se di gusto delicato e non fruttato.
Zucchero – Si sfrutta il fatto che, a elevate concentrazioni (60-70%), lo zucchero blocca la fermentazione; concentrazioni più basse (20-30%) richiedono la sterilizzazione preventiva per ottenere buoni risultati di conservazione. Come la conservazione sottolio, quella con lo zucchero è uno dei metodi meno interessanti, visto il notevole contenuto calorico di tale alimento.