Teflon è una delle tante denominazioni commerciali del politetrafluoroetilene (PTFE); quest’ultimo, una delle sostanze più scivolose conosciute, è noto infatti anche come Fluon, Algoflon, Hostaflo.
Prima degli opportuni trattamenti che ne consentono il successivo utilizzo, il teflon è sostanzialmente una polvere inodore di colore bianco che non viene sciolta da alcun solvente.
La sua scoperta risale al 1938, fu un chimico statunitense, Roy J. Plunkett (1910-1994) che, casualmente, lo “inventò” nel corso di alcune ricerche su dei gas ad azione refrigerante. Ovviamente, le caratteristiche e le proprietà di tale materiale non sono state immediatamente definite e ci sono voluti diversi anni prima che essere fossero totalmente chiare.
Fu utilizzato nei sistemi radar durante gli anni della Seconda guerra mondiale, ma si dovettero attendere ancora diversi anni prima che tale materiale fosse usato su grande scala.
Prima che la Food and Drug Administration (FDA) ne approvasse l’uso a contatto con gli alimenti, si dovette attendere il 1960.
Teflon – Caratteristiche
Di fatto, è una materia plastica, liscia al tatto e resistente alle alte temperature, usata nell’industria per ricoprire le superfici sottoposte ad alte temperature e alle quali si richiedono una “antiaderenza” e una buona inerzia chimica. Le padelle da cucina definite “antiaderenti”, sono appunto ricoperte internamente di uno strato di Teflon.
Il PTFE non viene utilizzato soltanto per la produzione di utensili da cucina antiaderenti, ma anche per la produzione di valvole, guarnizioni, protezioni anticorrosione ecc. Lo si è usato inoltre per realizzare protesi per anca e ginocchio (ma questo utilizzo è ormai superato in quanto si sono trovati materiali più consoni), arterie artificiali e altre tipologie di impianti chirurgici.
Ma gli utensili in teflon sono sicuri?
Moltissimi si fanno questa domanda; la risposta è sì. Al momento non vi sono evidenze che provino il contrario. I vari grassi che sono utilizzati in ambito culinario (come i vari oli, il burro ecc.) bruciano, producendo sostanze tossiche, a temperature decisamente inferiori rispetto a quelle che occorrerebbero a far sì che il rivestimento si decomponesse.
Nonostante ciò, i dubbi sulla sicurezza del materiale in questione tornano periodicamente alla ribalta; uno dei motivi per i quali molti nutrono un certo timore nell’utilizzo di utensili rivestiti con il teflon è da ricercarsi nei risultati di uno studio di diversi anni fa (2004). Questo studio, effettuato dall’EPA (United States Environmental Protection Agency ovvero Ente americano per la protezione dell’ambiente), ha mostrato gli effetti cancerogeni dell’acido perfluorottanoico (PFOA), gettando in un ingiustificato panico gli utilizzatori di padelle antiaderenti. Ma cosa c’entra il PFOA con il PTFE? Presto detto. Tale sostanza si genera sia durante la produzione del Teflon (è quindi giustificata la preoccupazione per l’ambiente) sia per ossidazione del Teflon a temperature superiori ai 300 °C. A questo punto si devono fare due considerazioni:
1) Esiste una profonda differenza fra il Teflon e le sostanze che vengono usate per ottenerlo. I problemi riguardano le emissioni di PFOA (acido perfluorottanoico) che le industrie riversano nell’atmosfera durante la produzione di Teflon. È come per la plastica del mouse che usiamo ogni giorno. Non è cancerogena, ma se le sostanze che sono impiegate per ottenerla fossero riversate in un fiume provocherebbero un grave danno ambientale e salutistico.
Quindi si deve distinguere fra il PFOA che viene usato per ottenere Teflon e poi scaricato nell’atmosfera e i gas che vengono emessi dal materiale durante la normale pratica culinaria. Sono DUE cose molto diverse fra loro. Il Teflon è sotto accusa perché per produrlo si “deve” inquinare.
2) Per quanto riguarda invece il prodotto in sé, il Teflon è stabile fino a 300 °C, una temperatura che si raggiunge quando si cucina solo se si brucia ciò che si sta cucinando. Ma è ovvio che la combustione di qualunque plastica produca sostanze nocive.
Manutenzione e utilizzo degli utensili
I tegami rivestiti di Teflon sono notevolmente resistenti, ma non sono indistruttibili e si vuole che la loro durata sia massima è opportuno seguire determinate precauzioni nell’uso.
Per il lavaggio dei tegami in Teflon non è necessario sfregarne la superficie; è infatti sufficiente un lavaggio con acqua leggermente saponata. Non si devono assolutamente utilizzare detergenti abrasivi e nemmeno le pagliette in metallo o spugnette similari. Il lavaggio in lavastoviglie dei tegami in Teflon è certamente possibile, ma è consigliabile utilizzare un ciclo di lavaggio a una temperatura attorno ai 50 °C.
Infine, allo scopo scongiurare eventuali graffi nell’utilizzo, si dovrebbero utilizzare utensili in plastica o in legno e mai in metallo; non è per esempio opportuno tagliare un cibo direttamente nel tegame perché si corre il rischio di graffiarne la superficie finendo per rovinarla.

Il Teflon è una delle sostanze più scivolose conosciute
Ma il teflon… è commestibile?
Vari lettori ci hanno chiesto, guardando “i solchi” e i vari graffi presenti sulle padelle, dove va a finire tutto il Teflon asportato e se, nel caso di ingestione, si corrono pericoli.
Dunque, è bene ribadire che il Teflon non è nocivo. Lo sono:
a) certe sostanze impiegate per produrlo che le aziende produttrici disperdono nell’aria;
b) le sostanze che si formano per la combustione del Teflon oltre i 300 °C.
Quello che è vero per il Teflon è vero anche per moltissime sostanze: pensa al piombo e ai pallini da caccia. Se una persona, mangiando selvaggina, deglutisce un pallino, il pallino viene espulso senza problemi. Se invece tu assumi certi sali di piombo puoi rimanerne intossicato.
Una vecchia padella tradizionale può sviluppare sali dei metalli da cui è composta che sono molto più nocivi del Teflon o della plastica.