China è un termine generico che in ambito botanico indica diverse specie di piante del genere Cinchona, appartenente alla famiglia delle Rubiacee (la stessa a cui appartengono i generi Gardenia e Coffea). Si tratta generalmente di alberi piuttosto grandi (possono raggiungere un’altezza di circa 30 m) che crescono tra i 1.000 e i 3.500 metri sul livello del mare.
La china è diffusa soprattutto nelle zone dell’Ecuador e della Colombia e in alcune zone dell’Asia (Giava) e dell’Africa.
La parte dell’albero di china che viene maggiormente sfruttata è la corteccia, in particolar modo quella dei rami più piccoli che poi viene essiccata negli appositi essiccatoi dove viene esposta a temperature variabili fra i 70 e gli 80 °C. Il suo utilizzo fu diffuso, prima in America del Sud, poi in Europa, per merito dei Gesuiti, che ebbero modo di apprezzarne le qualità terapeutiche, in particolar modo quelle febbrifughe, nel corso dei loro viaggi missionari.
Appena raccolta la corteccia dell’albero di china ha un colore biancastro, ma dopo un breve contatto con l’aria tende ad assumere un colore rosso-brunastro o giallo-bruno.
China gialla, china rossa e china grigia
In commercio sono disponibili tre qualità di china: gialla, rossa e grigia.
A causa di una ridotta produzione da piante spontanee, la china è stata introdotta a suo tempo in Camerun e in vari Paesi dell’Asia meridionale dove le condizioni climatiche sono ottimali per lo sviluppo di questo tipo di piante. Una varietà di china molto apprezzata, la Cinchona calisaya, fu introdotta massicciamente nel continente asiatico, ma in seguito la sua coltivazione è stata abbandonata in quanto era piuttosto povera di alcaloidi. Migliori risultati sono stati invece ottenuti con la Cinchona ledgeriana, la Cinchona succirubra e la Cinchona officinalis.
La Cinchona ledgeriana e la Cinchona calisaya forniscono la china gialla, particolarmente ricca di alcaloidi (circa il 12%), in particolar modo di chinina ed è infatti questa varietà che viene utilizzata soprattutto per l’estrazione di questo importante alcaloide.
La Cinchona succirubra fornisce la china rossa, povera di chinina, ma ricca di alcaloidi di altro tipo. È quella più utilizzata per i preparati galenici.
La Cinchona officinalis, infine, fornisce la china grigia; è ricca di chinina (anche se in misura minore della Cinchona ledgeriana e della Cinchona calisaya), ma piuttosto povera di altri alcaloidi. Viene utilizzata soprattutto per la preparazione di liquori, generalmente aperitivi o digestivi (uno dei più famosi è la China Martini).

China (Cinchona officinalis)
Il chinino (C20H24N2O2) è il sofato basico di chinina, il più importante alcaloide contenuto nella corteccia delle piante di china. Possiede proprietà antimalariche, analgesiche e antipiretiche.
Sembra, come accennato nella prima parte dell’articolo, che siano stati i gesuiti a introdurre il chinino in Europa (non a caso in passato il chinino si chiamava pulvis gesuiticus).
Il chinino è stato isolato nel 1817 e fu chiamato in questo modo da Pelletier e Caventou, due ricercatori francesi.
Il chinino è un farmaco di notevole efficacia contro le quattro specie di Plasmodium che provocano la malaria nell’uomo (Plasmodium falciparum, Plasmodium vivax, Plasmodium ovale e Plasmodium malariae).
Fino a quando non è stata introdotta la clorochina, il chinino è stato il farmaco più utilizzato per trattare la malaria; sembra che adesso se ne stia riscoprendo l’utilità in quanto si sono manifestate importanti resistenze alla clorochina.
Il chinino viene somministrato tramite iniezione endovenosa e agisce stimolando le cellule della ghiandola pancreatica. Dal momento che il chinino induce ipoglicemia è oltremodo importante monitorare i livelli di glucosio ematico perché, a seconda dei casi, potrebbe essere necessario somministrare glucosio per via endovenosa.
Pur essendo un farmaco indispensabile per il trattamento della malaria, il chinino ha vari e importanti effetti collaterali: diarrea, vomito, disturbi uditivi e problemi visivi; può inoltre causare aritmie gravissime, addirittura fatali (l’utilizzo del chinino è infatti controindicato nei soggetti portatori di disturbi della conduzione cardiaca, in quelli digitalizzati e in coloro che vengono trattati con warfarin).