Cosa si intende con soluzione nutraceutica?
Il termine nutraceutico è un neologismo nato unendo i termini nutrizione e farmaceutica e si riferisce allo studio di alimenti, o parti di alimenti, che hanno una funzione benefica sulla salute umana.
Fra l’altro, la nutraceutica si pone il problema di sostituire farmaci o integratori con combinazioni appropriate di cibi. Per esempio, è ormai a tutti nota l’importanza degli acidi grassi omega 3. Molti ricorrono a integratori quando potrebbero tranquillamente usare cibi di normale reperibilità: per avere almeno 12 g di omega 6 e 3 g di omega 3 (una dose ragionevole per chi segue un’alimentazione da 1.800 kcal al giorno) bastano 35 g di noci oppure 100 g di salmone al naturale + 20 g di olio di girasole crudo.
Il metodo è generale:
- scegliere i cibi nutraceutici;
- definirne le quantità.
I cibi arricchiti
Negli ultimi anni sono usciti sul mercato molti cibi arricchiti con sostanze ritenute, a torto o a ragione, utili alla nostra salute. Molto interessanti le integrazioni di vitamine con alcune categorie alimentari che praticamente hanno reso possibile la soluzione nutraceutica dell’integrazione vitaminica. Per saperne di più: Cibi arricchiti.
Le vitamine dai cibi
Per capire come la soluzione nutraceutica possa essere implementata, consideriamo le categorie che più delle altre arricchiscono i prodotti di vitamina C (ricordo che la dose “italiana” raccomandata di vitamina C è di 60 mg, mentre quella “americana” è di 500-1.000 mg a seconda dell’attività fisica svolta): barrette sostitutive del pasto, bibite e latte, biscotti, cereali per la prima colazione, fette biscottate, integratori salini, merendine, salumi, succhi di frutta, yogurt.
Per esempio, non tutti sanno che molti salumi contengono additivi non propriamente salutari, i nitriti e i nitrati (si consideri che se un litro di acqua contenesse gli stessi nitriti/nitrati di 100 g della maggior parte dei salumi non sarebbe giudicata potabile!); anche per cercare di limitarne la nocività (soprattutto dei nitrati che sono i meno dannosi perché più stabili e controllabili) si aggiunge acido ascorbico (vitamina C) in dosi massicce, per esempio 2 g per kg, cioè ben 200 mg per etto.
Il succo di frutta concentrato di pompelmo o di arancia contiene circa 200 mg di vitamina C per 100 g; molte bibite contengono succo al 10-20% quindi per 100 g abbiamo circa 30 mg di vitamina. Ovviamente il consumatore non assumerà tutti i cibi elencati, ma proviamo a stilare una giornata ragionevole con:
- 400 ml (due bicchieri) di bevande arricchite di vitamina C: 120 mg.
- 75 g di corn flakes (o altri prodotti da forno per la prima colazione arricchiti con vitamina C): 70 mg.
- Yogurt alla frutta due vasetti da 125 g: 70 mg.
- Due barrette: 90 mg.
- 50 g di salume con nitrati (evitiamo almeno quello con nitriti!) e vitamina C: 100 mg.
Si arriva a ben 450 mg. Anche se alcuni cibi non saranno scelti (per esempio i salumi per evitare i nitrati dai più salutistici), appare ragionevole affermare che con scelte oculate di prodotti arricchiti di buona qualità è possibile arrivare a 300 mg di vitamina C.

Frutta e verdura ci salvano dal rischio di infarto e ictus?
E con l’alimentazione “non arricchita”? Traduciamo il con
da molti nutrizionisti in qualcosa di più concreto. La differenza sostanziale con la nostra posizione è che
è fondamentale scegliere i tipi di verdura e di frutta.
Anche la patata è “verdura”, ma chi si abbuffa di patate, a prescindere dall’introito calorico notevole, non assumerà grandi dosi di vitamina C (la patata ne contiene 15 mg/100 g)! Di seguito elenchiamo gli alimenti più importanti nei confronti della vitamina C (dosi per 100 g); abbiamo inserito quelli contenenti una significativa quantità di detta vitamina e che possono essere impiegati in quantità significative al contrario di altri (per esempio peperoncini, ribes e prezzemolo) che ne sono molto ricchi, ma non possono essere assunti in grandi quantità.
- Peperoni: 150 mg.
- Kiwi: 85 mg.
- Cavoli e simili: 65 mg.
- Fragola: 55 mg.
- Spinaci: 55 mg.
- Arancia e simili: 55 mg.
Le rimanenti frutta e verdura hanno un quantitativo che va da 10 a 35 mg per 100 g. Quest’ultima quantità è quella contenuta anche in alcune carni (fegato).
Chi non usa i cibi nutraceutici, ma assume un’ottima quantità di verdura e frutta (per esempio 800 g al giorno; la quantità non è affatto esagerata: 300 g di insalata e pomodori o altra verdura, 300 g di melone, 200 g di banane) arriva mediamente a 200 mg di vitamina C al giorno.
Utilizzando i prodotti nutraceutici si può invece arrivare tranquillamente a 500 mg; per curiosità ecco un paio di combinazioni:
- 200 g di spinaci, 250 g di fragole e 250 g di kiwi al giorno più altri 100 g di frutta e verdura a piacere;
- 150 g di peperoni, 300 g di arance (due arance) e 200 g di cavoli.
Concludendo:
combinando cibi arricchiti + cibi nutraceutici + il consumo di una quantità superiore alla media di frutta e verdura è possibile avere un’integrazione all’americana (ad alto dosaggio) di vitamina C.
A questo punto ci si deve chiedere: quando usare integratori? Una risposta ragionevole è: solo se la soluzione nutraceutica non offre cibi nutraceutici non sono particolarmente graditi.
Soluzione nutraceutica: per le altre vitamine?
Il discorso è analogo: è possibile scegliere cibi arricchiti (per esempio corn flakes, come gli All Bran Kellogg’s Classic, yogurt, come i Vitasnella Danone alla frutta e barrette opportune come quelle dell’Enervit) e nutraceutici per avere alti dosaggi vitaminici. Per esempio ecco una lista di cibi nutraceutici:
- Fegato di vitello (vitamina A e vitamine del gruppo B).
- Tonno e salmone (vitamine del gruppo B e vitamina D).
- Lievito di birra (vitamine del gruppo B).
- Mandorle e olio di girasole (vitamina E).
- Cavoli (vitamina K).
Per i dettagli si consulti l’articolo su come implementare praticamente la soluzione nutraceutica per un multivitaminico.
L’unica vitamina veramente non coperta è la vitamina E, per la quale continua a rimanere valido il consiglio di un’integrazione supplementare, non esistendo cibi che la contengano in quantità tali da sostituire un integratore ad alto dosaggio.
Gli integratori vitaminici fanno male?
Secondo uno studio di qualche tempo fa della Copenaghen University (pubblicato su The Cochrane Collaboration) gli integratori vitaminici farebbero male. L’ipotesi nasce dalla comparazione di 67 studi clinici che avrebbero coinvolto 232.000 persone.
Nel sito sono spesso fortemente critico con chi assume integratori a sproposito, ma non si può non sorridere davanti a ricerche come questa, almeno come è stata riportata dalla stampa. Vediamo i punti che rendono poco significativa la ricerca.
1) La ricerca si esprime con molti condizionali. Come hanno riconosciuto gli scienziati più seri, è solo un dato in più che va interpretato.
2) La ricerca prende in esame 67 studi, una quantità irrisoria su quelli pubblicati in letteratura a favore o contro le vitamine. Si comprende che, scegliendo “opportunamente”, è banale arrivare alla conclusione che si vuole.
3) Le conclusioni riguardano praticamente la sola vitamina A (e la sua provitamina, il betacarotene). Si sa già con certezza da quasi un secolo che la vitamina A (scoperta nel 1913) è l’unica fortemente a rischio. Gli esploratori dell’Artico e gli Eschimesi sapevano che non si poteva consumare il fegato d’orso polare o di foca (a causa del tenore elevato di vitamina A, circa 15.000 UI per grammo!) pena una grave intossicazione che regrediva appena smesso il consumo. In molti multivitaminici la vitamina A è contenuta in dosi ridotte o è addirittura assente.
4) Le conclusioni della ricerca sono state condotte esprimendo i danni della vitamina in una maggiore percentuale di morte. Dietro a questo dato c’è il solito trucco delle percentuali relative. Dire che la probabilità di morte aumenta del 16% produce un’impressione maggiore rispetto a dire che la probabilità di morte nell’anno per un individuo di 50 anni aumenta per esempio dall’1% all’1,16%.
5) Il risultato sull’incremento della probabilità di morte è ottenuto in modo molto discutibile su un sottoinsieme molto ridotto del campione. Infatti i 232.000 soggetti non sono stati seguiti fino alla morte, ma semplicemente si sono analizzati i casi di morte durante le ricerche! Tali casi sono numericamente e statisticamente poco significativi ed è del tutto arbitrario attribuire la morte a una (vitamine sì-vitamine no) delle tante possibili differenze: paradossalmente, se chi assumeva vitamine faceva anche sport, si potrebbe concludere che la pratica dell’attività sportiva aumenta la probabilità di morte!
6) A fronte delle considerazioni 2-3-5 l’altro risultato, l’aumento della probabilità di morte per chi assume vitamina E del 4% (cioè ricordando la relatività del dato, per un cinquantenne si passerebbe per esempio dall’1% all’1,04%), è poco significativo, irrilevante.
7) I dati relativi non sono stati legati a una dose. Come sa chi fa ricerca, un dato serio è la curva di mortalità in funzione della dose. Nulla vieta di pensare che a un incremento del 4% per dosi di vitamina E di 800 UI si affianchi un decremento del 10% per dosi di 200 UI.
Tali curve non sono state pubblicate e per chi sa leggere le ricerche è un grosso limite.
8) Molti ricercatori hanno usato lo studio per perorare il solito consumo di frutta e verdura. C’è il fondato sospetto che la ricerca voglia conseguire un secondo fine: disincentivare le persone a mangiare male, togliendo quegli alibi (integratori) che supportano alimentazioni povere di vitamine di origine naturale. Il fine è nobile, ma il mezzo è sbagliato. L’unico effetto che si ottiene è di illudere la gente che la frutta e la verdura possano fermare veramente processi come l’invecchiamento.
9) Non a caso in Italia lo studio è stato accolto come ulteriore conferma della dieta mediterranea, dimenticando che tale dieta, senza un freno quantitativo, ha portato gli italiani a essere il secondo popolo più in sovrappeso d’Europa. E, come si sa, il sovrappeso aumenta la probabilità di morte molto di più del 4 o del 16%.
10) Alcuni hanno sottolineato il ruolo “naturale” dell’alimentazione, ruolo che potrebbe giustificare obiezioni alle riflessioni del punto seguente. In realtà è scarsamente scientifico ritenere che tutto ciò che è naturale sia buono (la natura ci fa invecchiare e morire!) e la biochimica ha definito misure di grandezze delle vitamine proprio in virtù della loro azione biologica: 1 UI (unità internazionale) di vitamina E ha lo stesso effetto biologico, sia che sia sintetica sia che sia naturale. Infine, molti integratori usano vitamine naturali.
11) Ho lasciato per ultimo il punto più importante perché i nutrizionisti che hanno accolto lo studio come giustificazione per un’alimentazione naturale basata su frutta e verdura hanno dimostrato scarsa familiarità con i numeri. Infatti è banale dimostrare che le vitamine contenute in un multivitaminico si possono facilmente ottenere (tranne la E) dall’alimentazione (soluzione nutraceutica), scegliendo opportuni alimenti. Se gli integratori nelle dosi sul mercato fanno male, per coerenza gli stessi nutrizionisti dovrebbero mettere in guardia dal consumo di certi alimenti; per esempio, chi mangia 5 kiwi al giorno assume già 500 mg di vitamina C, 8 volte la RDA, la dose giornaliera raccomandata; in 100 g di carote ci sono già 2.000 RE (retinolo equivalenti), quando si consiglia un introito giornaliero di soli 700 RE. Inoltre si dovrebbe mettere in guardia dai cibi arricchiti con vitamine, ormai comunissimi nei nostri supermercati. Questi dati ci dicono che:
a) le dosi consigliate sono comunque basse; se le vitamine fanno male, anche l’assunzione di molti alimenti deve essere censurata.
b) Se le dosi devono essere aumentate, allora non si può prescindere da un discorso quantitativo. Come per tutte le sostanze, dire che la vitamina X fa male è scientificamente nullo, se non si lega all’affermazione un numero.
c) Spulciando le ricerche a favore e tenendo conto di quelle contrarie, la soluzione migliore sembra essere quella nutraceutica, cioè l’assunzione di vitamine attraverso determinati alimenti, non la generica “frutta e verdura”; il messaggio generico è molto grossolano perché il contenuto vitaminico della frutta e della verdura è decisamente variabile e alcune vitamine (per esempio la vitamina B12) non sono presenti in frutta e verdura. L’unica vitamina che fa eccezione (nel senso che non può essere assunta significativamente dagli alimenti) è la vitamina E, vitamina per la quale ha senso un’integrazione ragionevole e per la quale non esistono ricerche di chiara nocività.
Integrazione ragionevole vuol dire per soggetti sportivi e/o anziani in cui il fabbisogno vitaminico è sicuramente aumentato.