Il sale rosa dell’Himalaya, spesso soltanto sale rosa o sale himalayano, è un salgemma (o sale di roccia o halite) proveniente perlopiù dal Pakistan (la gran parte del sale rosa commercializzato proviene dall’estrazione effettuata nella miniera di sale di Khewra, la seconda miniera salina del mondo. La commercializzazione nei Paesi occidentali è relativamente recente ed è avvenuta grazie ad alcune compagnie europee, nordamericane e australiane.
In Rete se ne magnificano le doti perché si tratterebbe di un prodotto naturale dall’elevata valenza salutistica; molte fonti non mancano di rimarcare che, oltre al cloruro di sodio, nel sale rosa dell’Himalaya sono presenti altri 84 oligoelementi e sali minerali. Non meno importante sarebbe il fatto che la lavorazione è ancora effettuata in modo artigianale (raccolta manuale, selezione, lavaggio con acqua pura, macinatura con pietra e imballaggio) senza alcun processo di raffinazione.
Se nei Paesi occidentali viene commercializzato per scopi culinari, in Oriente non mancano i suoi usi nell’ambito della medicina ayurvedica.
Oltre agli utilizzi gastronomici e medicinali, in pezzature più grandi il sale rosa dell’Himalaya viene utilizzato per la costruzione di oggetti d’arredamento (sculture, lampade ecc.).
Il sale rosa utilizzato in cucina può essere fino o grosso; il colore va dal rosa molto chiaro al rosa arancio (a causa della diversità del contenuto di ferro).
Sale rosa dell’Himalaya: quali proprietà e benefici avrebbe?
Fra i vari sali alimentari che vengono commercializzati, quello rosa è considerato uno dei più pregiati e, come accennavamo in apertura, molti ne magnificano le grandi valenze nutrizionali e salutistiche; il sale rosa dell’Himalaya, infatti, sarebbe in grado di:
- riequilibrare il pH naturale
- depurare l’intestino dalle tossine
- eliminare le impurità cutanee (lo si commercializza anche sotto forma di crema per effettuare il peeling; come sale da bagno, come prodotto anticellulite)
- favorire l’igiene dentale e quella orale (viene commercializzato sotto forma di soluzione idrosalina)
e molto altro ancora (trattamento di patologie da raffreddamento, disturbi della concentrazione ecc.).
Insomma, un vero toccasana che a detta dei suoi estimatori sarebbe uno dei prodotti meno contaminati dall’inquinamento ambientale perché ricavato da zone dove l’uomo non è intervenuto in maniera pesante con le sue costruzioni; un sale, in definitiva, più puro di quello marino che proviene invece da una fonte, il mare, sicuramente più inquinata.

Sale rosa dell’Himalaya
Come stanno davvero le cose?
In realtà, le cose sono meno idilliache di come molti siti ottimisticamente riportano; basti ricordare che le miniere da dove viene estratto il sale rosa dell’Himalaya sono un sito turistico molto importante che viene visitato da centinaia di migliaia di persone ogni anno.
È bene poi sapere che, contrariamente a quanto molte fonti riportano, l’estrazione del salgemma non è manuale, ma viene effettuata industrialmente (esplosivi, escavatori) come avviene in tutte le miniere di sale più importanti a livello mondiale.
Per quanto riguarda la sua composizione, a ben vedere il sale rosa dell’Himalaya contiene poco meno del 2% di oligoelementi diversi dal cloruro di sodio, una percentuale che non si discosta poi molto da quella di altri sali utilizzati per scopi gastronomici e che non è grado di giustificare chissà quali proprietà salutistiche.
Peraltro, se è vero che nel sale himalayano sono presenti tanti minerali, uno di quelli che manca è lo iodio, un deficit che per esempio ne impedisce la commercializzazione in India, Paese nel quale è ammessa soltanto la vendita di sale iodato.
In conclusione, non esistono ragioni né alimentari né salutistiche per preferire il sale rosa dell’Himalaya a un comune sale marino addizionato di iodio.