Quello sul rischio alimentare è argomento decisamente complesso e questo articolo vuole spiegare come la gente sia assolutamente indifesa nei confronti di tale rischio: si spaventa per cose assolutamente innocue e impiega alimenti (come quelli contenenti nitriti/nitrati, grassi idrogenati ecc.) ben più sospetti.
Il problema nasce soprattutto nelle persone che hanno un atteggiamento qualitativo piuttosto che quantitativo nei confronti della realtà: X fa male, Y fa bene ecc. Senza capire che X e Y possono far male o no, dipende dalle quantità.
Polli alla diossina, frutta ai pesticidi, tonni al mercurio, carne con anabolizzanti ecc.; praticamente non potremmo mangiare nulla e dovremmo morire di fame.
Purtroppo nella popolazione solo una piccola percentuale ha una mentalità veramente scientifica (e non dipende dalla cultura, ma solo dal grado di spirito critico del soggetto, vedasi la sezione di Raziologia); ciò comporta che molti siano affascinati dalle parole, senza capire che
una parola senza numeri è priva di significato decisionale.
In altri termini, senza numeri io non so decidere, né sarebbe saggio farlo. Se dico che nell’acqua c’è dell’arsenico, è inutile spaventarsi se non conosco due grandezze numeriche: quanto arsenico c’è e qual è la dose dannosa. Infatti, ogni sostanza ha una dose letale: se si bevono 10 litri di acqua si può morire di iponatriemia, idem si muore se si bevono 200 caffè oppure 5 litri di whiskey. Se questi ultimi esempi sono compresi da tutti, nel caso degli alimenti la gente si spaventa senza conoscere i numeri. Pertanto:
quando vi parlano di un pericolo cercate di scoprire i numeri che ci sono dietro!
Rischio alimentare: ragioniamo con i numeri
Molti di voi sicuramente ricorderanno la strategia del re del Ponto, Mitridate, che per diventare insensibile ai veleni con cui all’epoca si solevano eliminare i sovrani aveva avuto la pensata di abituarsi progressivamente a dosi maggiori di veleno. Alla base della leggenda c’è probabilmente la speranza di dissuadere i cospiratori dall’uso del veleno, tanto Mitridate ne era diventato immune…
Scientificamente la strategia di Mitridate è fallimentare, avendo come unico risultato la progressiva intossicazione del soggetto. Qualcosa di vero però c’è.
Dose eliminabile (DE) – Per ogni sostanza tossica è possibile definire una dose eliminabile, una quantità cioè che il corpo sa gestire senza manifestare nessun particolare effetto negativo né a breve né a lunga scadenza. Vediamo le caratteristiche della DE:
- tale dose è solo minimamente modificabile con l’adattamento alla sostanza (secondo il ragionamento di Mitridate l’adattamento potrebbe invece essere infinito);
- tale dose è individuale, ma è possibile definire un range per specie, sesso, età o altri fattori fisiologicamente importanti.
Negli ultimi anni del XX sec. si affermò la definizione di ADI (Acceptable Daily Intake, quantità giornaliera accettabile), una quantità definita di una sostanza (di solito un additivo alimentare), espressa sulla base del peso corporeo, che “può essere ingerita ogni giorno per tutta la vita senza alcun effetto sulla salute umana”. Ovviamente si parla di persone sane.
Quando diciamo che per l’aspartame l’ADI è 50 mg/kg si vuole affermare che una persona di 60 kg assumendo 3 g di aspartame al giorno per tutta la vita non avrà nessun problema. Purtroppo non è proprio così, perché l’ADI non può essere che calcolata su basi di dati che si riferiscono a esperimenti su animali e limitatamente sull’uomo. Si vedrà però che il valore proposto è veramente molto sicuro. È utile conoscere il percorso di come si arriva a determinare l’ADI di una sostanza per comprendere come molte posizioni di chiusura totale siano solo allarmistiche.
Gli esperimenti usati – Supponiamo di dover determinare l’ADI di un certo additivo. Si considerano le ricerche:
- in vitro (su colture cellulari)
- in vivo su animali
- su volontari umani
- su consumatori.
Poiché gli ultimi due punti sono eticamente critici, spesso si ricorre solamente ai primi due punti che però non sono sufficienti a fornire un quadro esatto della tossicità dell’additivo. Infatti, ci potrebbero essere differenze notevoli fra specie animale e specie umana. Diventa allora importante considerare i dati ottenuti sui consumatori: è su queste basi per esempio che l’Institute of Medicine (IOM) of the National Academies of Sciences, Engineering, Medicine and Research Council americano ha proposto per i grassi trans un Tolerable Upper Intake Level (UL) di ZERO.
Sembrerebbe impossibile unificare tutte queste ricerche, così distanti fra di loro.
Lo è invece con l’introduzione del concetto di NOEL (No Observed Effect Level).
Il terrorismo salutista – Prima di trattare questo concetto, vogliamo far rilevare come notizie come polli alla diossina, salmoni al mercurio, caffè cancerogeno ecc. siano vittime di una distorsione dell’approccio scientifico al problema. Analizziamo i seguenti fatti.
- La presenza di un agente potenzialmente nocivo (anche di acqua si può morire, vedasi commento più avanti) non vuol dire nulla, se la sua quantità non supera limiti pericolosi.
- Le leggi in tema di alimentazione sono fatte proprio per definire tali limiti.
- Le leggi considerano ricerche che danno quantità anche 100 volte inferiori a quelle sicure: in altri termini, se la legge fissa un limite di 1, vuol dire che le ricerche hanno stabilito come limite di sicurezza addirittura 100 (vedasi definizione di NOEL).
- Se in commercio ci sono alimenti a rischio e questi sono illegali, in genere riguardano prodotti a basso costo e circolanti in mercati dubbi. Nessuna grande azienda rischierebbe mai la reputazione per una frode alimentare. In ogni caso i controlli delle polizie sanitarie dei vari Paesi sono efficienti.
- Pertanto non si deve colpire questo o quell’alimento (anche la spesa fatta in città, arrivata a casa, conterrebbe contaminazioni atmosferiche dovute allo smog cittadino!), ma evidentemente il vuoto legislativo in materia di sostanze potenzialmente nocive. Quindi è sbagliato dire che “sono stati trovati polli con diossina in ragione di x ng/kg” se x è nettamente sotto la soglia di sicurezza; se è superiore, siamo di fronte a un reato che come tale non può essere generalizzato. Non a caso molte generalizzazioni sono state fatte circolare in modo interessato (per esempio da vegetariani contrari al consumo di carne: vedasi bovini gonfiati con antibiotici e ormoni, pratica illegale) per colpire un certo mercato, anche agendo sulla psicologia di massa (vedi personalità dei fobici). NESSUN prodotto è immune da frodi alimentari pericolose per il consumatore.
- Più corretto sarebbe studiare le leggi perché queste diventino ancora più sicure nei casi in cui non lo sono per vuoti legislativi o per nuove scoperte della scienza (per esempio le nostre campagne contro i grassi trans).
Per capirci, una frase del tipo: le porzioni di pesce esaminate raggiungono mediamente il 46% della TDI, ma in un campione abbiamo riscontrato valori di PCB diossinosimili pari al 140% della dose massima tollerabile giornalmente. Chi scrive non sa che la TDI è 100 volte superiore a quella che crea problemi, quindi anche il 140%, che comunque è fuori legge (quindi si è di fronte a un reato, se il prodotto è commercializzato), risulta sempre almeno 50 volte inferiore alla dose che le ricerche ritengono pericolosa.

In Europa solo alla fine degli anni ’90 si incominciò a studiare e a gestire il rischio alimentare con la creazione delle prime agenzie alimentari indipendenti e con la creazione di EFSA (European Food Safety Authority, 2003)
Le frodi alimentari
Le frodi alimentari sono frodi che vanno a far parte di quei fattori che incidono (in modo indiretto) sul rischio alimentare. Per fortuna, è abbastanza facile evitarle.
Premesso che i NAS comunque lavorano bene, la stragrande maggioranza delle frodi riguardano prodotti che non passano attraverso le grandi marche. La grande marca non ha nessun interesse a diffondere alimenti sofisticati (mentre per esempio potrebbe averne a diffondere prodotti di qualità scadente, ma perfettamente in regola con le norme vigenti; per accorgersene basta leggere l’etichetta) perché rischierebbe troppo. Se Mario Rossi vende una mozzarella fraudolenta, se lo scoprono, tutto sommato rischia poco; la Barilla o la Granarolo rischiano il tracollo.
Quindi il consiglio per chi vuole contenere il rischio alimentare è di non cercare il prezzo imbattibile, illudendosi di fare l’affare, valutando sempre l’immagine del produttore e diffidando da proposte tutto sommato “anonime”.
Allargando il discorso, occorre rispondere a chi pensa che la ricerca scientifica sia condizionata dalle multinazionali. Sicuramente lo è, ma mai al negativo, cioè non spingono mai cose che fanno male.
Le multinazionali sanno benissimo che se spingono ricerche fasulle su cose che fanno male rischiano il tracollo. Per esempio, per il fumo non hanno mai spinto ricerche sul fatto che il fumo non fosse nocivo, al più cercavano di dimostrare che i danni sono contenuti. È quindi in errore chi crede che le industrie, i governi, le multinazionali nascondano ricerche negative sugli OGM. Chi è contrario agli OGM perché non tira fuori uno straccio di prova che facciano male? Ammettiamo pure che l’industria nasconda certi risultati, ma ci sono organizzazioni fortissime (come Greenpeace) che non sono riuscite a provare nulla.
Il condizionamento avviene invece al positivo, cioè molto spesso le grandi aziende cercano di dimostrare che una cosa che non funziona (ma è innocua) funziona tantissimo.