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Salumi – Qualità

Scegliere salumi di qualità è fondamentale dato che si tratta di prodotti che è bene consumare con moderazione. Sulla scia dei prodotti pronti da asporto, dopo la notevole espansione di insalate di tonno e prodotti simili, sono notevolmente aumentate le proposte dei salumi già affettati pronti in vaschette o confezioni sottovuoto.

La notevole fortuna di queste proposte è sicuramente legata alla facilità di conservazione e di trasporto, a differenza degli analoghi prodotti sfusi comprati affettati dal salumiere o nei supermercati.

Un altro vantaggio è costituito dalla presenza di informazioni nutrizionali che appaiono su quasi tutte le proposte confezionate; al contrario, sui prodotti sfusi mancano le indicazioni dell’apporto calorico e della presenza di conservanti (polifosfati, nitrati e nitriti i principali).

Tuttavia, non sempre l’acquisto di prodotti in vaschetta o busta è una buona scelta perché la maggior parte di essi prevede l’aggiunta di conservanti per impedire la deperibilità del salume affettato. Quindi, piuttosto che la provenienza dei suini, fattore difficilmente valutabile e quasi mai documentato, occorre fare attenzione agli altri ingredienti per stabilire la qualità di questi salumi.

La prima attenzione da porre nella scelta di un salume è individuarne i conservanti. Sarebbe auspicabile l’assenza di nitrati e nitriti, prediligendo salumi in cui la conservazione avviene solo tramite il sale.

Sfortunatamente questo processo di conservazione si applica solo ad alcuni tipi di prosciutti crudi con denominazione di origine protetta, come il Crudo di Parma e il San Daniele del Friuli. Se proprio si vogliono consumare salumi per i quali è previsto l’uso di conservanti, si possono osservare le linee guida che seguono.

Come scegliere salumi di qualità: le regole

Ecco le regole principali per scegliere salumi di qualità.

Regola n. 1 – Escludere totalmente quelli con presenza di nitriti (E249 e E250), in grado di combinarsi con le ammine e dare luogo a composti cancerogeni (le nitrosammine).

Regola n. 2 – Consumare quelli con presenza di nitrati e contemporaneamente di vitamina C (acido ascorbico). Infatti, l’aggiunta di vitamina C impedisce la trasformazione di nitrati in nitriti. Tali prodotti vanno consumati senza essere scaldati (il classico toast con la fetta di prosciutto!), per non vanificare l’effetto disattivante della vitamina C. In Italia non è comune produrre salumi con nitrati e vitamina C, ma senza nitriti, cosa invece abituale in altri Paesi (vedasi la Svizzera per esempio).

Regola n. 3 – Moderare l’assunzione di quelli con presenza di nitrati senza vitamina C (la cui aggiunta per legge non è obbligatoria e denota salumi di scarsa qualità).

Additivi sospetti – Allo scopo di migliorare l’aspetto del prodotto, prolungarne la conservazione o esaltare il gusto, alcuni insaccati di scarsa qualità prevedono anche l’aggiunta di altri additivi, come i polifosfati che, se assunti in dosi elevate, diminuiscono l’assorbimento di calcio. Altro additivo decisamente penalizzante è l’esaltatore di sapidità, in genere il glutammato di sodio. Sono rari i salumi che usano coloranti.

Come vedere se un salume non ha conservanti?

Esiste un metodo alternativo all’analisi chimica che possa dimostrare la vera assenza dei conservanti e quindi la qualità dei salumi? Sì, basta lasciare all’aria, fuori dal frigorifero, una fetta di salame senza conservanti e una con i conservanti e vedere il tempo di degrado dei prodotti (il tempo ovviamente dipende dalle condizioni di temperatura e di umidità, per questo si suggerisce la comparazione).

Cosa ne pensa la dieta italiana

Come già evidenziato precedentemente, si consiglia l’esclusione dalla propria dieta di salumi con presenza di nitriti, nitrati (senza vitamina C) e altri additivi sospetti (glutammato e polifosfati). Il consumo di quelli conservati con nitrati e acido ascorbico (vitamina C), è ammesso dalla dieta italiana, mentre tra i prodotti al top troviamo i salumi conservati solo con sale (cloruro di sodio). L’assenza di etichetta nutrizionale è un fattore che penalizza l’utilizzo del prodotto, in quanto difficilmente inquadrabile in un controllo oculato dell’apporto calorico giornaliero.

Salumi - Qualità

Le linee guida per una sana alimentazione del Ministero della Salute raccomandano di non assumere più di 50 g di carni lavorate e insaccati alla settimana

Il mercato

Rischio salutistico della categoria: molto alto.

La qualità dei salumi sul mercato è problematica. Purtroppo non esistono grandi aziende che hanno sposato criteri totalmente salutistici che restano pertanto legati al tipo di prodotto (per esempio il crudo di Parma o il San Daniele). È possibile trovare produttori che offrono salumi con l’accoppiata salutisticamente accettabile “nitrati+vitamina C”.

Si trovano, infatti, case minori che producono salami e salsicce con nitrato di potassio e acido ascorbico (vitamina C). Il tempo di conservazione è di soli cinque mesi, a garanzia della serietà del produttore. Diverse sono le aziende biologiche con numerose certificazioni a garanzia dei prodotti che vendono, ma soprattutto orientate alla produzione di salumi senza conservanti. Purtroppo il concetto di biologico non è automaticamente sinonimo di assenza di conservanti sospetti. Inoltre queste realtà non sono ancora organizzate per una distribuzione che vada oltre la regione di produzione (un salume senza conservanti ha una scadenza, comunque non minima, di 3-4 mesi).

Questi esempi sono però fondamentali perché fanno scricchiolare la posizione di chi sostiene che “senza nitriti è impossibile produrre salumi”.

In realtà, con zucchero (in modiche quantità tali da non inficiare il gusto del prodotto) e vitamina C è possibile ottenere un salume che si conserva benissimo per tre mesi. Conviene non fidarsi esclusivamente della marca, perché spesso una stessa casa può proporre linee diverse con qualità differente.

Il prosciutto D.O.P. (denominazione di origine protetta): un salume di qualità

La parola prosciutto deriva dal latino perexsuctum, letteralmente asciugato, a indicare il processo lento di stagionatura a cui viene sottoposto l’insaccato. Tuttavia in questo processo sono utilizzati spesso additivi per migliorare l’aspetto o prolungare la conservazione. Il prosciutto crudo di Parma è uno dei pochi esempi di salumi privi di conservanti.

Il Consorzio Prosciutto di Parma è stato riconosciuto a livello internazionale già dal 1996 e identifica una zona geografica ben limitata, a sud della via Emilia, tra il fiume Enza e il Torrente Stirone. Attualmente sono quasi 200 le aziende suinicole che producono il Prosciutto Crudo di Parma e, per poco meno del 20%, la produzione è indirizzata all’estero.

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