Esistono così tanti tipi di marmellate (in realtà si dovrebbe parlare di confetture o di preparazioni alla frutta, ma il termine è ormai diventato praticamente l’unico usato) che una scelta casuale e non consapevole può vanificare un piano alimentare ipocalorico.
A prescindere dal gusto e dalle preferenze personali, esistono alcune considerazioni generali che si applicano a tutte le marmellate e ai prodotti spalmabili a base di frutta. Ma come si riconosce una buona marmellata? Ecco alcuni punti chiave in conformità con la dieta italiana.
Qualità della marmellata: ingredienti e valori nutrizionali
Gli zuccheri aggiunti: contano solo le calorie – In moltissime ricette industriali si aggiunge una notevole quantità di zucchero alla frutta per renderla più dolce e appetibile e per rendere competitivo il prodotto dal punto di vista commerciale (aggiungere zucchero costa sicuramente meno che usare solo ed esclusivamente frutta).
A prescindere dal tipo di zucchero aggiunto (saccarosio la scelta più comune, raramente fruttosio o glucosio), la quantità determina in modo considerevole l’apporto calorico complessivo, in quanto le proteine e i grassi sono veramente trascurabili in questa tipologia di alimento.
Nell’elenco degli ingredienti generalmente si esplicitano i grammi totali di zuccheri per 100 g di prodotto (e in questo totale sono compresi sia gli zuccheri provenienti dalla frutta sia quelli eventualmente aggiunti). In realtà, poiché ciò si riflette sulle calorie, praticamente una marmellata si valuta salutisticamente in base al contenuto calorico: se ha per esempio 240 kcal/100 g si può stare certi che di zucchero aggiunto ce n’è molto.
Anche la strategia di sostituire zucchero con succo di mela o succo d’uva (come avviene in prodotti biologici) salutisticamente non regge perché si basa sulla demonizzazione ingiustificata del saccarosio.
Marmellata liquida? – Se le calorie diminuiscono si può essere di fronte a una composta di frutta, la cui parte liquida abbassa sì le calorie, ma diminuisce anche la sazietà del prodotto (un discorso analogo a quello degli yogurt). Pertanto un prodotto per essere interessante deve essere facilmente spalmabile su una fetta biscottata: la fetta deve essere gustata prendendola in mano senza che l’eventuale parte liquida della marmellata debordi. Questo test evidenzia una parte liquida eccessiva e penalizza il prodotto.
NOTA – Le composte di frutta vengono inserite in questa categoria. Occorre considerare che una composta è costituita da frutta cotta una sola volta e velocemente, mentre per le confetture il processo è più lungo. È normale che le composte siano meno caloriche perché naturalmente contengono più acqua. Sono però meno sazianti.
Evitare marmellate con coloranti – Volendo consumare un prodotto genuino e sano, sono da evitare tutti quei prodotti che sopperiscono a carenze della ricetta (bassa percentuale di frutta o frutta di scarsa qualità) con l’aggiunta di coloranti. Si sottolinea comunque che la presenza di coloranti è molto rara, specie se ci si limita alla scelta delle principali marche.
Considerazioni sugli additivi – Tutte le marmellate presentano tra gli ingredienti gli addensanti, usati per dare consistenza alla marmellata (su alcune etichette vengono chiamati anche gelificanti). Si consiglia di limitarsi alla scelta più comune, la pectina (E440) (vedasi articolo corrispondente per approfondimenti), una sostanza naturale che si ricava dalla frutta e in particolare dalle mele.
La percentuale di addensanti non deve superare l’1% per legge. Altro ingrediente di base è il correttore di acidità; nelle ricette della nonna compare sempre l’aggiunta del succo di limone per rendere acido il preparato e preservarlo da possibili contaminazioni di muffe o altri agenti pericolosi. Nelle ricette industriali analogamente si utilizza l’acido estratto dagli agrumi, ovvero l’acido citrico (E330). Si consiglia di evitare l’acido fosforico E338 e, in generale, i polifosfati per la loro sospetta azione di inibizione dell’assorbimento del calcio.
Prodotti biologici – La scelta di prodotti biologici nel caso delle marmellate non è indice di qualità nutrizionali migliori né garanzia di una qualità superiore del prodotto. Generalmente non si hanno informazioni sul tipo di frutta usato, sulla provenienza, sulle condizioni ambientali.
La dicitura da agricoltura biologica certificata esclude l’uso di pesticidi e concimi di sintesi, ma non esiste alcuna prova che queste sostanze dannose permangano anche nella frutta usata nella preparazione delle marmellate. La scelta del biologico quindi non è un criterio significativo; anzi spesso esistono confezioni biologiche che non riportano neppure l’etichetta nutrizionale o che prevedono anche l’aggiunta di zucchero.
In sintesi, il biologico deve essere considerato un ulteriore plus solo se non ci sono altri difetti nel prodotto.
Prodotti dietetici e/o con bassa percentuale di frutta – Esistono in commercio marmellate dietetiche che sostituiscono lo zucchero con dolcificanti artificiali e che riescono a contenere l’apporto calorico sotto le 100 kcal. Tuttavia il risparmio energetico non è tale (solo 30-40 kcal per 100 g, per un alimento di cui se ne consumano pochi cucchiaini al giorno) da giustificare la scelta di un prodotto dietetico che spesso risulta meno appetibile (anche la percentuale di frutta diminuisce e la marmellata risulta meno densa e quindi meno appetibile). Il consiglio è di evitare questi prodotti.
Cosa ne pensa la dieta italiana
La dieta italiana consiglia sicuramente di evitare marmellate che contengono additivi potenzialmente sospetti o coloranti. Anche i prodotti con dolcificanti, vista la quantità che si utilizza generalmente per questo tipo di prodotto, non sono una scelta ottimale in termini di genuinità, in quanto il risparmio calorico è limitato. Volendo aderire a una dieta ipocalorica o restrittiva, conviene privilegiare le offerte con calorie comprese fra 150 e 200 kcal/100 g. Anche le marmellate troppo liquide o difficilmente spalmabili sono poco sazianti e non sono una scelta ottimale per chi deve limitare l’apporto calorico.

Le marmellate di qualità contengono poco zucchero e per questo possono avere periodi di conservazione più brevi
Il mercato delle marmellate
Rischio salutistico della categoria: medio.
Il panorama delle marmellate continua a migliorare con l’introduzione sul mercato di prodotti senza zucchero aggiunto, anche se tale dizione può essere parzialmente fuorviante. Non aggiungere saccarosio (il comune zucchero) significa non aggiungere calorie sotto forma di carboidrati che aumentano il gusto dolce del prodotto, rendendo il consumatore dipendente da tale gusto; quindi la cosa sarebbe positiva. Peccato però che altre strategie siano però del tutto equivalenti. Se, per esempio, anziché zucchero si aggiungesse sciroppo di glucosio, salutisticamente il prodotto sarebbe comunque da considerare in funzione delle calorie totali. Un trucco più fine (e tutto sommato veniale) è di aggiungere succo d’uva concentrato (sulla confezione di alcune marmellate con succo d’uva è enfatizzato il discorso di essere “senza zucchero aggiunto”, ma il succo d’uva “aggiunto” contiene comunque una buona percentuale di glucosio, il cui indice glicemico è più alto di quello del saccarosio), essendo gli zuccheri dell’uva composti da fruttosio e da glucosio in percentuale circa uguale (dipende dal tipo d’uva e dalla sua maturazione); non si può cavillare sul fatto che il succo d’uva concentrato proviene dalla frutta perché anche lo zucchero proviene da un vegetale ed è frutto di una “concentrazione”!); alla fine ciò che conta è quindi l’apporto calorico.
Per chi demonizza il saccarosio potrebbe sembrare una scelta migliore l’impiego di succo di mela concentrato, ma poiché per la dieta italiana ciò che conta non è il tipo di zucchero che viene aggiunto, ma le calorie che si aggiungono, tale scelta non è considerata migliorativa.
Le aziende del settore si possono dividere in quattro categorie:
- aziende che fanno solo prodotti senza zucchero aggiunto;
- aziende che fanno prodotti con zucchero aggiunto e prodotti 100% frutta (eventualmente anche una linea con dolcificante);
- aziende che fanno solo prodotti con zucchero aggiunto;
- aziende che fanno sia prodotti con zucchero aggiunto sia prodotti con dolcificante.
Sicuramente l’ultima categoria è la meno interessante perché prevale la politica commerciale volta alla dolcificazione del prodotto per renderlo più appetibile sul mercato, a volte utilizzando addirittura dolcificanti sospetti come il ciclamato di sodio, vivamente sconsigliato dalla dieta italiana.