Formaggi e latticini (per approfondimenti si vedano le informazioni generali) possono essere divisi in quattro categorie, prendendo come criterio l’apporto calorico:
- ipercalorici (superiori alle 400 kcal/100 g, come lo sbrinz o il caciocavallo)
- calorici (fra 300 e 400 kcal/100 g, come il parmigiano, il pecorino o l’asiago)
- normali (fra 200 e 300 kcal/100 g, come la mozzarella o la robiola)
- ipocalorici (sotto le 200 kcal/100 g, come la ricotta o i fiocchi di latte).
Sarebbe però sbagliato giudicare un formaggio solo in base alle calorie. Infatti, è facile scoprire che:
- moltissimi prodotti, anche i più calorici, sono accettabili dal punto di vista salutistico, basta moderarne la quantità;
- l’indice di sazietà di un formaggio è solo debolmente correlato con il contenuto calorico.
L’indice di sazietà è un concetto che la dieta italiana ha scoperto e continua a sottolineare perché implicitamente rende anche un’idea della qualità del prodotto. È vero che il grana o il parmigiano sono formaggi che superano le 350 kcal, ma a livello di sazietà è difficile mangiarne più di 50-60 g e con molto pane. Un formaggio molle da 250 kcal (quindi non ipocalorico per la sua categoria) appaga il degustatore con almeno 150 g di prodotto e 80-100 g di pane per un totale di oltre 550 kcal contro le quasi 300 del grana. Se si pensa poi che i formaggi molli sono facilmente accompagnabili da pane, marmellata e/o miele…
La parte nobile – La parte nobile di formaggi e latticini è sicuramente rappresentata dalle proteine; risulta pertanto fondamentale tenerne conto.
Le calorie – Detto dell’importanza dell’indice di sazietà del prodotto, tuttavia non si può prescindere dal valore calorico del formaggio quando questo diventa estremamente alto, nel caso si debbano limitare le calorie. Il consumo di un formaggio ipercalorico è giustificato solo se la quantità consumata è compatibile con il regime dietetico del soggetto, ed è pertanto molto soggettivo.
Nel caso dei formaggi l’assenza dell’etichetta nutrizionale (comunque un difetto) è poco grave (anche se penalizzante) perché ci si può riferire con ottima approssimazione ai valori superiori del tipo di formaggio considerato (mozzarella, ricotta, gorgonzola ecc.). Riunendo gli ultimi due punti (parte nobile e calorie), in altri termini,
è abbastanza facile produrre un formaggio molto gustoso se si eccede con la parte grassa.
Alla luce di queste considerazioni, appare sensato usare per la valutazione salutistica di formaggi industriali l’indice di Albanesi, definito come rapporto fra calorie e proteine (per 100 g di prodotto).
Gli additivi – Per fortuna i formaggi non sono una categoria molto colpita dalla presenza di additivi sospetti e/o nocivi. Però esistono le eccezioni che si devono ulteriormente penalizzare proprio perché esistono moltissime alternative completamente sicure.
Nel caso dei formaggi difficilmente si riscontrano additivi aggiunti, con la sola eccezione dei formaggini a cui si aggiungono spesso i polifosfati.
È importante distinguere fra i vari additivi. Alcuni sono assolutamente innocui (acido citrico, sorbati, acido lattico ecc.), altri sono da evitare, come l’E239 usato nei provoloni o la natamicina.
Alcuni prodotti aggiungono conservanti sulla crosta o comunque all’esterno del formaggio. In questo caso basterebbe non consumare la crosta, ma è opportuno valutare comunque la nocività dell’additivo usato. Naturalmente nella valutazione della dieta italiana non consideriamo il gusto del formaggio, cioè le sue proprietà organolettiche, il cui apprezzamento è un elemento molto soggettivo.
Cosa ne pensa la dieta italiana
Sono da escludersi i prodotti che contengono ingredienti nocivi e/o sospetti (prevalentemente conservanti). La bontà del prodotto cresce al crescere dell’indice Albanesi (i migliori sono quelli con indice inferiore a 12). Per chi è in sovrappeso, si consiglia di limitare (o quantificare bene) il consumo di formaggi con calorie superiori a 300 kcal/100 g.
Il mercato
Rischio salutistico della categoria: medio.
La qualità dei formaggi e latticini industriali italiani è molto alta e non è difficile trovare esempi di prodotti eccellenti. Per la valutazione delle aziende è dunque consigliabile fare un discorso a ritroso, verificando quelle che propongono formaggi con conservanti o coloranti sospetti o dal basso profilo salutistico, mentre per i prodotti si deve inoltre volgere l’attenzione all’indice di Albanesi, definito come rapporto fra valore energetico e apporto proteico (di 100 g di prodotto; indicato da ora come IA).
È davvero impressionante il numero delle aziende del settore, anche perché in commercio, oltre alle case storiche, si sono affacciate, in numero sempre più crescente, tantissime altre aziende meno note, in alcuni casi con prodotti di alta qualità.
L’offerta nel settore è veramente ampia è talvolta si viene a creare una certa confusione qualitativa: accanto a ottimi prodotti se ne trovano altri senza etichetta nutrizionale e con conservanti sospetti (la natamicina, E235, E239), altri invece apportano troppe calorie per l’IA che hanno e che quindi sono difficilmente inquadrabili in regimi calorici restrittivi.
Fortunatamente non è difficile trovare ottime mozzarelle e ottimi latticini contraddistinti da un IA pari o inferiore a 12. Certi marchi non pongono molta attenzione all’aspetto calorico dei prodotti senza contare che molti sono penalizzabili perché relativamente poco proteici.
Fra i formaggi e latticini esteri che sono ormai diffusi in Italia, non brillano i francesi. Da un lato le indicazioni nutrizionali sono spesso rappresentate dalla sola percentuale dei grassi sulla materia secca e disorientano il consumatore (per esempio il 52% di grasso sulla materia secca equivale a circa un 26%, calcolando l’acqua al 50%, ma nulla si dice per esempio del contenuto proteico), dall’altro non prestano per niente attenzione al rapporto contenuto calorico/sazietà.
Molte aziende minori commettono l’errore di non riportare l’etichetta e risultano in tal modo non giudicabili. La maggior parte dei formaggi industriali rientra comunque nella media.
La conservazione del formaggio
Conviene sempre acquistare formaggi e latticini in quantità limitate perché la principale forma di conservazione domestica, il frigorifero, non permette di preservare per molto tempo le caratteristiche gustative e olfattive dei formaggi. Infatti, molti tipi di formaggi (specie quelli stagionati) dovrebbero essere tenuti in cantine fresche, non umide, al riparo dalla luce, in ambienti con aria secca, pulita e priva di odori. I formaggi a pasta dura, in particolare, andrebbero avvolti in un telo di canapa o di cotone lavato senza detersivo. Dovendo invece conservare il formaggio in frigorifero, occorre riporlo nei ripiani del frigorifero più vicini alla temperatura dello zero, avvolto in carta oleata, stagnola o in polietilene per alimenti. Per un consumo ottimale, conviene togliere il formaggio dal frigorifero trenta minuti prima di servirlo, scartandolo dall’involucro.
Idee e accostamenti gastronomici
Nell’ottica di variare i gusti e i sapori della cucina, per rendere varia e appetibile la dieta, si possono provare accostamenti poco usuali con formaggi e latticini. Questi, infatti, non devono essere necessariamente consumati solo con la classica fetta di pane (che oltretutto fa salire di molto l’apporto calorico!). Per esempio, la mozzarella può essere insaporita e resa più appetibile con semi di sesamo, semi di senape o erba cipollina. Il formaggio molle spalmabile può essere miscelato a foglie di basilico e poche olive triturate per creare un sugo velocissimo per una pasta fredda estiva. Molti formaggi poi possono essere impreziositi dal miele, in particolare quelli stagionati (anche lo stracchino, con qualche punta di peperoncino piccante). La ricotta, amalgamata a poche foglioline di rucola fresca appena tagliata e avvolta in larghe foglie di insalata, passata al microonde per pochissimi secondi, diventa un secondo che non ha bisogno del pane per essere accompagnato. Per i piatti più raffinati, la ricotta unita a salmone o caviale è una base per tartine proteiche (in sostituzione delle classiche bruschette annegate nell’olio) per un antipasto ricco di gusto, ma ipocalorico. I suggerimenti potrebbero continuare, ma l’idea alla base è sempre quella di trovare accostamenti gustosi a ridotto apporto calorico che variano le proposte di formaggi e latticini per vincere la noia di una dieta troppo uguale e monotona.

Le linee guida per una sana alimentazione redatte dal Ministero dell’Agricoltura consigliano un consumo di 200 g di formaggi freschi o 100 g di formaggi stagionati a settimana
I formaggi e il calcio
Spesso sulle confezioni di formaggi e latticini è messo ben in evidenza il contenuto di calcio (espresso in mg su 100 g di prodotto), quasi fosse una peculiarità della proposta commerciale (il messaggio implicito spesso è “scegli questo formaggio perché è ricco di calcio…”). In realtà, quasi tutti i formaggi presentano un contenuto di calcio molto elevato se paragonato a quello di altri alimenti, e addirittura all’ingrediente fondamentale da cui derivano: il latte (vaccino o di capra). Si tratta di una caratteristica più legata al tipo di alimento (ovvero al processo di lavorazione e stagionatura a partire dal latte fresco) che al prodotto o alla marca in sé. Infatti, se si considera l’apporto medio di calcio dei vari formaggi, si può dire che il più elevato è fornito dal grana (intorno a 1.300 mg per ogni 100 g di formaggio), seguito da caciocavallo e fontina (850), gorgonzola (600) e mozzarella (400). Per confronto, si consideri che 100 g di latte intero forniscono poco meno di 120 mg di calcio! Si deve però fare attenzione a un particolare importante: non basta inserire nella propria dieta una dose consistente di formaggi e latticini per assicurare che il corpo benefici della corretta dose di calcio; infatti, la sua assimilazione è governata da una complessa interazione tra gli ormoni steroidei, dalla calcitonina e dalla presenza di vitamina D. La mancanza o il deficit di uno di questi fattori comporta un metabolismo ridotto del calcio assunto con la dieta. Inoltre, particolari situazioni a rischio di carenza sono la post-menopausa, diete esclusivamente vegetariane (alcuni vegetali ricchi di acido ossalico ostacolano l’assorbimento del calcio) e situazioni patologiche (ridotto assorbimento intestinale dovuto a morbo di Crohn, morbo celiaco o disturbi della tiroide).