L’uso dei dadi per brodo (vedasi le informazioni generali) per insaporire brodi, arrosti e pesce è una tecnica molto diffusa, specialmente nella cucina di una volta, ma altrettanto discutibile. Infatti, il principio su cui si basa l’uso dei dadi per brodo è quello di aggiungere sapore a un piatto che, altrimenti, risulterebbe poco appetibile: per esempio, è diffusa la pratica culinaria di impiegare il dado per cucinare la carne dell’arrosto poco saporita (di seconda scelta) oppure come surrogato della carne nella preparazione del brodo o per mascherare l’uso di ingredienti di bassa qualità (le verdure aggiunte al brodo che apportano poco sapore perché non fresche e prive di profumo). Si tratta quindi di una tecnica paragonabile al trucco dell’aggiunta di coloranti ai classici prodotti industriali (yogurt, piatti pronti ecc.). Il dado, infatti, non sostituisce, come molti pensano, la carne, in quanto la presenza di estratto di carne è veramente limitata, come risulta anche dalla percentuale di proteine contenute che è intorno al 15%. Il dado, quindi, aggiunge sapore semplicemente perché è costituito in larghissima parte da sale (cloruro di sodio oppure altri sali, come il glutammato monosodico).
L’uso dei dadi per brodo per insaporire i piatti (alcuni suggeriscono di aggiungerlo addirittura nell’acqua di cottura della pasta!) è quindi solo un espediente e si riduce all’aggiunta, spesso inconsapevole, di sale; infatti, frequentemente il sale è addirittura al primo posto degli ingredienti! Inoltre, anche per i dadi per brodo che contengono estratto di carne (in percentuali spesso attorno all’1%!), va ricordato che, secondo la legislazione italiana, si possono usare tutte le parti del bovino, compresi gli zoccoli! Da queste considerazioni si capisce che
l’uso del dado in cucina è sconsigliato dalla dieta italiana
dal momento che quest’ultima focalizza la sua attenzione sulla genuinità e sull’esaltazione dei sapori dei singoli ingredienti. Se si usano ingredienti di prima qualità e si sa amalgamarli con gusto, il dado è del tutto inutile e si possono ottenere piatti appetibili anche senza la sua aggiunta.
Se proprio però non si vuole rinunciare a questa pratica, almeno si dovrebbe avere l’accortezza di scegliere il prodotto con molta attenzione.
Dadi per brodo: gli ingredienti
Nel valutare la scelta di un dado per cucinare, occorre considerare un unico aspetto fondamentale, la genuinità.
La genuinità degli ingredienti – I due ingredienti che fanno escludere il dado da una scelta oculata sono gli esaltatori di sapidità e i grassi. Nel primo caso, oltre al sale comune (cloruro di sodio), di per sé innocuo, si usano altri sali, il più diffuso dei quali è il glutammato monosodico. Si tratta di un sale di un aminoacido naturale, l’acido glutammico, ed è ottenuto dai sottoprodotti dell’industria di trasformazione dei prodotti agricoli. Nonostante si senta dire che il glutammato monosodico è derivato da sostanze naturali ed è naturalmente presente anche nel nostro corpo (tutte affermazioni esatte, forse per rassicurare il consumatore), questa sostanza in alte dosi può provocare insonnia e disturbi nervosi (anche il potassio per esempio è contenuto nel nostro sangue, ma può bastare un innalzamento del suo livello del 30% per portare la persona alla morte!).
Naturalmente non è facile raggiungere le massime dosi con il solo uso del dado da cucina, ma dal momento che tale sostanza è aggiunta anche a molti piatti pronti, e poiché non è quantificabile la sua presenza (per legge se superiore al 10% deve comparire la scritta a base di…), il glutammato monosodico e altri sali analoghi sono considerati dalla dieta italiana ingredienti da evitare. Discorso analogo per la componente dei grassi: alcuni dadi, pensati per la preparazione di brodi, usano grassi vegetali generici o, peggio, grassi vegetali idrogenati.
Aspetti secondari – Altri aspetti, come l’apporto calorico o l’apporto di sale, sono secondari nella scelta del prodotto, in quanto validi solo per una ristretta classe di consumatori (chi ha problemi di ipertensione arteriosa o di sovrappeso). Infatti, per quanto riguarda l’apporto calorico, generalmente l’uso ridotto della quantità di un cubetto di dado non sposta di molto l’apporto complessivo del piatto. Per quanto riguarda l’apporto di sale, quest’ultimo difficilmente viene riportato sulle confezioni (a parte rare eccezioni); chi, per motivi di salute (per esempio, i soggetti affetti da ipertensione arteriosa), deve limitare l’apporto di sale, dovrebbe escludere del tutto l’uso del dado. Se si decide di usarlo, non ha poi molto senso preoccuparsi di limitare il sale nella dieta…

Un’alternativa valida ai dadi per brodo sono gli insaporitori preparati in casa e conservabili in congelatore, ma si sconsiglia di abusarne per non disabituarsi ai veri sapori degli alimenti
Cosa ne pensa la dieta italiana
Sicuramente si tratta di un prodotto il cui consumo è caldamente sconsigliato. La parte più critica è la presenza di additivi nocivi (glutammato) e di componenti lipidiche da evitare (margarina o grassi vegetali idrogenati, oli o grassi vegetali non dichiarati, ma non idrogenati) o di seconda scelta.
Il mercato dei dadi per brodo
Rischio salutistico della categoria: molto alto.
I dadi per brodo o per insaporire i piatti offerti al consumatore italiano sono di qualità veramente discutibile. Infatti, la quasi totalità utilizza oli oppure grassi vegetali generici. Generalmente la situazione è desolante con proposte a base di grasso vegetale idrogenato e glutammato monosodico. L’unica proposta che si salva è l’estratto di carne Liebig, al momento ancora prodotto, ma praticamente introvabile a causa dell’alto prezzo: senza sale, senza conservanti, senza grassi aggiunti e ricco in proteine, vitamine e sali minerali; 1 kg di estratto è il finissimo concentrato di 35 kg di carne magra bovina! Si tratta dell’unica vera alternativa al dado per brodo suggerita dalla dieta italiana.