Il cioccolato è un alimento di largo consumo. La legislazione impone dei limiti inferiori alle percentuali degli ingredienti principali (cacao, burro di cacao, latte) e una limitazione superiore al saccarosio (zucchero). Le varie case hanno quindi ricette proprietarie che impiegano, nel rispetto di tali limiti, per ottenere prodotti dal gusto e dalla consistenza diversi.
Risulta veramente difficile fornire criteri per la scelta di un cioccolato a prescindere dal tipo e/o dai gusti personali. Anche se l’apporto calorico è variabile a seconda delle proporzioni dei vari ingredienti, per un cioccolato senza aggiunte (liquore o ripieni di creme), esso si può comunque stimare, senza il timore di commettere grandi errori, in 550 kcal/100 g. In questo senso, la mancanza di informazioni nutrizionali non è particolarmente penalizzante, comunque conviene sempre apprezzare i prodotti che riportano sull’involucro l’apporto calorico, se non altro per premiare la volontà di comunicazione dell’informazione al consumatore.
Altri criteri (percentuali di cacao e/o zucchero) non sono applicabili in quanto dipendono dal tipo di cioccolato che si consuma (e quindi dai gusti personali) e non sempre tali informazioni compaiono in modo esplicito sulla confezione. I criteri efficaci per scegliere un cioccolato, quindi, sono essenzialmente due: alta qualità degli ingredienti e assenza di ingredienti dubbi o sospetti.
Alta qualità degli ingredienti – È auspicabile l’assenza di alcuni ingredienti che, di per sé, non sono nocivi, ma che sono ingiustificati per un cioccolato di buona qualità: si tratta di aggiunte di
- proteine del latte
- siero di latte
- lattosio
- grasso butirrico ecc.
L’assenza di queste “aggiunte” mette in risalto la volontà di usare ingredienti genuini di alta qualità.
Assenza di ingredienti dubbi o sospetti – Assenza di grassi non specificati, surrogati del burro di cacao, addensanti.
Ingredienti del cioccolato
Il cioccolato deve contenere almeno il 25% di sostanza secca totale di cacao, almeno il 14% di cacao secco sgrassato e il 18% di burro di cacao.
Viene considerato extra il cioccolato che contiene almeno il 45% di sostanza secca totale di cacao e il 28% di burro di cacao.
Cosa ne pensa la dieta italiana
Secondo la dieta italiana la genuinità di un prodotto come il cioccolato si deduce dall’assenza di grassi scadenti e additivi sospetti. Anche prodotti con ingredienti non chiaramente esplicitati (per esempio, surrogati del burro di cacao) andrebbero evitati. Se proprio si aspira a un prodotto ottimo, si può fare attenzione all’assenza di ingredienti surrogati di quelli principali (come siero del latte, proteine del latte, lattosio, grasso butirrico ecc.), anche se pienamente specificati, e di aromi non naturali.
NOTA – Non si deve commettere l’errore di considerare i cioccolatini analoghi al cioccolato in stecca. Infatti, nei cioccolatini vengono spesso usati grassi di cattiva qualità. È quindi opportuno leggere sempre l’etichetta nutrizionale; se assente è consigliabile scartare il prodotto.

Risulta veramente difficile fornire criteri per la scelta di un cioccolato a prescindere dal tipo e/o dai gusti personali
Il mercato
Rischio salutistico della categoria: basso.
Il consumatore ha a disposizione un’ampia gamma di prodotti di cioccolati in stecca e non risulterà difficile scartare quelli che comprendono grassi surrogati del burro di cacao (con indicazioni come grassi vegetali, oli vegetali...). Per distinguersi da questi prodotti alcune aziende scrivono sulle confezioni messaggi del tipo “cioccolato puro”, ma il consiglio della dieta italiana è sempre quello di leggere con attenzione l’etichetta.
La tipologia delle offerte è alquanto variegata, accanto a prodotti di eccelsa e buona qualità ne troviamo altri che contengono ingredienti da evitare. Molte le proposte analizzate che non forniscono sulla confezione le informazioni nutrizionali.
Si trovano anche offerte che sembrano concepite soprattutto per attirare l’occhio del consumatore con cioccolati dai sapori più svariati o dal gusto “simulato” usando aromi non naturali. Quindi attenzione anche agli aromi.
Fondente o al latte? – Sicuramente il fondente presenta meno “rischi” di un cioccolato al latte, sopratutto perché è sulla parte glicidica (troppo zucchero) e su quella grassa (derivati del latte di seconda scelta) che i cioccolati al latte cascano spesso. Inoltre il fondente è naturalmente più saziante e ciò, per un prodotto ipercalorico, è molto importante.
La patina biancastra sul cioccolato
A tutti sarà probabilmente capitato di osservare quella patina bianca che si forma sulla superficie dei prodotti a base di cioccolato. Molti la ritengono un segno di cattiva qualità del prodotto; in realtà non è così; l’inconveniente, infatti, è essenzialmente estetico. La patina biancastra, infatti, non è altro che una conseguenza della sensibilità del cioccolato alla temperatura. Infatti, se i prodotti a base di cioccolato sono esposti a più di 25 °C il burro di cacao si separa dagli altri grassi, migra verso l’esterno del prodotto e compare sotto forma di patina biancastra (fioritura).
La stessa cosa può verificarsi anche quando il cioccolato viene tenuto in frigorifero.
Il pasticcio europeo sul burro di cacao
Nel giugno del 2000 vi furono aspre polemiche relative alla direttiva della Comunità Europea 36/CE che ha autorizzato l’uso di grassi vegetali diversi dal burro di cacao in misura non superiore al 5% del prodotto finito. In seguito a tali polemiche i media lanciarono un allarme molto forte sul tentativo di compromettere la bontà e la genuinità del cioccolato. Allarme del tutto ingiustificato, in quanto la legge tutela comunque il consumatore che può scegliere il tipo di prodotto a lui gradito, in quanto si specifica che è obbligatorio far comparire tra gli ingredienti la presenza di altri oli vegetali diversi dal burro di cacao. Comunque la faccenda ha generato parecchia confusione e un allarmismo ingiustificato.
Tornando indietro al 1973, la direttiva comunitaria 73/241/CEE, che regolava la produzione e la confezione dei prodotti alimentari a base di cacao, aveva stabilito l’uso esclusivo del burro di cacao come unico grasso aggiunto nella ricetta del cioccolato. La stessa direttiva concedeva una dilazione di tre anni a quei Paesi (Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca) che producevano cioccolato impiegando anche altri grassi vegetali.
L’Italia ha recepito la direttiva tre anni dopo, decidendo che, se l’alimento conteneva altri grassi diversi dal burro di cacao, non poteva essere commercializzato con la dicitura cioccolato, ma con quella di surrogato del cioccolato. Nel frattempo, rifiutandosi di adeguarsi alle normative europee, sette Paesi dell’Unione (Austria, Danimarca, Gran Bretagna, Finlandia, Irlanda, Portogallo e Svezia) continuarono a produrre e commercializzare prodotti contenenti grassi vegetali diversi dal burro di cacao.
Nel frattempo la libera circolazione delle merci costituiva un paradosso e una notevole concorrenza ai produttori di cioccolato “puro” (il burro di cacao è sicuramente più costoso di altri grassi più scadenti come olio di palma o di colza); per risolvere il problema il 23 giugno 2000 è stata emanata la direttiva 2000/36/CE che autorizzava l’uso di grassi vegetali diversi dal burro di cacao in misura non superiore al 5% del prodotto finito. Fortunatamente però la stessa direttiva obbligava i produttori a specificare sull’etichetta l’impiego di questi grassi alternativi.
In questo modo, pur non impedendo la produzione di cioccolato con una ricetta diversa da quella tradizionale, il consumatore risulta tutelato perché leggendo l’etichetta è in grado di distinguere i diversi tipi di cioccolato e fare una scelta consapevole. Poiché comunque le normative europee sono soggette a modifiche e potrebbero essere introdotti in futuro altri ingredienti di dubbia qualità, sotto la pressione delle case produttrici, questo è un altro motivo in più per leggere sempre le etichette di ciò che si compra!