I prebiotici sono sostanze di origine alimentare non digeribili che, qualora assunte in quantità opportuna, favoriscono la crescita dei batteri che sono presenti nel colon oppure di quelli assunti assieme al prebiotico.
Gli studi sui prebiotici risalgono agli anni ’90 del XX secolo; i primi a darne una definizione sono stati Gibson e Roberfroid (Gibson GR, Roberfroid MB (Jun 1995). “Dietary modulation of the human colonic microbiota: introducing the concept of prebiotics”. J Nutr. 125 (6): 1401–1412. PMID 7782892).
I prebiotici sono in grado di arrivare intatti nell’intestino crasso (dove avviene in minima parte l’assorbimento del cibo e la formazione delle feci) ed essere trasformati dai batteri della flora intestinale in acidi grassi a corta catena come acetato, butirrato, propionato ecc.
Questi acidi grassi provocherebbero un calo del pH nell’intestino crasso con una presunta riduzione della crescita di batteri ad azione patogena, l’aumento dell’assorbimento di alcuni micronutrienti, una miglior “funzionalità” intestinale e altri effetti fisiologici. Il butirrato è una sostanza energetica per le cellule del colon. Inoltre i prebiotici stimolano la crescita dei bifidobatteri (perciò vengono anche detti fattori bifidogenici).
I prebiotici non devono essere confusi con i probiotici, vedi la differenza.
Cosa sono i prebiotici
Affinché una sostanza possa essere definita prebiotico deve avere determinate caratteristiche che sommariamente possiamo riassumere nel modo seguente:
- devono essere in grado di superare, senza subire sostanziali modifiche delle proprie caratteristiche, i processi digestivi che avvengono nel primo tratto del tubo digerente;
- devono fungere da substrato nutritivo fermentabile per la microflora presente nell’intestino, stimolando in modo selettivo la crescita e/o il metabolismo di una o più specie batteriche;
- devono mutare in modo positivo la flora microbica a favore della flora intestinale simbionte rappresentata da bifidobatteri, lattobacilli ecc.
- devono indurre effetti positivi per la salute umana.
I principali prebiotici
È importante conoscere almeno la denominazione dei principali prebiotici perché, con il passare del tempo, diventeranno sempre più frequenti nella nostra alimentazione.
- Frutto-oligosaccaridi (FOS); sono oligosaccaridi a catena corta costituiti da D-fruttosio e D-glucosio; sono prebiotici molto utilizzati, anche in associazione con probiotici, in alimenti o integratori (in tal caso la dose è di 10 g al giorno).
- Inuline; sono carboidrati che appartengono alla classe dei fruttani; si ottengono dalle radici della cicoria e del carciofo di Gerusalemme.
- Isomalto-oligosaccaridi; si formano per trasformazioni enzimatiche e sono presenti in numerosi integratori soprattutto in Giappone e negli USA.
- Lattitolo; in Europa è impiegato come dolcificante, in Giappone è usato come prebiotico, mentre negli USA è impiegato a livello sperimentale.
- Lattosaccarosio; anch’esso ottenuto per trasformazione enzimatica è usato soprattutto in Giappone e, in misura minore, negli USA.
- Lattulosio; è un disaccaride formato da D-fruttosio e D-lattosio. Negli USA è venduto come farmaco per il trattamento della costipazione e dell’encefalopatia epatica, mentre in Giappone è impiegato come prebiotico.
- Pirodestrine; attualmente sono ancora in fase sperimentale.
- Oligosaccaridi della soia; sono commercializzati in Giappone e negli USA.
- Transgalatto-oligosaccaridi; sono costituiti da una miscela di oligosaccaridi composta da D-galattosio e da D-glucosio; sono commercializzati anche in Europa.
- Xilo-oligosaccaridi; commercializzati principalmente in Giappone, si stanno diffondendo anche sul mercato statunitense.
Come si vede, tranne frutto-oligosaccaridi e inuline, i prebiotici sono usati soprattutto in Giappone e, in misura minore, negli Stati Uniti. Si trovano però in molti cibi, in particolar modo nella farina di frumento, nelle banane, nel miele, nel germe di grano, nell’aglio, nella cipolla, nei fagioli e nei porri.
Prebiotici e salute umana
I prebiotici, come detto, svolgerebbero diverse funzioni benefiche per l’organismo dell’uomo; riassumiamole schematicamente:
- riduzione del pH fecale e acidificazione del contenuto dell’intestino
- nutrizione della mucosa e proliferazione cellulare
- incremento della biodisponibilità di minerali
- riduzione dei livelli di colesterolo e trigliceridi.
Riduzione del pH fecale e acidificazione del contenuto dell’intestino – Il processo di fermentazione dei prebiotici a opera della microflora presente nell’intestino produce acido lattico e acidi grassi a catena corta; ne consegue una condizione favorevole alla crescita di bifidobatteri e lattobacilli e una condizione sfavorevole allo sviluppo di microrganismi patogeni. Ciò ha risvolti positivi sulla salute della mucosa che trae vantaggio dalla riduzione della flora patogena e dei suoi metaboliti, sostanze che favoriscono i processi infiammatori della mucosa e ne alterano la permeabilità.
Gli acidi grassi a catena corta prodotti dal processo di fermentazione dei prebiotici svolgono inoltre un’azione protettiva contro le patologie infiammatorie che interessano l’intestino; uno di questi acidi grassi, l’acido butirrico, sembrerebbe avere una funzione preventiva sullo sviluppo del tumore del colon-retto. Relativamente a quest’ultimo punto rimandiamo al paragrafo finale: Una considerazione.
Nutrizione della mucosa e proliferazione cellulare – Gli acidi grassi a catena corta, in particolar modo l’acido butirrico, svolgono un’importante funzione nutritiva per le cellule della mucosa del colon migliorandone lo stato di salute. Ne consegue un miglioramento dell’assorbimento di sostanze nutritive utili a discapito di sostanze con effetti tossici.
Incremento della biodisponibilità di minerali – Si è osservato che, seppure in modo indiretto, i prebiotici facilitano l’assorbimento di acqua e di alcuni minerali in forma ionizzata (soprattutto magnesio e calcio).
Riduzione dei livelli di colesterolo e trigliceridi – Alcune ricerche hanno mostrato che i prebiotici esplicano effetti ipocolesterolemizzanti e, seppure in minor misura, ipotrigliceridemizzanti. È del tutto probabile che tali effetti positivi siano tanto più eclatanti quanto più l’alimentazione del soggetto è ricca di colesterolo e grassi saturi.
Quanti prebiotici nella dieta?
La dose di assunzione che generalmente viene consigliata in riferimento ai prebiotici più noti (frutto-oligosaccaridi e inuline) varia, di norma, dai 2 ai 10 grammi giornalieri. Generalmente, l’assunzione di prebiotici nelle quantità consigliate non dà luogo a particolari effetti collaterali; soltanto l’assunzione in dosi particolarmente elevate può provocare disturbi gastrointestinali quali diarrea, flatulenza e meteorismo. Chi è particolarmente sensibile all’assunzione può cercare di ovviare ai disturbi gastrointestinali incrementando in modo graduale le dosi di assunzioni giornaliera fino a giungere a regime.

Un cibo ricco di prebiotici è il kimchi, piatto coreano prodotto dalla fermentazione di verdure; può essere usato come contorno o incluso nelle ricette
Gli integratori di prebiotici sono indicati per coloro che seguono un regime alimentare povero di frutta e verdura, per chi ha effettuato una terapia a base di farmaci antibiotici e per coloro che soffrono di disordini a livello gastrointestinale; in quest’ultimo caso è opportuno consultarsi preventivamente con il proprio medico curante in quanto si potrebbero ottenere risultati opposti a quelli desiderati.
Se sicuramente una dose di prebiotici nell’alimentazione è corretta, non si deve sopravvalutare la loro importanza fino a spingersi a parlare di prevenzione di forme tumorali.
Esistono anche controindicazioni all’uso di alimenti contenenti prebiotici: sindrome del colon irritabile, soggetti irradiati nel tratto gastrointestinale e intolleranti al lattosio (in questo caso è da stabilire una dose massima di assunzione senza effetti collaterali).