La pectina è una fibra idrosolubile indigeribile; è un carboidrato che appartiene alla categoria degli eteropolisaccaridi (ovvero polisaccaridi composti dall’unione, tramite legami glicosidici, di diversi monosaccaridi).
Più precisamente si dovrebbe parlare di pectine perché in natura si trovano diverse strutture principali, la struttura più comune è composta da una catena lineare di molecole di acido galatturonico unite da legami di tipo α-(1-4).
La pectina è stata isolata quasi due secoli fa da Henri Braconnot (1780-1855), un chimico e farmacista francese.
I vari frutti contengono una percentuale di pectina che varia sia in base alla specie sia in base al periodo di maturazione. In termini un po’ grossolani, possiamo dire che la funzione di questa fibra è quella di “cementificare” lo spazio esistente fra una cellula e l’altra; ciò porta a un’esaltazione della croccantezza dei frutti. Man mano che la maturazione procede, il frutto produce degli enzimi (per esempio la pectinasi e la pectasi) che portano a una progressiva idrolisi della pectina; ciò porta a una perdita di consistenza della struttura del frutto. Ciò spiega il progressivo rammollimento dei frutti man mano che la loro maturazione progredisce.
Come accennato, la pectina è presente nelle membrane cellulari di diversi frutti (ma anche in altri tipi di vegetali). In particolare, ne sono ricchi di le mele, le albicocche e le pere (contenuto variabile dall’1 all’1,5%), ma anche le arance (0,5-3,5%) e le carote (1,4%). Un notevolissimo contenuto di pectina è presente nella buccia della frutta; in quella delle arance la presenza della fibra in questione è particolarmente elevata (30% circa).
A seconda delle abitudini alimentari, se ne ingerisce una quantità che può variare da 1 a 6 g circa.

Le mele sono fra i frutti che contengono maggiori quantitativi di pectina
Come si produce
La buccia di un’arancia fresca, come detto, contiene un notevole quantitativo di pectina e risulta essere una delle fonti principali di questa sostanza. La produzione industriale però non è così semplice come si potrebbe pensare vista la provenienza “naturale” del prodotto. Infatti la buccia deve essere privata della parte oleosa e di tutte le particelle solide e degli zuccheri.
In seguito, un trattamento termico permette di inattivare gli enzimi della pectina per garantire la conservazione della buccia e la sua resistenza alle successive operazioni. Infatti, la pectina viene resa solubile portando la buccia a temperatura di ebollizione e immergendola in un trattamento di acido cloridrico per circa un’ora. Dopodiché si procede con un’operazione di filtraggio. Il prodotto finale è quindi ulteriormente filtrato e purificato: la pectina precipita nella soluzione grazie all’esposizione a opportune sostanze (acetone o isopropanolo). I solventi vengono eliminati nell’ultima fase di precipitazione della soluzione, di filtraggio e purificazione del prodotto finale.

La frutta più ricca di pectina è l’arancia, dove si concentra nella parte bianca al di sotto della buccia, detta albedo
Utilizzi della pectina
Gli utilizzi sono molteplici. In ambito alimentare, la pectina viene utilizzata come sostanza gelificante (E440), cioè consente all’alimento di assumere un aspetto gelatinoso (è infatti quella sostanza gelatinosa che compare sulle pesche attaccate dagli insetti), in presenza di zuccheri; oltre che nelle marmellate (la percentuale di addensanti non deve superare l’1% per legge) e gelatine, la si usa anche in altri prodotti alimentari (dolci, prodotti caseari). Oltre che nell’industria alimentare la pectina viene utilizzata sia dall’industria cosmetica sia da quella farmaceutica.
Pectina – Fa male?
Le pectine sono fibre solubili e, in quanto tali, intervengono, in seguito alla loro assunzione, sia nei processi della digestione sia nei processi intestinali. Le fibre solubili, com’è noto, hanno una notevole capacità di legare le molecole d’acqua. Quando ciò avviene si forma una sostanza gelatinosa che aderisce alle pareti intestinali. Queste fibre contribuiscono a rallentare sia lo svuotamento gastrico che il transito intestinale, contribuiscono a eliminare gli acidi biliari e riducono sia l’assorbimento che la produzione di colesterolo (gli studi effettuati mostrano, in seguito all’assunzione di fibre solubili, una riduzione dei livelli ematici di colesterolo totale e di colesterolo LDL).
La pectina peraltro, ritardando l’assorbimento di zuccheri a livello intestinale, ha una funzione stabilizzante dei livelli glicemici; ciò risulta particolarmente interessante nell’ottica della prevenzione del diabete di tipo 2 e dell’ipertrigliceridemia.
Risulta interessante anche il fatto che la metabolizzazione intestinale della pectina a opera della flora batterica intestinale, favorisca la proliferazione di microrganismi benefici.
Gli studi che mostrano le suddette proprietà salutistiche della fibra in questione parlano di dosaggi di circa 15 g al giorno. Un’alimentazione equilibrata e ricca di frutta e verdura dovrebbe garantirne un apporto più che sufficiente e non sembra necessario dover ricorrere a specifici integratori. Peraltro è senz’altro consigliabile aumentare il proprio consumo quotidiano di frutta e verdura piuttosto che ricorrere a integratori di pectina rinunciando ad assumere tali cibi.