La natamicina (anche pimaricina) è un composto chimico con formula bruta C33H47NO13; si tratta di un antibiotico antimicotico (antifungino) a struttura polienica tetraenica che viene isolato dalle colture di Streptomyces natalensis Streptomyces chattanoogensis.
La natamicina viene utilizzata in ambito farmaceutico e in ambito alimentare (in qualità di additivo).
Utilizzi farmaceutici
La natamicina è attiva contro i microorganismi del genere Candida, Torulopsis, Rhodotorula, Cephalosporium, Aspergillus, Microsporum, Trichophyton, Epidermophyton, Penicillium e Scopulariopsis. Viene utilizzata soprattutto in ambito dermatologico e ginecologico per trattare delle infezioni, acute o croniche della bocca, dei piedi e dei genitali.
Utilizzi alimentari della natamicina
La natamicina non è utilizzata soltanto come farmaco, ma anche (purtroppo) come additivo alimentare (come tale è identificata con la sigla E235) soprattutto dall’industria casearia in alcuni tipi di formaggio come il provolone (non tutti i provoloni però la contengono: leggere l’etichetta), ma la si può trovare anche in alcuni insaccati stagionati e in diversi prodotti a base di carne in scatola.
La natamicina può essere applicata per immersione dell’alimento nella soluzione disinfettante oppure con spray di una soluzione che contiene da 200 a 300 parti per milione di additivo (200-300 mg per litro).
La normativa europea richiede che la natamicina non sia presente a una profondità superiore ai 5 mm sotto la crosta: mezzo centimetro è comunque un margine di sicurezza insufficiente perché spesso la crosta del formaggio che si scarta ha uno spessore di soli 2-3 mm.
Notiamo che l’uso della natamicina ha praticamente solo fini estetici (i produttori la utilizzano per evitare che la crosta presenti muffe o colori disomogenei e si presenti liscia e uniforme).

La natamicina è usata soprattutto sulle croste dei formaggi
Natamicina: un additivo sospetto
La natamicina è stata utilizzata prevalentemente come farmaco topico per uso esterno (dermatologia, oculistica) e quindi, a parte rarissimi casi di allergia, non ha mai dato grandi effetti collaterali.
In letteratura si trova che per dosi da 5 a 8 mg/kg (300-400 mg per un adulto, una dose nemmeno tanto elevata) i principali effetti collaterali sono nausea, vomito e diarrea. Il problema è però non tanto usarla come farmaco, quanto impiegarla in qualità di additivo alimentare.
Molti medici hanno sollevato il problema della resistenza contro questo antibiotico da parte dei batteri che vengono in contatto con esso.
In altri termini, a loro avviso, l’impiego della natamicina nell’industria alimentare ne ridurrebbe di molto la portata come farmaco perché i batteri che dovrebbe sconfiggere sono diventati resistenti a esso a causa del contatto prolungato nel tempo attraverso i cibi.
Per questi motivi, la dieta italiana ha inserito questo additivo alimentare nella lista degli additivi sospetti.