Questo articolo prende in esame le varie posizioni sull’integrazione vitaminica, giudicandole soprattutto dal punto di vista logico e dei riscontri pratici.
Premessa fondamentale è che
(1) nel mondo della ricerca si trovano ricerche a suffragio di TUTTE le posizioni.
Questa situazione forse non sconcerta chi cerca di capire, ma sicuramente non sconcerta chi segue il nostro sito, infatti uno dei nostri articoli fondamentali è proprio quello che dimostra che la ricerca non è ancora scienza, perché nel campo del benessere è spesso veramente banale trovare una ricerca che dimostra che A è falso e una che A è vero!
La (1) ci spiega perché non sia possibile arrivare a una posizione completamente scientifica, da tutti riconosciuta, ma si possa al più aspirare a una posizione coerente e probabilisticamente (nel senso che, analizzati in dettaglio i risultati delle ricerche, sembra la più probabile) accettabile.
Prima di affrontare le varie posizioni, nella tabella seguente illustriamo l’efficacia dell’integrazione in relazione all’obiettivo, considerando ovviamente solo soggetti sani (cioè senza valutare l’efficacia dell’integrazione in patologie particolari: ricordiamo che logicamente se una sostanza cura la patologia X non è detto che la sua somministrazione preventiva possa prevenire la patologia!
Esempio: una distorsione si cura con ghiaccio e antinfiammatori, ma sarebbe ridicolo se per evitare distorsioni usassimo ghiaccio e antinfiammatori tutte le sere…).
Integratori vitaminici – Scopo ed efficacia
Scopo | Efficacia |
Stanchezza e umore | * |
Tumori | **/*** |
Patologie da raffreddamento | ** |
Invecchiamento | **** |
Prestazioni sportive | * |
Recupero sportivo | *** |
* praticamente nulla ** non significativa *** interessante, da valutare, **** certa, da valutare l’entità dell’azione
Integrazione vitaminica: le premesse teoriche
Vediamo le premesse teoriche.
1) Esistono moltissimi integratori inutili. È vero; molti sono dubbi, altri (acido lipoico, resveratrolo, glutatione ecc.) richiedono quantità e modalità di assunzione impraticabili.
Esiste però un insieme di sostanze delle quali la scienza medica ha ormai decretato l’utilità e in questo ristretto sottoinsieme degli integratori sicuramente le vitamine la fanno da padrone per la facilità d’impiego e la (possibile) efficacia.
2) Le vitamine sono sostanze biologicamente attive. Come ogni sostanza biologicamente attiva, è fondamentale definire una quantità biologicamente eccellente. È inutile parlare di RDA perché spesso con tale acronimo si intende la minima quantità che il soggetto deve assumere per non avere problemi.
In realtà, come sa ogni studente di biologia, l’intervallo di azione di una sostanza è sempre abbastanza largo, da un minimo a un massimo.
A mio avviso è corretto riferirsi alla Massima Quantità Utile (MQU, che per alcuni potrebbe anche coincidere con la RDA, ma logicamente non è detto che ciò debba necessariamente accadere).
In tutto l’articolo usiamo come analogia il paragone con i carboidrati. Troppi fanno male, ma pochi anche. A persone non sane (diabetici) possono fare malissimo quantità consigliabili a un soggetto sano. Tenetevi a mente questa analogia quando discutete di vitamine.
3) Diventa fondamentale definire una MQU. Non si tratta quindi di alimentazione o integrazione. È semplicistico pensare che la natura sia tarata per darci tutto quello che serve. L’esempio classico è quello dei fitosteroli. Sono usciti alcuni prodotti (Becel, Danacol ecc.) che dimostrano chiaramente che la natura non è in grado di supportare il nostro bisogno di fitosteroli. Infatti i 2 g di fitosteroli che sono contenuti in una confezione di Danacol sono contenuti in 8 kg di arance o 42 kg di pomodori o in 5 kg di broccoli o in 12 kg di carote. Il risultato qual è? Se si usa uno di tali prodotti il colesterolo LDL (cattivo) diminuisce di almeno il 10%, se uso frutta e verdura non si sposta di una virgola.
4) La MQU è individuale. Deve tener conto di molti fattori, in primis età, sesso e attività fisica del soggetto. Per questo nel sito abbiamo preparato le schede antietà. Dire che ognuno di noi ha bisogno di 60 mg di vitamina C al giorno (o di 200 o di 1.000) è assurdo e scientificamente scorretto.
Le posizioni sull’integrazione vitaminica
Ecco le principali posizioni sull’integrazione vitaminica.
1 – Basta l’alimentazione
Posizione sostenibile, basata sul fatto che la frutta e la verdura sono spesso indicate come alimenti nobili perché ricchi di vitamine e, in particolare, di antiossidanti. Il Dipartimento dell’Agricoltura americano ha misurato la capacità antiossidante delle verdure e della frutta (l’unità di misura è l’ORAC acronimo di Oxygen Radical Absorbance Capacity, ovvero la capacità di assorbimento del radicale ossigeno): nella categoria frutta la migliore è la prugna nera (5.770 ORAC per 100 g), mentre per la verdura il migliore è il cavolo (1.700 ORAC per 100 g).
Per capire come queste sostanze svolgano un’azione comunque limitata, si consideri che una sigaretta produce 10 miliardi di radicali liberi. Poiché non si possono ingurgitare quantità enormi di frutta e verdura, nella lotta ai radicali liberi appare ottimistico l’entusiastico richiamo al consumo di frutta da parte di molti dietologi che evidentemente non considerano l’aspetto quantitativo del problema (avete mai osservato i nutrizionisti che parlano in televisione del favoloso potere antiossidante di frutta e verdura? Documentatevi sulla loro età: tranne rare eccezioni, sono sempre visivamente molto più vecchi degli anni che hanno!).
Sperare di fermare terribili malattie come il cancro con gli antiossidanti della frutta e della verdura è come cercare di abbattere un elefante con un sassolino.
Da notare che l’ORAC nel 2012 è stato praticamente sconfessato come parametro salutistico utile (vedasi Gli antiossidanti).
Anche la tesi che le popolazioni che consumano grandi quantità di frutta e verdura vivano più a lungo è facilmente smentibile (i giapponesi consumano poca frutta e verdura) e comunque le differenze nella vita media fra le varie popolazioni sono così minime (uno-due anni al massimo per i Paesi più industrializzati) da ritenere che non è il tipo di cibo che viene assunto il principale fattore di longevità (semmai è la quantità!).

Per le vitamine del gruppo B non è necessaria alcuna integrazione vitaminica perché sono facilmente coperte dall’alimentazione
Spesso il nutrizionista contrario a ogni supplementazione antiossidante è convinto che con l’alimentazione si possa curare tutto e tutti (delirio di onnipotenza).
In realtà è più interessante considerare l’integrazione come un intervento medico a 360 gradi. Il Council for Responsible Nutrition ritiene l’integrazione con vitamina E un mezzo economico e conveniente per colmare le lacune alimentari. Una metanalisi (che comprende anche il discusso studio della John Hopkins University) di 95 ricerche cliniche ed epidemiologiche promuove decisamente l’integrazione con vitamina E (American Journal of Clinical Nutrition, Vol. 81, No. 4, 736-745, April 2005).
2 – Integrazione vitaminica a basso dosaggio
Le RDA (dosi giornaliere consigliate) delle vitamine sono talmente basse (in genere si raggiungono con l’alimentazione) che molti ritengono che basti una piccola integrazione. Il ragionamento è questo: se basta un dosaggio vitaminico basso, integriamo le vitamine che eventualmente non sono coperte da un’alimentazione poco attenta.
In realtà, un’integrazione vitaminica a basso dosaggio è già facilmente coperta con l’alimentazione ed è meglio migliorare l’alimentazione piuttosto che ingurgitare pillole inutili.
3 – Integrazione vitaminica ad alto dosaggio
Le prime due posizioni sono sostenute soprattutto dalla scuola europea in generale e da quella italiana in particolare. Molti ricercatori americani sostengono invece che le RDA sono decisamente insufficienti per assicurare i benefici che le vitamine potrebbero offrire e propongono dosaggi decisamente più alti.
4 – Le vitamine non fanno nulla
Esistono migliaia di studi (basta fare una ricerca in Pubmed) che spingono per l’integrazione vitaminica.
Bastano pochi minuti per trovare studi recentissimi che per esempio dimostrano che una supplementazione di 200 UI di vitamina E aumenta le difese immunitarie negli anziani (Tuft University, 20% di rischio in meno di malattie respiratorie); che l’uso di vitamina C e di vitamina E associate riduce il rischio di demenza (Neurology); che 200 UI (donne) e 400 UI (uomini) di vitamina E per almeno due anni riducono rispettivamente del 41% e del 37% il rischio di patologia cardiovascolare (Harvard Medical School); che l’assunzione regolare di 400 UI di vitamina E protegge da problemi oculari della vecchiaia (National Eye Institute); che l’assunzione per almeno 10 anni di vitamina E riduce il rischio di vari tipi di cancro.
Fondamentale: tutti questi risultati si riconducono alla semplice considerazione che l’integrazione vitaminica riduce l’invecchiamento; infatti le patologie sopraccennate (anche le forme di tumore considerate) sono tipiche dell’invecchiamento, cioè del danneggiamento con l’età della macchina uomo.
Il risultato attuale delle ricerche è che su dieci, otto spingono per l’integrazione vitaminica e quelle due che la condannano usano, per farlo, campioni di soggetti non sani (come per esempio forti fumatori nei quali l’integrazione con alcuni antiossidanti può essere addirittura controindicata: ricordate l’esempio dei carboidrati e dei diabetici).
Purtroppo le ricerche contrarie all’integrazione vitaminica hanno infatti sbagliato campione, come ammettono anche molti dei ricercatori che sono arrivati a queste conclusioni: la presenza di soggetti che non hanno alcuno stress ossidativo in studi clinici sugli effetti degli antiossidanti potrebbe aver modificato le conclusioni finali della ricerca stessa. Il punto è proprio questo: se si considera un soggetto di 25 anni sedentario la vitamina E non fa nulla perché il soggetto è ben protetto contro gli stress ossidativi, ma se si considerano:
- un soggetto over 35
- un soggetto che fa attività sportiva in modo intenso.
le conclusioni sono diametralmente opposte. Tant’è che esistono molte ricerche che, usando gli stessi marker, dimostrano la riduzione dello stress ossidativo.
Si noti come variando il campione di partenza si “forzano le conclusioni” per arrivare dove si vuole.
L’errore dei ricercatori è considerare persone sane sia il 25-enne sia il cinquantenne che invece sano non è perché malato di invecchiamento. Probabilmente chi è sedentario è ben protetto fino a 40-45 anni, ma, come sappiamo, se è protetto dai radicali liberi, non lo è certo dal sovrappeso.
La posizione più ragionevole è proprio quella del nostro sito in cui si indica la necessità di un’integrazione a partire dai 35 anni (dando per scontato che lo sport sia necessario!).
5 – Le vitamine fanno male
Nessuna ricerca condotta su persone sane arriva a questa conclusione con i dosaggi indicati dall’integrazione vitaminica ad alto livello. Esistono ricerche che:
- su soggetti portatori di patologie indicano che alcune vitamine aggravano il rischio di patologia.
- Su esperimenti non in vivo (cioè solo chimici) dimostrano che alcune vitamine sono anche ossidanti. Tali considerazioni sono molto fumose, sarebbe come dire di non respirare perché l’ossigeno fa male, visti i danni che produce sul ferro (ruggine).
- Con megadosi di vitamine indicano che ci sono effetti collaterali.
L’ultimo punto è solo accademico, perché con megadosi di qualunque sostanza si hanno sempre effetti collaterali. Queste ricerche non vogliono dire (come spesso i media interpretano) che la vitamina X fa male, quanto vogliono fissare il suo quantitativo massimo assumibile.
Per esempio per la vitamina E si pensava 15-20 fa che il limite fosse 800 UI (800 mg di vitamina E sintetica); oggi si è stabilito con ricerche accurate che anche dosi di 3,2 g al giorno non danno effetti collaterali in soggetti sani.
L’uscita di cibi sempre più arricchiti in vitamine consente di scegliere una soluzione veramente innovativa. Innanzitutto scegliamo fra soluzione europea (rappresentata da 1 e 2) e americana (3).
L’errore fondamentale di chi crede che si possa operare con la sola generica sana alimentazione è che non si considera che non tutti i cibi sono uguali dal punto di vista vitaminico pertanto dire che basta l’alimentazione è una posizione molto semplicistica.
È abbastanza facile mostrare che due soggetti che mangiano tutto sommato bene possono assumere dai cibi 50 mg di vitamina C al giorno oppure 500! Ma cosa farebbe optare per la posizione 3? Un ragionamento banale che i nutrizionisti che perorano la soluzione europea non hanno il coraggio di fare.
1) I sostenitori delle RDA basse parlano per esempio di 60 mg per la vitamina C.
2) Poi però mi dicono che nell’alimentazione devono essere presenti molta frutta e molta verdura per prevenire questo e quello. Faccio due conti e le 5-6 porzioni al giorno di frutta e verdura mi danno un quantitativo di vitamina C che va da 100 a 500 mg (per esempio due arance, 300 g, e due kiwi, 150 g, apportano da soli oltre 300 mg di vitamina C).
3) Se il loro consiglio in 2 è giusto (e io sono convinto che lo sia), la dose (RDA) che propongono in 1) è da Terzo Mondo.
Integrazione vitaminica: la soluzione nutraceutica
Quindi dosi americane, ma come implementarle? Con integratori o con alimenti. Questa seconda strada è possibile, basta avere una buona educazione alimentare, usare cibi intelligenti e/o arricchiti.
La soluzione nutraceutica vuole realizzare l’integrazione ad alto dosaggio con l’uso preferenziale di cibi.
Quindi chi ha una sana educazione alimentare, può decidere di utilizzare i cibi per coprire il fabbisogno vitaminico oppure gli integratori. Le dosi sono evidenziate nell’articolo sulle vitamine.