Oggi il mondo dell’integrazione alimentare assomiglia a una foresta dove si muovono fate o streghe incantatrici che promettono prodigi e miracoli (le aziende che producono gli integratori), tanti Cappuccetto Rosso pronti a seguirle (tutti coloro che credono a ogni cosa che gli si dice), saggi dalla barba bianca (gli scienziati che sfornano articoli in un senso o nell’altro, confondendo ancor di più i Cappuccetto Rosso).
Lo scopo delle tre leggi che vengono enunciate di seguito non è particolare, ma universale, nel senso di fornire una linea di condotta applicabile a qualsiasi problema di integrazione. A tale scopo occorre enunciare poche, sintetiche e concrete regole. Le regole potranno sembrare banali, ma occorre considerarle in profondità e applicarle insieme per poterne capire la forza e la concretezza.
Prima legge dell’integrazione – Ogni sostanza ha un intervallo di assunzione al di sotto del quale si produce carenza, al di sopra surplus.
Questa legge è strettamente correlata all’errore di dosaggio. La novità di questa legge è il concetto di intervallo. Quando si fa un esame del sangue, vicino ai nostri valori troviamo un intervallo di normalità. L’errore che molti commettono quando parlano di integrazione è che per una data sostanza danno un valore fisso, come se tutti noi fossimo uguali. La glicemia può variare di quasi il 100% in un individuo giudicato normale (da 60 a 110 mg/dl). Perché la RDA di vitamina E deve essere 30 mg? A prescindere dal valore, è sbagliato il concetto: a causa delle differenze fra gli individui (e quindi fra il loro metabolismo) non è scientifico fissare un valore consigliato. Cosa cambia fissando un intervallo? Se il valore di normalità della glicemia fosse 80, praticamente tutti dovrebbero ricorrere al medico, o perché sotto tale valore o perché sopra. Fissando un intervallo, viene meno la necessità di intervenire.
Seconda legge dell’integrazione alimentare – Ogni carenza verificata deve essere corretta prima con l’alimentazione e poi con l’integrazione.

A fine 2019 il mercato degli integratori alimentari ha raggiunto in Italia (prima in Europa) un valore di circa 3,6 miliardi di euro
Questa legge è correlata all’errore di falso bisogno. In questa legge sono due le parti importanti. La carenza deve essere verificata! È un errore madornale assumere una sostanza perché forse ci può essere carenza: se non c’è, si finisce in surplus con i danni enunciati dalla terza legge. L’esempio classico è quello dei body builder che assumono vagonate di proteine terrorizzati dal fatto che l’esercizio fisico provochi un catabolismo proteico che distruggerebbe i loro muscoli. È vero che l’esercizio produce un catabolismo muscolare, ma l’entità è talmente ridotta che con una normale alimentazione (o con una piccola integrazione) le proteine distrutte vengono reintegrate: non c’è nessuno studio scientifico che giustifichi le dosi di proteine (anche quattro o cinque volte superiori al normale) assunte da body builder. L’unica giustificazione di tali dosi riguarda quei body builder che usano sostanze anabolizzanti che consentono che quelle proteine vengano metabolizzate come crescita muscolare. Purtroppo l’errore di non verificare la carenza si sta diffondendo con decine di altre sostanze, vitamine e microalimenti.
L’altro punto importante della legge è il privilegio dato all’alimentazione rispetto all’integrazione. Oggi si tende troppo facilmente a reintegrare ciò di cui si è carenti con l’integrazione, salvo poi andare in surplus quando l’alimentazione aggiunge la giusta quantità. È il caso dei sali minerali persi con la sudorazione durante una corsa in un clima caldo: basterebbero un po’ di frutta e verdura (e ovviamente l’acqua) per reintegrare la dose (invero piccola) persa. E invece, non appena ha finito di correre, ecco il nostro runner bere avidamente l’ultimo integratore salino reclamizzato.
Terza legge dell’integrazione alimentare – Ogni surplus è negativo per l’organismo poiché produce un sovraccarico da eliminazione o effetti collaterali da assunzione eccessiva.
Questa legge è strettamente correlata all’errore di dosaggio (sovradosaggio) e a quello di saturazione. Due esempi banali. Sicuramente se l’organismo è carente d’acqua la performance fisica ne risente. Seguendo questo semplice ragionamento, un centometrista potrebbe bersi due litri di acqua mezz’ora prima della gara. Ciò non gli creerebbe nessun problema a livello di salute, ma al momento del via probabilmente sarebbe in bagno a eliminare il surplus d’acqua. La stessa cosa succede (anche se spesso non ce ne rendiamo conto) con tutte quelle sostanze che assumiamo in surplus e che, pur non essendo dannose, l’organismo deve eliminare. L’altro esempio è altrettanto schiacciante: i carboidrati forniscono energia, ma un’assunzione eccessiva porta all’obesità. Informatevi bene sugli effetti collaterali da surplus.
Integratori o farmaci?
Un integratore (spesso dimentichiamo che viene normalmente tralasciato l’aggettivo alimentare) resta tale solo fino a quando le dosi che assumiamo sono compatibili con l’alimentazione.
Una dose di 500 mg di vitamina C al giorno è da considerarsi “integrativa” perché bastano 3 kiwi e 3 arance per arrivarci. Invece, per avere un valore sierico di arginina paragonabile a quello di un’endovena da 6 g dovremmo assumerne oralmente una quantità industriale, al di fuori di ogni logica alimentare. Questo è uno dei trucchi con cui l’industria degli integratori ne spinge alcuni: si offre a prezzi assurdi la pillolina da 1 g citando la ricerca in cui si è ottenuto un effetto (magari transitorio) con una supplementazione in forma diversa (quasi sempre iniezioni) e di diverse volte superiore per quantità. Il caso incredibile del glutatione è illuminante.
Esistono pertanto alcuni integratori che possono diventare farmaci e altri no. Altri (come il nandrolone che in teoria esiste naturalmente in alcuni alimenti) che praticamente, per le dosi usate, sono sempre farmaci (doping).
Una sostanza naturale non è detto che debba essere considerata automaticamente un integratore perché la quantità contenuta nell’integratore potrebbe non essere assumibile con la normale alimentazione. è per esempio il caso dei fitosteroli che, presi per pillole o tramite alimenti arricchiti, combattono gli alti livelli di colesterolo: la quantità necessaria (efficace) di fitosteroli è talmente elevata che ci vorrebbero chili di vegetali per raggiungerla con la nutrizione. Non a caso si consiglia di non superare le dosi consigliate perché fra gli effetti collaterali c’è una riduzione dell’assorbimento di betacarotene.
Da notare che una sostanza sintetica deve essere sempre essere considerata farmaco, anche se per la sua composizione si sono usate nel processo di sintesi sostanze naturali. Così è facile capire perché gli alcolici (che in natura non esistono!) sono da considerarsi dei veri e propri farmaci, i più antichi integratori alimentari, ma non cibi.