L’echinacea è una pianta della famiglia delle Composite Tubiflore dalle cui radici si ottengono estratti per la cura delle malattie da raffreddamento in quanto sono dotati di proprietà antagoniste della ialuronidasi.
Esistono nove specie di echinacea che vivono spontanee nel Nord America (E. angustifolia, E. atrorubens, E. levigata, E. pallida, E. paradoxa, E. purpurea, E. simulata, E. tennessensis, E. sanguinea); quelle importanti dal punto di vista fitoterapico sono l’angustifolia e la purpurea. La prima era quella usata dagli indiani d’America e studiata dalla scuola di medicina eclettica nata negli Stati Uniti nella metà del XIX sec.
Gli studi sulla pianta ripresero attorno al 1930 e sono giunti ai giorni nostri. L’E. purpurea fu studiata soprattutto da ricercatori tedeschi alla fine degli anni ’80 del secolo scorso e attualmente è la più venduta anche se non ci sono motivi scientificamente validi per affermare che sia migliore dell’E. angustifolia. Anzi, gli unici studi che ne hanno dimostrato la superiorità sono stati condotti su animali.
Nota – Quando sono italianizzati, i nomi delle piante (rosa, geranio, echinacea ecc.) vanno in minuscolo; restano maiuscoli quando si usa la corretta dicitura botanica che vuole il genere in maiuscolo e la specie in minuscolo: Rosa alba.
Proprietà e impiego dell’echinacea
Per capire come usare l’echinacea, rivolgiamoci ad alcune interessanti ricerche.
Lo studio di Melchart et al. (1998) ha rilevato che nel gruppo che assumeva placebo il 37% manifestò sintomi di raffreddore durante i tre mesi dell’esperimento contro il 32% di chi aveva assunto E. angustifolia e il 29% di chi aveva assunto E. purpurea.
Le differenze non sono significative (una protezione del 20% può non essere statisticamente significativa su un campione di 300 volontari divisi in tre gruppi come quello dell’esperimento). Il dosaggio dell’estratto di echinacea usato era però più basso (1:11) rispetto a quello di altri studi (1:5) che avevano dimostrato l’efficacia della pianta (come quello di Brauning, 1992).
Lo studio di Brinkeborn et al. (1999) studiò l’effetto dell’Echinacea purpurea ai primi sintomi di raffreddore su 199 volontari. Fu efficace nel 68% dei casi (240 mg di estratto al giorno per circa otto giorni). Anche lo studio di Hoheist et al. (1997) mostrò un’efficacia del 60% dell’Echinacea purpurea in pazienti colpiti da raffreddore; inoltre solo il 40% dei pazienti così curati subì una recidiva, contro il 60% di chi assunse placebo.

Linneo denominò l’echinacea Rudbeckia (O. Rudbeck era un botanico svedese del XVII sec.). Il genere fu poi rinominato da Moench (1794), come Echinacea (dal greco echinos, riccio) con riferimento alla struttura dei semi somiglianti appunto a un riccio.
Effetti dimostrati
Come per tutti i prodotti fitoterapici occorre distinguere fra certezze e ipotesi. La pianta è stata proposta come panacea per moltissime patologie, ma la ricerca seria finora ha accertato tre impieghi degni di nota:
- prevenzione delle malattie da raffreddamento;
- cura di tali patologie;
- cicatrizzazione delle ferite.
L’ultima proprietà non è particolarmente interessante perché esistono molte altre sostanze (fra cui l’aloe vera) che meglio assolvono al compito.
Controindicazioni
L’utilizzo è generalmente controindicato in caso di contemporanea assunzione di farmaci; il principio attivo, infatti, può interagire con alcuni enzimi deputati al metabolismo di alcuni farmaci. Dal momento che su tali interazioni non è stata fatta totalmente chiarezza, la somministrazione di echinacea in caso di assunzione di altre sostanze medicinali deve essere fatta sotto sorveglianza medica.
Attenzione: anche la Rudbeckia lanciata viene chiamata echinacea, ma è una pianta tossica; è opportuno assicurarsi sempre del tipo di echinacea che si assume.
Echinacea: la dose efficace
L’assunzione andrebbe fatta rispettando dosi minime; per l’E. angustifolia tali dosi sono 1 g di estratto puro 1:5 di radice e rizoma per la prevenzione e 3 g in presenza di sintomi. L’assunzione di dosi inferiori riduce notevolmente i benefici. Purtroppo molti integratori sul mercato, per ragioni di costi, propongono dosi piuttosto basse. Appare ragionevole fare cicli di 10-15 giorni durante la stagione fredda seguiti da interruzioni per un periodo equivalente. Durante tale interruzione è possibile utilizzare altre sostanze immunostimolanti (vedasi per esempio l’arginina).
È però necessario ricordare che l’interpretazione di numerose ricerche, fra cui quelle precedentemente citate, porta a concludere che assumere echinacea per lunghi periodi non previene significativamente i malanni stagionali; sembra infatti che l’organismo, dopo un certo periodo, reagisca annullando l’effetto della pianta; inoltre si deve tener conto che assumere echinacea ai primi sintomi è una misura efficace nel 60% dei casi contro un 40% della sostanza placebo: non sembrano numeri particolarmente interessanti perché entrano nell’ambito del trucco del placebo, soprattutto tenendo conto che il raffreddore è una patologia che si risolve da sé.
Cosa ci si può aspettare quindi dall’uso dell’echinacea? Qualche risultato lo si può ottenere, ma le difficoltà sopra citate le fanno preferire integratori di più recente formulazione, come per esempio i probiotici.
A chi serve
Rifacendosi a quanto riportato precedentemente, l’assunzione di echinacea (consigliata la variante angustifolia) è utile per la prevenzione delle malattie da raffreddamento quali tosse, sinusite e raffreddore.
Per quanto riguarda invece la cura di tali patologie, è opportuno ricordare che l’assunzione del principio attivo ai primi sintomi risulta efficace nel 60-70% dei casi.