Il glutammato monosodico è un aminoacido contenuto in tutte le proteine degli alimenti (formaggi, latte, funghi, carne, pesce e molti vegetali). È fondamentale per il metabolismo del cervello, ma un’alterazione del suo livello può essere critica (ricordiamo per esempio che nella terapia della sclerosi laterale amiotrofica viene utilizzato il riluzolo, un farmaco che pare contrastare l’azione del glutammato; alcuni studi hanno infatti messo in evidenza il ruolo negativo di un eccesso di glutammato sui motoneuroni. Il riluzolo sembrerebbe in grado di opporsi a tale problema).
NOTA – Nel mondo del benessere è banale trovare una ricerca che promuove X e un’altra che la boccia (per approfondire questo punto si legga La ricerca scientifica). Quindi troverete in Rete articoli che citano ricerche che condannano il glutammato e altre che lo assolvono; tutte vanno interpretate con buon senso e non prese per oro colato. Così come citare Enti che assolvono il glutammato vuol dire far finta di non sapere che molti additivi permessi (come i nitriti) sono sospetti e molto chiacchierati, anche se sono del tutto legali.
Questo articolo non è fra i più critici con il glutammato monosodico che comunque non è considerato innocuo per la salute (assolverlo perché il parmigiano lo contiene è come assolvere l’alcol perché un bicchiere di vino male non fa, vedasi più avanti). Non vogliamo continuare una sterile polemica con chi lo sostiene; ci basta rilevare che alcune critiche sono solo decisamente frettolose (come quelle del sito autosvezzamento.it che, fra l’altro, dice non è stato capace di trovare in Rete gli effetti del glutammato da noi citati: ragazzi, la ricerca va fatta mettendo “glutamate toxicity” fra apici perché altrimenti si prendono ricerche che contengono le due parole scorrelate e sembra che nulla c’entrino con il glutammato (la cosa comica è che attribuisce a noi l’incapacità di usare il motore di ricerca).
Il quinto sapore: l’umami
La scoperta del glutammato monosodico avvenne in Giappone nel 1908 all’università di Tokyo, quando il dott. Kikunae Ikeda lo estrasse da un’alga marina (kombu). Apparve subito chiara la funzione della sostanza, tanto che il sapore del glutammato in giapponese venne detto umami (o umai) che tradotto sta per saporito, delizioso.
L’umami è il quinto sapore, riconosciuto come tale in Occidente solo dagli inizi del XXI sec. (Lindeman indicò nel 2001 una proteina che funge da recettore per il glutammato); il termine umami indica (Ninomiya, 2002) il sapore di glutammato e di cinque suoi nucleotidi (come il guanilato disodico e l’inosinato disodico, presenti nei dadi da brodo).
Glutammato monosodico – Dove si trova?
Il glutammato monosodico è uno dei più comuni additivi dell’industria alimentare (è un esaltatore di sapidità). Si trova principalmente in:
- dadi da brodo
- prodotti da gastronomia
- primi, secondi e contorni surgelati
- salse
- prodotti in scatola
- salumi
- liofilizzati.
Non bisogna confondere il glutammato monosodico con l’acido glutammico, di cui è un sale. Per capire l’importanza della distinzione si pensi ai solfati e agli effetti completamente differenti del solfato di rame e del solfato di magnesio!
Per esempio, il pomodoro è uno dei vegetali molto ricchi in acido glutammico (anche se le quantità sono modeste in assoluto), ma contiene solo 5 mg di sodio per 100 g. Condensando il prodotto (come nelle salse) si aumenta la quantità di glutammato, ma non si raggiungono certo i valori della salsa di soia. Il parmigiano contiene ben 1,2 g di glutammato di sodio e altri formaggi molto stagionati avvicinano queste quantità.
La domanda fondamentale è: se è presente in natura perché considerarlo nocivo?
- Non tutto ciò che è naturale è buono! Si pensi al vino e agli effetti dell’alcol. Molti individui mal sopportano l’alcol che comunque in alte dosi fa male a tutti! Si può supporre che le tante ricerche che dimostrano gli effetti negativi del glutammato ottengano tali risultati perché una fetta della popolazione non tollera livelli alti di glutammato, da cui il consiglio di bocciarlo come aggiunta alimentare. Che sia un’aggiunta arbitraria e non un ingrediente è anche chiarito dal fatto che viene inserito nell’elenco degli additivi e classificato con la sigla E621.
- In natura la presenza è tale che non è dannosa (un po’ come i nitrati nella verdura: associati alla vitamina C presente negli ortaggi sono praticamente innocui); praticamente è rispettata la prima regola della dieta italiana: “in un corpo forte il solo vincolo del sovrappeso limita praticamente ogni posizione salutisticamente errata“. In altri termini, basta non abbuffarsi di parmigiano, ma, se lo si fa, oltre al glutammato ci saranno altri problemi! Il problema è analogo a quello del sale, di cui si consiglia moderazione nell’uso.
Dopo la scoperta del glutammato, la sua produzione industriale fu affidata alla Ajinomoto (ancora oggi il Giappone è uno dei maggiori produttori). In occidente però il glutammato decollò solo quando si scoprì un’altra via di produzione: non più dalle alghe, ma dalle acque provenienti dalla fermentazione di melasse o di altri sciroppi di glucosio (per esempio dalla lavorazione della barbabietola da zucchero). Nel 1925, negli USA si perfezionò la produzione e nel giro di un decennio il glutammato divenne una sostanza importante per l’industria alimentare. Lo diventò soprattutto in Cina dove entrò nella preparazione di moltissimi cibi.
Chi ritiene che le popolazioni asiatiche che ne fanno uso non abbiano problemi dovrebbe almeno riflettere sul fatto che tali popolazioni hanno una vita media decisamente inferiore a quella degli abitanti dei Paesi che non lo usano; ovvio che il glutammato non è responsabile di un tale crollo della vita media, ma i popoli che lo usano non hanno certo abitudini salutistiche!

I dadi per brodo sono uno dei prodotti dell’industria alimentare che più di altri contengono discrete quantità di glutammato monosodico
Il glutammato monosodico fa male?
Alcuni vorrebbero assolvere il glutammato monosodico per i seguenti motivi:
- esiste uno studio in cui si dimostrerebbe che non è responsabile della sindrome del ristorante cinese. Tale disturbo è così chiamato perché il primo caso venne segnalato a seguito del consumo di un pasto cinese e perché il glutammato monosodico viene usato con frequenza nella cucina asiatica. I segni e i sintomi sono cefalea, senso di bruciore alla nuca, difficoltà respiratorie, nausea, sudorazione ecc. Tale studio è unico e non da tutti accettato.
- Il glutammato monosodico contiene meno sodio del sale (circa un terzo) e dove viene usato (insieme al sale) riduce il contenuto di sodio del 30% circa. Ma non è buona norma usarlo perché implicitamente abitua il gusto del consumatore a mangiare salato (per alcuni saporito).
Vedremo i problemi irrisolti e un trucco per scoprire se il ristoratore usa o no glutammato nei suoi piatti migliori.
Primo problema: la salute
Attorno agli anni ’80 del XX secolo, J. Olney (università di Washington) condusse molte ricerche miranti a dimostrare i danni al cervello in animali neonati e sostenne la tesi che l’eccesso di glutammato fosse alla base di malattie neurodegenerative. Infatti, il glutammato ha un ruolo essenziale nel metabolismo dei neuroni e un’alterazione dei suoi livelli può essere molto critica (un po’ come l’eccesso di sodio per le cellule normali); ciò spiegherebbe per esempio la sindrome cinese. Ma si pensa che i problemi derivanti da un’eccessiva assunzione possano essere maggiori. Infatti, recentemente, è stato messo a punto il ruolo del glutammato nella dipendenza da droghe: l’attivazione del circuito cerebrale del glutammato contribuisce all’apprendimento di comportamenti additivi, tanto da eguagliare o superare il ruolo della dopamina. Il glutammato può essere tossico per alcune cellule cerebrali che non sono adeguatamente protette dalla barriera ematoencefalica. Non ha perciò senso utilizzare come ingrediente superfluo (nel senso di non necessario) una sostanza biologicamente attiva.
Dalla fine degli anni ’50 (studi di Newhouse e Lucas) si sa che il glutammato produce danni irreversibili alla retina; tali studi sono stati periodicamente ripresi fino alla ricerca (dicembre 2002, Experimental Eye Research) di un gruppo di ricercatori giapponesi (Hirosaki) che ha mostrato che il glutammato monosodico può compromettere irreversibilmente le funzioni retiniche. In topi di laboratorio, nutriti per sei mesi con alimenti a base di glutammato, alcuni strati di retina si sono assottigliati del 75%. Anche la vista risultava gravemente compromessa.
LA PAROLA FINE – Si potrebbe continuare con decine di pagine, ma, per smontare l’assurda posizione di alcuni siti che sostengono che il glutammato sia innocuo, basta cercare su Pubmed “glutamate toxicity” e trovare che sono state pubblicate centinaia di ricerche che mostrano che il glutammato ha un ruolo niente affatto positivo. Usare il fatto che sia ammesso come additivo come prova della sua innocuità è un evidente errore razionale; infatti molti additivi sono chiacchierati e si sa che sono ammessi solo per ragioni commerciali (anche i grassi trans non sono vietati!).
Secondo problema: la ritenzione idrica
La ritenzione idrica non deriva solo dall’impiego di sodio, ma dall’effetto globale degli agenti che provocano ritenzione; il glutammato ha un effetto esageratamente superiore a quello del semplice sale, non fosse altro per il fatto che un cibo troppo salato risulterebbe inappetibile.
Nella stragrande maggioranza dei ristoranti si abbonda in sale, ma soprattutto di esaltatori di sapidità contenenti glutammato (il classico dado, tanto per intenderci). Tutti possono notare che dopo aver mangiato normalmente (per esempio un primo, un secondo e un dolce) si beve molto nelle 2-3 ore dopo il pasto. Se non si ha modo di smaltire l’acqua bevuta sudando molto, probabilmente ci vorranno 3-4 giorni prima di ritornare al peso abituale. Un buon test per valutare la qualità del ristorante.
In conclusione, il glutammato è critico perché anche chi si è disintossicato dal gusto del salato rischia di assumere troppo sodio perché il glutammato è una fonte di sodio “non salata”.
Terzo problema: l’inganno
È anche il punto più convincente: il glutammato monosodico viene utilizzato come esaltatore di sapidità aumentando, oltre il loro pregio, l’appetibilità di molti cibi. Insomma, un cibo scadente diventa appetibile. Tutto ciò è inaccettabile per qualsiasi modello alimentare che voglia sconfiggere il sovrappeso, dal momento che è fondamentale non aumentare senza ragione l’appetibilità dei cibi.
L’uso del glutammato monosodico è sostanzialmente un inganno per il consumatore (un po’ come l’uso di coloranti e/o aromi artificiali, ma con maggiori implicazioni salutistiche).
L’uso sconsiderato è però da censurare ulteriormente perché molti lo usano senza sapere che non sempre funziona. Infatti l’esaltazione di sapidità deriva dall’interazione del glutammato con i sapori propri del cibo. Funziona con carne, pesce, alcune verdure, ma non funziona con cibi dolci.
Per i prodotti etichettati basta guardare l’etichetta per sapere se viene impiegato glutammato di sodio. Il problema nasce però quando si va al ristorante. Moltissimi ristoratori lo usano, soprattutto sotto forma di dado. Ricorderete l’assurda pubblicità della Star in cui si vedeva uno chef che usava il dado Star; spot del genere riescono a convincere gran parte della popolazione che l’uso del glutammato è non solo normale, ma anche positivo. A prescindere dal fatto che l’abilità di uno chef dovrebbe consistere nel preparare piatti appetibili senza l’uso di trucchi, come si può scoprire se il cuoco usa il glutammato? Giocando sulla possibile ignoranza alimentare del ristoratore. Vediamo la strategia.
1) Si entra in confidenza.
2) Si loda oltre misura un piatto (per esempio un secondo di carne o di pesce).
3) Ci si professa cuochi dilettanti, ansiosi di imparare il segreto dal maestro.
4) Gli si confessa che con l’uso di un dado (per esempio lo Star) i piatti non vengono saporiti come i suoi e si cerca di carpirgli il nome della marca che usa o la quantità (“forse io ne uso troppo poco”).
5) Se il cuoco usa un esaltatore di sapidità (è ammesso il costosissimo e pregiatissimo – e non facile da trovare – estratto di carne Liebig, purissimo), visto che siete sulla stessa barca (anche voi utilizzate il dado), probabilmente vi confesserà marca, tipo di alimento con cui si sposa meglio, quantità ecc.
Con lo stesso trucco si può scoprire se usa oli strani per friggere le patatine o per preparare la grigliata.
Se invece è un ristoratore professionale e “pulito” si scandalizzerà candidamente delle vostre affermazioni oppure vi tratterà bonariamente: “se pensa che per cucinare bene ci voglia il dado…”.