Perché parlare di personalità e sovrappeso? Al giorno d’oggi, nei Paesi industrializzati, solo una piccola percentuale della popolazione non è in sovrappeso. Accanto a essa una larga fetta lo è o è addirittura obesa e nulla fa per porre rimedio alla situazione. In mezzo, una terza fascia è in sovrappeso, pur avendo messo in atto strategie per il contenimento del peso in modo più o meno continuativo.
Per queste persone si parla spesso di assenza di una educazione alimentare (ignoranza alimentare), di scarsa forza di volontà, di scarsa attenzione alla propria salute, di eccessiva sedentarietà ecc. In questi discorsi vengono già delineate personalità critiche (per il Personalismo per esempio lo svogliato o il dissoluto), ma classicamente si va oltre, citando casi in cui il sovrappeso è dovuto a fenomeni di autogratificazione con l’impiego del cibo, di controllo dello stress ecc.
Tutto vero, ma non in grado di spiegare la maggioranza dei casi di sovrappeso.
L’esempio
Consideriamo Anna, una donna di 25 anni, alta 170 cm e pesante 55 kg. Un corpo salutisticamente perfetto. Attenta alla sua salute, si documenta come può con giornali femminili e media vari. La sua educazione alimentare non è eccelsa, ma è sicuramente sufficiente a garantirle il peso forma. Fa un po’ di sport, pallavolo e aerobica, palestra. Ha una vita normale e non è vittima di abbuffate da solitudine o simili. Ha diversi hobby, un lavoro sedentario, ma non particolarmente stressante (almeno oggettivamente parlando).
Eppure il suo peso lievita: a 30 anni è già a 60 kg. Ha piccoli guai fisici ma, anziché tentare di risolverli o scegliere sport compatibili con essi, ha preferito scegliere una pratica soft come lo yoga, certa che comunque servirà a tonificarle i muscoli e a darle flessibilità. Tira spesso la cinghia, applicando in qualche modo le nozioni di nutrizione che conosce, in pratica, spesso mangia poco o nulla. Eppure il suo peso lievita ancora: a 35 anni pesa 65 kg con coulotte de cheval evidenti e sovrappeso non più celabile. Dov’è l’errore?
Per coltivare molte relazioni umane usa la strategia dello struzzo; in tal modo si circonda facilmente di parenti e amici e la sua vita appare molto soddisfacente. Il problema è che, non possedendo particolari oggetti d’amore, queste relazioni sono superficiali, non basate su passioni comuni (ricordiamo la differenza fra hobby e oggetti d’amore).
L’unico modo per dialogare è di utilizzare lo stratagemma della discoteca: come in discoteca i giovani che hanno poco da dirsi usano la musica ad altissimo volume per avere l’alibi di non essere in grado di scambiarsi che poche frasi; così da adulta Anna pensa bene che per livellare le differenze con le persone che frequenta non c’è che un modo: trovarsi tutti a pranzo o a cena. Poiché tutte le persone hanno il cibo in comune, ecco che il modo migliore per frequentarsi è il banchetto: con i parenti, con gli amici, con i colleghi, con i vicini ecc.
A ogni banchetto Anna dà una grossa mano al suo sovrappeso, senza saperlo, semplicemente per coltivare relazioni umane.

Secondo i dati Istat il 45,1% dei soggetti di età ≥18 anni è in eccesso ponderale
Il caso generale
Chi ha compreso l’esempio noterà più facilmente come il disastro del banchetto socializzante sia diffuso: dal pranzo domenicale con i genitori (ormai troppo vecchi per condividere altri interessi se non il cibo) a quello esteso ai parenti in occasioni di particolari feste; dal pranzo di lavoro (con la scusa di ottimizzare i tempi) alla cena con i colleghi per questo o quell’anniversario o promozione; dalla rimpatriata fra amici che ormai non hanno più nulla in comune alla cena del gruppo sportivo.
Notiamo come anche in quest’ultimo caso, il cibo serva per unire un gran numero di persone, molte delle quali non sarebbero comunque compatibili fra di loro. Il cibo agisce come collante psicologico, come substrato per un rapporto che sarebbe altamente improbabile.
Paradossalmente, chi segue questa strada, se è equilibrato ingrassa per forza. Infatti le personalità più nevrotiche reagiscono agli aumenti di peso con giornate di forte restrizione calorica (o digiuni più o meno totali), non accorgendosi che comunque il bilancio esistenziale è al più solo in pareggio, a zero: ogni abbuffata mi costa un giorno di cinghia tirata.
Attenzione:
non si vuole sostenere che ogni banchetto sia sbagliato. Lo è quando il cibo è l’unica cosa che unisce, quando mancano oggetti d’amore.
Quest’ultima frase va spiegata. Molti infatti potrebbero pensare che un rapporto di parentela, un lavoro o un generico hobby siano sufficienti a unire i commensali. Bene, togliamo il cibo: cosa resta? Spesso i parenti sono generazionalmente distanti (età psicologica) e al più ci si può raccontare cosa si è fatto nella giornata o nella settimana, ma se non si ha talento artistico, dopo dieci minuti ogni racconto è finito.
Sicuramente molti non vorrebbero parlare di lavoro anche fuori di esso e parlare del tempo dopo un po’ sarebbe noioso.
Idem per gli hobby (che ripeto, non sono oggetti d’amore perché manca la conoscenza profonda che è quella che permette di parlare per ore di un argomento): dopo poche decine di minuti l’hobby viene esaurito. Se avete un oggetto d’amore potete capire bene l’esempio che vi farò ora, traslandolo al vostro caso particolare.
Ognuno dei miei oggetti d’amore può essere discusso anche con persone che interpretano la stessa materia in modo più soft, come semplice hobby. Di scacchi con uno scacchista appassionato potrei parlare per ore, ma un principiante che si limita a giocare di tanto in tanto probabilmente dopo dieci minuti inizierebbe ad annoiarsi; idem con chi corricchia ogni tanto, quando c’è il sole: le mie dissertazioni troppo fini sulla corsa, i miei aneddoti un po’ troppo precisi lo annoierebbero ben presto. Ecco perché per unire un gruppo di amatori dove ognuno interpreta la corsa a suo modo non c’è che un bel banchetto sociale. Gli hobby quindi non sostengono più di tanto la relazione umana, gli oggetti d’amore sì.
Prima di arrenderci al cibo, potremmo pensare al tempo, al gossip, alle barzellette, tutte cose così superficiali che appagherebbero solo i più scialbi fra noi.
Ricapitolando:
assenza di oggetti d’amore + necessità di relazioni personali -> banchetti socializzanti -> sovrappeso o alimentazione nevrotica.
In sostanza come chi, per solitudine, insoddisfazione o altra condizione psicologica negativa, non sa resistere e svuota il vasetto di Nutella, per public relation la maggioranza della gente non sa fare altro che mangiare. Se non si comprende il flusso logico sopraevidenziato, sono abbastanza inutili i servizi che i media continuano a propinarci sul sovrappeso, quando mai si condanna l’uso socializzante del cibo.