Per chi non lo conoscesse, spieghiamo subito che cos’è il paradosso francese.
- I francesi sono grandi consumatori di formaggi e di burro.
- L’incidenza delle malattie cardiovascolari in Francia è minore che in altri Paesi.
- I francesi sono grandi consumatori di vino rosso.
- Quindi il vino rosso proteggerebbe le arterie e si spiegherebbe che, nonostante 1), si verifichi 2.
Il paradosso francese è stato usato da produttori, sommelier e persino medici (ovviamente bevitori) per perorare l’impiego del vino a tavola (si ricordi la lotta che l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) ha dichiarato al vino). Qui ci preme solo sottolineare come il paradosso francese sia confrontabile sul piano scientifico ai rimedi della nonna. Nessun medico che si professa uomo di scienza dovrebbe trattarlo seriamente. Infatti, a prescindere dal contesto, nel ragionamento sono impliciti errori logici enormi e inaccettabili per una mente scientifica.
Infatti per provare che da 1) e da 3) discenda 4 occorrerebbe esaminare (cosa che non è mai stata fatta) quattro insiemi di francesi statisticamente significativi (diciamo almeno centomila persone per insieme, scelte in modo statisticamente ineccepibile in tutta la Francia) che rispondano alle seguenti caratteristiche:
- consumatori di formaggio – bevitori
- consumatori di formaggio – non bevitori
- non consumatori di formaggio – bevitori
- non consumatori di formaggio – non bevitori.
Poi si verifica l’incidenza delle malattie cardiovascolari nei vari insiemi e si traggono le conclusioni. È invece risibile buttar lì la proposizione 3 e pretendere che la proposizione 4 sia corretta. Proviamo a sostituire la 3 con:
I francesi parlano con la erre moscia.
Un aspirante premio Nobel potrebbe dedurre che
poiché i francesi, pur mangiando molti formaggi grassi e molto burro, hanno un’incidenza minore di malattie cardiovascolari, significa che parlare con l’erre moscia preserva il cuore dalle sue patologie!
Fin qui la logica. Andiamo oltre ed entriamo nel merito della faccenda, analizzando come sia infantile il ragionamento del paradosso francese.
Il resveratrolo – Alcuni studiosi hanno cercato di dare una parvenza di credibilità al paradosso francese. Sono nate pertanto ricerche che dimostravano che un bicchiere di vino farebbe bene al cuore, peraltro prontamente smentite da altre che dimostrano che la vita media dei bevitori “normali” è inferiore a quella dei non bevitori. Le ricerche sull’utilità del bicchiere di vino non vanno altro che nella direzione di riscuotere il plauso dei produttori di vino e di quella parte della popolazione che non sa rinunciare: sono informazione soft.
La sostanza che salverebbe il cuore è il resveratrolo, contenuto nell’uva nera e osannato dai produttori di vino come grande antitumorale perché nemico dei radicali liberi. Perché il resveratrolo possa avere effetto, deve avere una concentrazione nel sangue consigliata di almeno 10 mg/l (Yu e al., 2003). In altri termini deve circolarne nel nostro corpo circa 50 mg. La buccia dell’acino di uva rossa contiene circa 50-100 microgrammi di resveratrolo/grammo di peso secco e la sua concentrazione nel vino rosso è dell’ordine di 0,3-0,5 mg/l. In altri termini, dobbiamo bere circa 20 litri di vino al giorno (ammesso che il resveratrolo abbia una vita media di ben 24 ore!) per avere una protezione pari a quella che si ha nelle ricerche che lo hanno promosso. Si capisce come una dose di 1,5 l (già disastrosa per i danni epatici che provoca) sia dieci volte inferiore a una dose terapeutica. Che cosa può fare? Chi ridurrebbe a 1/10 la quantità ottimale di un farmaco, sperando che faccia comunque effetto?

I formaggi sono accusati di favorire le malattie cardiovascolari, dimenticando che è la quantità di un cibo (qualunque esso sia) che spesso causa il problema
Notate che tali numeri giustificano certe statistiche datate che promuovevano il vino rosso come antiossidante. Infatti prima si beveva molto di più: ciò consentiva da un lato un maggior effetto del resveratrolo e dall’altro una scarsa incidenza delle patologie cardiovascolari perché i danni epatici e nervosi dell’alcol erano una causa di morte che “preveniva” la morte per infarto.
Ovviamente sono infinite le ricerche che dimostrano i danni dell’alcol e che la quanità di alcol tollerabile è molto inferiore a quella suggerita dai produttori.
I francesi e il cuore – L’informazione che circola è che i francesi “muoiono di meno”. Provate a chiedere a un medico la mortalità per malattie cardiovascolari in Italia e in Francia e nel 99% dei casi non avrete risposta.
Con questo esempio non si vuole indicare l’ignoranza del medico (questi dati non sono facilmente ottenibili e/o memorizzabili), ma soprattutto l’inconsistenza della frase “si muore di meno”. Se si analizzano i dati si scopre che in Francia ci sono 178 decessi per malattie cardiovascolari (ogni 100.000 abitanti), contro una media europea di 267 e una punta massima in Ungheria di 587 decessi!
Se si analizza poi la vita media si scopre sì che l’Ungheria è all’ultimo posto con 70 anni circa, ma che la Francia non è al primo, ma al terzo posto con 78,89 anni contro gli 82,31 anni della Spagna dove la mortalità per malattie cardiovascolari è di 229 decessi per 100.000 abitanti; tra parentesi la Spagna è il paese dove si fuma di più, cosa che messa in relazione con la maggior vita media, con la stessa logica del paradosso francese dovrebbe far concludere che il fumo fa bene! In realtà, analizzando meglio i dati si scopre che l’aspettativa di vita media in salute degli spagnoli è molto bassa rispetto agli altri popoli europei, a causa del fumo.
In altri termini, la popolazione spagnola vive a lungo perché la parte della popolazione che non fuma alza molto la media di quelli che fumano i quali però riducono drasticamente il valore della vita media in buona salute. Questo balletto di cifre dimostra come si debba procedere con cautela quando le variabili in gioco sono centinaia: visto che la vita media dei francesi non è la massima si può anche ipotizzare che l’incidenza minore delle patologie cardiovascolari sia dovuta proprio alla morte per altre cause, non ultime quelle di danni epatici da alcol.
I francesi e il sovrappeso – Un esame attento del problema dovrebbe valutare tutte le componenti di rischio delle patologie cardiovascolari, fumo e sovrappeso in primis. Per esempio, i francesi hanno una percentuale di sovrappeso (non di obesità che è una malattia e riguarda per fortuna una parte minore della popolazione) decisamente inferiore rispetto agli italiani. Non è questa la sede ove analizzare i motivi, ma è indubbio che passeggiando per le vie francesi ci si accorge anche a occhio del dato statistico riguardante il sovrappeso. Ecco pertanto altre esposizioni del paradosso francese che farebbero arrabbiare i nutrizionisti più tradizionali, ma che sono altrettanto valide come quella originaria.
Mangiare formaggi grassi e burro non fa male al cuore, tant’è che i francesi hanno la minor incidenza di patologie cardiovascolari.
Mangiare formaggi grassi e burro non provoca sovrappeso, tant’è che i francesi hanno una percentuale di sovrappeso inferiore agli italiani che usano l’infallibile dieta mediterranea.
Morale: chi semplifica troppo i problemi spesso rischia di scendere nel ridicolo.