In questo articolo cercheremo di scoprire chi sono gli ortoressici e perché non si deve esserlo.
Che cosa hanno in comune un giapponese, un americano, un italiano e un tedesco dal punto di vista alimentare? Tutti risponderebbero: nulla o ben poco. In realtà non è così. Analizziamo i seguenti quattro punti.
- I loro Paesi sono altamente industrializzati e le notizie salutistiche possono circolare velocemente.
- I loro Paesi hanno un’aspettativa di vita paragonabile:scientificamente secondo l’Organizzazione Mondiale della sanità, 2020, Giappone > 84,3, Italia > 83, Svezia > 82,4, Germania > 81,7, Stati Uniti > 78,4. La differenza fra i primi quattro Paesi è minima, non sono certo uno o due anni che possono essere significativi in un discorso generale. Spesso citati (anche giustamente) come Paese dove si mangia molto male, gli Stati Uniti hanno un’aspettativa di vita di 4,6 anni inferiore a quella italiana, significativa, ma ciò vuol dire semplicemente che l’alimentazione conta, ma non è certo la panacea di tutti i mali.
- Il sovrappeso è un grave problema in tutti i Paesi considerati.
- È pur vero che le abitudini alimentari sono molto diverse fra i vari Paesi.
Sintetizzando quest’ultima considerazione con i tre punti precedenti, si scopre che è veramente utopistico creare un modello alimentare globale a partire dalle abitudini di una determinata popolazione. Non bastano cioè indicazioni generiche sui cibi o sulle abitudini alimentari per ottenere risultati significativi e sono perciò destinate al fallimento e alla confusione alimentare quelle diete che sono prive di aspetti quantitativi formalizzati.
Il giapponese che si nutre di pesce o l’italiano che si nutre di pasta arriveranno comunque al sovrappeso perché l’indicazione è troppo generica.
L’evidenza degli insuccessi di indicazioni generiche ha fatto nascere modelli alimentari sempre più sofisticati.
Attualmente nei Paesi industrializzati la popolazione si può dividere in tre fasce:
- chi segue un modello alimentare preciso e ha una educazione alimentare sviluppata (a prescindere dalla correttezza del proprio modello);
- chi si lascia guidare da informazioni avute da altri senza capire;
- chi non segue nessun modello alimentare.
Gran parte del terzo insieme può entrare a far parte temporaneamente del secondo nei periodi in cui, per esempio, decide di seguire una dieta.
È abbastanza ovvio che se la maggior parte della popolazione appartiene agli insiemi 2 e 3 i risultati sono globalmente disastrosi ed è purtroppo ciò che accade nella realtà. C’è quindi da chiedersi perché l’insieme 1 sia così poco numeroso. La risposta è abbastanza semplice: le attuali teorie alimentari non sono in grado di proporre un modello:
- preciso
- coerente
- concreto
- compatibile con la qualità della vita.
Il perché dei fallimenti – In realtà i sostanziali fallimenti dei vari modelli nascono dall’incapacità di armonizzarsi con la psicologia alimentare della massa.
Per capirne il motivo, dobbiamo capire cosa sia l’ortoressia, l’ossessione maniacale per i cibi sani. Molti comportamenti giudicati normali sono in realtà ortoressici:
è ortoressico chiunque abbia una posizione integralista in alcuni aspetti della propria alimentazione.
Purtroppo i modelli alimentari attuali sono in gran parte ortoressici (in senso lato) e non sono in grado di catturare la maggioranza della popolazione (che ortoressica non è), se non marginalmente. Vediamo come i vari modelli si possano inquadrare in una tale visione.
Gli ortoressici positivi
L’esempio classico di ortoressia positiva è rappresentato dalla dieta mediterranea. Ci sono alimenti buoni che vanno spinti e altri meno buoni che devono essere limitati. È la forma di ortoressia più accettabile: l’aspetto maniacale non sta nell’opporsi a certi cibi, quanto nel promuoverne euforicamente alcuni oltre i loro effettivi meriti. Un dietologo mediterraneo esalterà oltre misura i pregi di frutta, verdura, olio d’oliva, pasta ecc. Suggerirà di evitare il burro e i grassi animali, di moderare la carne rossa ecc. Il più delle volte crea nell’interlocutore l’illusione che basti mangiare i cibi “buoni” per arrivare alla salute.
Cosa non va – La mancanza di indicazioni quantitative disillude ben presto il soggetto: pur mangiando cibi buoni non ha una buona salute, in particolare è in sovrappeso.
Gli ortoressici salutisti
Sono gli ortoressici classici, quelli della definizione originale di Bratman. È il caso dei vegani per motivi alimentari, dei puristi, di chi segue la dieta del gruppo sanguigno o la macrobiotica e di tutti coloro che eliminano ampie categorie di cibi ritenendoli dannosi, a prescindere da ogni riscontro scientifico.
Cosa non va – In molti di questi modelli manca rigore scientifico; inoltre, solo una piccola parte della popolazione può accettare pesanti vincoli sulla propria alimentazione per benefici promessi, ma non provati. Inoltre molto spesso alcuni aspetti del modello (troppo singolari) ne inficiano altri degni di essere considerati (metodo Kousmine).

I vegani per motivi alimentari rientrano nella categoria degli ortoressici salutisti
Gli ortoressici etici
Sono rappresentati da vegetariani (per motivi etici e non per motivi alimentari: i vegetariani che sono tali perché ritengono che la carne faccia male rientrano nell’ortoressia salutistica), da vegani per motivi etici (non consumano prodotti animali derivanti dall’allevamento perché ritengono esecrabili le condizioni degli animali in cattività) e da tutti coloro che escludono ampie categorie di alimenti per motivi etici, spirituali o religiosi.
Il concetto di “ampia categoria” è fondamentale: non si considera ortoressico un regime che esclude gruppi molto ristretti di alimenti.
Cosa non va – Molti vegetariani o vegani etici ritengono che la loro sia una “scelta personale” e che quindi non andrebbe discussa e criticata. In realtà:
a) un modello che la maggior parte della popolazione non segue (e non vuole seguire) non può essere una risposta ai problemi dell’alimentazione;
b) il punto precedente per un ortoressico etico è poco importante perché, secondo lui, la sua è una “scelta personale”. In realtà, non è così. Ogni scelta etica è una scelta che interessa la collettività. Infatti, chi sceglie tenderà inevitabilmente a rendere la società affine alla sua idea (è etica!). Se non ci riesce è soltanto perché è in minoranza. Nel nostro caso è ovvio che se la scelta è etica, si tenderà ad abolire tutto ciò che è in contrasto con essa (macellazione degli animali, caccia, pesca, importazione di carni e di pesce fino ad arrivare, nel caso dei vegani etici, all’abolizione degli allevamenti di animali).
Gli ortoressici demonizzanti
Sono tutti coloro che demonizzano un cibo o un insieme di cibi a scopo salutistico o per aiutare il dimagrimento (sono ortoressici qualitativi). Esempi di ortoressia demonizzante sono il metodo Montignac e tutti quei modelli che demonizzano l’indice glicemico.
Gli ortoressici quantitativi
Sono tutti coloro che propongono modelli alimentari con la semplice finalità di dimagrire. Esempi tipici di ortoressia quantitativa sono le diete dei giornali femminili che durano lo spazio di un numero o le più consolidate diete iperproteiche. A prescindere dai sacrifici che il soggetto deve fare a causa della dieta, hanno il principale difetto nella loro stessa definizione: sono diete transitorie. L’ortoressico quantitativo è perennemente a dieta pur essendo sempre in sovrappeso!
Cosa non va – Il concetto di “dieta per dimagrire” è punitivo e su di esso non si può certo impostare una strategia a lungo termine che assicuri la salute del soggetto. Se suscitano interesse, queste diete vengono spesso abbandonate non appena il soggetto si accorge che non può gestirle all’infinito.

Le diete iperproteiche sono esempi di ortoressia quantitativa
Gli ortoressici globalizzanti
Con un termine oggi di moda, il globalizzante è colui che applica concetti che funzionano su pochi individui alla generalità della popolazione nell’ottimistica speranza che ciò sia vero. È il caso di coloro che propugnano le diete dissociate.
Cosa non va – Per la loro stessa genesi, i regimi alimentari globalizzanti non ottengono risultati che su gruppi molto ristretti della popolazione e quindi per le fasce rimanenti restano poco più che una curiosità.
Gli ortoressici matematici
È una nuova tipologia che comprende tutti coloro che propongono modelli alimentari che hanno cercato di opporsi al pressapochismo dei modelli non quantitativi. Ne sono esempi la dieta a zona (anche nella versione italiana) o le teorie di Udo Erasmus sui rapporti fra acidi grassi essenziali. Partendo da ipotesi scientifiche (spesso non del tutto dimostrate), si costruisce un modello alimentare talmente complesso che spesso è abbastanza facile mostrarne le contraddizioni.
Cosa non va – Spentosi l’entusiasmo iniziale dovuto all’euforia di partecipare a qualcosa di scientifico e di innovativo, le difficoltà quotidiane di seguire il modello vanificano gli eventuali pregi dei modelli adottati. Molti di quelli che dichiarano di aderire al modello in questione spesso lo adattano alla loro alimentazione, snaturandolo completamente. Gli aspetti numerici sono allo stesso tempo il fascino e il limite del modello (incoerenze e impraticabilità).
Perché non essere ortoressici
Dopo questa semplice panoramica è chiaro che chiunque voglia dire qualcosa di nuovo nell’ambito dell’alimentazione deve utilizzare una visione non ortoressica. Per farlo basta correggere i difetti delle varie classi. Nasceranno spontaneamente alcune regole molto importanti.
1) Per chi è normopeso, non esistono cibi buoni e cibi cattivi. Una sostanza che è comunque e sempre cattiva non si può ritenere un cibo, a tutti gli effetti è un veleno.
2) Chi mangia male vivrà peggio, ma è ottimistico sperare di essere immuni dalle malattie mangiando benissimo – Significa che è importante evitare i gravi errori alimentari, ma l’alimentazione non può, da sola, assicurarci la salute. Per esempio, la genetica sta sempre più dimostrando che “siamo anche ciò che nasciamo”, non solo ciò che mangiamo.
3) Un modello alimentare per essere valido deve poter essere seguito per tutta la vita da qualunque persona sana.
4) I dati numerici del modello devono essere tali da poterlo gestire compatibilmente con la qualità della vita di chi lo segue – In altre parole, i numeri devono essere solo quelli veramente necessari e devono consentire una certa flessibilità. Nei confronti del cibo ogni soggetto ha una reazione diversa (per esempio l’assorbimento di una certa sostanza) e i cibi stessi hanno caratteristiche che possono variare nel tempo (per esempio il grado di maturazione di un frutto), dipendere dalla varietà o dalla marca, dal metodo di produzione e/o di conservazione ecc. È abbastanza inutile cercare di calcolare tutto con la calcolatrice quando i dati di partenza sono approssimativi!
5) Scopo principale del modello è la sconfitta del sovrappeso concependo il cibo come un concetto positivo: mangiare bene è un diritto, non un peccato – È abbastanza ottimistico pensare di poter sconfiggere malattie come il cancro, l’AIDS, la sclerosi multipla ecc. solo con l’alimentazione. Nessuno ci è riuscito. Se si fermasse il sovrappeso, si eliminerebbe uno dei principali fattori di rischio in patologie gravi e diffusissime. Accontentiamoci di questo grosso successo.