L’educazione alimentare è la piena consapevolezza di cosa e quanto mangiare per essere sani e vivere meglio. Solo con essa è possibile conciliare l’aspetto salutistico dell’alimentazione con quello sociale, che spesso coinvolge familiari, colleghi, amici, parenti ecc.
Questo è quindi uno degli articoli cardine del sito perché riassume le esperienze di diversi anni nell’orientare chi ci ha chiesto come si può migliorare la propria alimentazione. È anche la risposta a chi spera di risolvere tutto rivolgendosi al dietologo. Il dietologo è un serio professionista che dovrebbe essere impiegato per casi realmente gravi. Cioè:
l’obesità si cura con il dietologo, il sovrappeso con l’educazione alimentare.
Il motivo di questa affermazione è semplice: le risorse che un dietologo offre a un cliente non sono in grado di risolvere i piccoli problemi che generalmente sono la causa principale del sovrappeso. Il sovrappeso è spesso il risultato di una miriade di piccoli comportamenti errati; con poco tempo a disposizione per le visite, con programmi alimentari standard (spesso computerizzati) e con consigli non personalizzati si possono rimuovere (spesso solo temporaneamente) solo alcuni dei problemi.
Già, ma da dove partire per il proprio viaggio? Il mio consiglio è di iniziare capendo la differenza fondamentale fra scienza dell’alimentazione e dietologia.
La dietologia è una branca della scienza dell’alimentazione che ha come scopo la formulazione di norme alimentari per preservare o restaurare lo stato di salute del soggetto. Attualmente il termine ha assunto un significato più ristretto, intendendo spesso l’insieme delle regole alimentari necessarie per ottenere e mantenere il peso forma del soggetto.
Perché la differenza è fondamentale? Perché troppo spesso si pensa che mangiare sano (lo scopo della scienza dell’alimentazione, che tende spesso ad analizzare i cibi singolarmente senza una visione d’insieme) voglia dire mangiare bene. Niente di più errato.
Un insieme di cibi sani non fa un’alimentazione sana.
Infatti si può eccedere per quantità (come accade a chi segue la dieta mediterranea senza una limitazione dell’apporto calorico) oppure per varietà (assumendo troppe proteine o troppi carboidrati o troppi grassi, avendo cioè un’alimentazione sbilanciata).
Capita la differenza, si può partire.

L’educazione alimentare non può prescindere dalla ripartizione dei macronutrienti giornaliera ideale: carboidrati: minimo 45%, proteine: minimo 15%, grassi: minimo 25%
FASE 1
Per avere un ottimo rapporto con il cibo e non vederlo come nemico è necessario:
non demonizzare nessun cibo.
Quello che conta è la quantità assunta nel nostro piano, ma eliminare del tutto alimenti o classi di alimenti per aderire a linee di pensiero è scientificamente discutibile. A turno ogni cibo è stato demonizzato (carne, latte e formaggi, verdure a foglia larga, zucchero, dolci, grassi animali, uova ecc.) credendo ingenuamente di trovare la salute eterna. In realtà, dal punto di vista scientifico, ogni eliminazione si risolve in una castrazione delle proprie possibilità alimentari, ingenerando nuovi problemi.
Non demonizzare nessun cibo vuol dire non escludere cibi che comunque piacciono solo sperando che la propria vita possa migliorare. L’alimentazione non cura tutto, anzi spesso non cura nulla. Si noti la finezza logica: chi mangia male sicuramente vivrà male, ma chi mangia bene non può sperare di essersi assicurato il paradiso. Mangiare male vuol dire:
a) nutrirsi con non-cibi, cioè con sostanze elaborate chimicamente;
b) andare in sovrappeso.
E le intolleranze? A prescindere dal peso scientifico del concetto di intolleranza alimentare, eliminare un cibo (che piace, se non piace l’eliminazione è ovviamente sensata) dalla propria dieta è un classico esempio della strategia errata della fuga. Ho parlato con molti “intolleranti” che (dopo test antintolleranze dai nomi fantasiosi) si dicevano contenti di aver migliorato la qualità della loro digestione dopo aver eliminato il tal cibo o il tal altro. Ovvio che non si trattava di intolleranza nel senso classico del termine, ma solo di cattiva gestione dell’alimento da parte del proprio apparato digerente. Eliminare il cibo (spesso si trattava di intere categorie) poteva essere una soluzione, ma era quella sbagliata. Infatti l’individuo rimaneva comunque debole, sempre fragile. La strategia giusta era invece di abituarsi poco a poco al cibo, amandolo nel modo corretto, inquadrandolo in un corretto stile di vita invece che amarlo in modo eccessivo o odiarlo. È come se una persona eliminasse ogni attività fisica perché una corsetta provoca il fiatone, fa sudare, fa palpitare troppo il cuore, fa male ai muscoli ecc. Anche il nostro apparato digerente va educato ad apprezzare ogni cibo. Perché prima o poi ci si imbatte comunque nel cibo o nei cibi “incriminati”, magari senza saperlo. A meno di non diventare fobici e controllare maniacalmente tutti gli ingredienti dei cibi che mangiamo…
FASE 2
Dovrebbe essere ormai chiaro che per andare avanti occorre capire cosa si mangia e quanto si mangia.
Ogni educazione alimentare deve arrivare alla definizione del proprio fabbisogno calorico giornaliero.
Quante persone lo conoscono? In effetti la percentuale non è bassa, ma molti si affidano a indicazioni generiche (generalmente abbondanti) provenienti da un dietologo che non vuole punire il cliente con diete troppo restrittive o da tabelle ormai obsolete. Il vero fabbisogno quotidiano è quello che ci permette di conservare il nostro peso forma, non quello che dicono libri ed esperti.
FASE 3
Il passo successivo è quello di essere in grado di:
controllare la propria assunzione quotidiana di cibo.
Se molti sanno che suppergiù il loro fabbisogno è di tot kcal (o calorie, volgarmente parlando), pochi sanno quante ne assumono durante la giornata. Occorre pertanto:
- essere in grado di leggere un’etichetta nutrizionale;
- saper consultare le tabelle delle calorie.
L’investimento di tempo è minimo, ma si tratta di un vero e proprio studio. Nel giro di qualche settimana si sarà in grado di ricordarsi le informazioni principali. Senza di esse non è possibile evitare grossolani errori alimentari. Per esempio, chi sa che 60 g di crostata di mele sono equivalenti caloricamente a 100 g circa di panna montata fresca o a 250 g di carne magra?
FASE 4
A questo punto caloricamente ci siamo, ma i cibi non sono tutti uguali: occorre capire di cosa sono fatti, riferendosi ai tre mattoni principali, carboidrati, proteine e grassi. A questo punto è molto facile che ci si orienti verso una dieta che privilegia una certa ripartizione dei macronutrienti. Ognuno deve andare per la propria strada. Noi abbiamo scelto la dieta italiana, nello spirito di avere un’alimentazione veramente molto equilibrata.
In ogni caso per progredire è necessario che:
ognuno identifichi la propria alimentazione con la ripartizione dei macronutrienti.
Nutrirsi con l’80% di carboidrati non è come nutrirsi con il 50%.
FASE 5
Una buona educazione alimentare permette di conoscere i non cibi e gli additivi sospetti.
I non cibi per eccellenza sono la margarina e/o grassi /oli vegetali idrogenati. Queste sostanze, oltre a 30.000 morti all’anno (dato USA) per incidenti cardiovascolari, sono sicuramente responsabili di molte altre patologie. Di natura chimica, non sono ben riconosciute dal nostro corpo. Inoltre la loro presenza è indice di prodotti di scarsa qualità (come anche la dizione generica, e meno grave, di grassi/oli vegetali con la quale non si ha di solito il coraggio di dire che si usa olio di palma, olio di cocco, olio di colza ecc.).
Mi è capitato di soggiornare in un hotel per anziani. Servivano brioche fatte con margarina che scadevano a due mesi e fette biscottate il cui secondo ingrediente (dopo la farina) erano oli vegetali idrogenati. Un signore dice alla moglie:” guarda, queste brioche devono essere molto genuine, hanno scadenza brevissima, due mesi”. Intromettendomi, faccio notare che la margarina si usa per avere tempi di scadenza molto lunghi: “Sono fatte con margarina, quindi sono state fatte almeno un anno fa. Probabilmente sono fondi di magazzino che il fornitore ha svenduto prima della scadenza del prodotto”. Gli additivi sospetti sono pochi e basta leggere la nostra carta degli additivi per conoscerli ed evitarli.
Per chi ne avesse bisogno e volesse passare dal teorico al pratico consigliamo: