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Dieta italiana: il k

Nella stesura della dieta italiana è stata fondamentale la definizione del fabbisogno calorico giornaliero del soggetto. Classicamente, si potrebbe partire dal metabolismo basale e poi aggiungere il consumo da attività. Purtroppo, il fabbisogno da attività è il più delle volte decisamente sovrastimato e che la gran parte delle persone oggi è purtroppo sedentaria. Si può pertanto definire un fabbisogno calorico giornaliero da sedentario (FCQS) che comprende il metabolismo basale del soggetto e il consumo per le attività tipiche di un sedentario che, per esempio, lavora in ufficio, va al lavoro in macchina o con i mezzi, la sera guarda la televisione ecc. Insomma una persona che non fa lavori caloricamente dispendiosi (lavorare al computer, stirare, cucinare, innaffiare il giardino possono essere attività molto “faticose”, ma che fanno spendere pochissimo!) e che compie un tragitto inferiore ai 2 km al giorno a piedi.

Vale la formula:

k*(alt in m)2

dove k vale 600 per gli uomini e 540 per le donne.

Il dato interessante di tale formula è che può essere usata anche come formula standard per impostare il regime calorico di partenza per un soggetto sovrappeso che vuole dimagrire. Infatti la formula (come quella del metabolismo basale) considera il nutrimento della sola parte magra del soggetto.

Le approssimazioni – Ovviamente tale formula è una media sulla popolazione, una media dei casi che si sono inizialmente osservati (circa un centinaio) ed è stata confermata dall’esperienza di questi ultimi anni. La curva di distribuzione dei fabbisogni calorici giornalieri dei soggetti sedentari (QS) è una gaussiana con una deviazione standard di circa 75 (67,5 per le donne) nel valore del k. Ciò significa che il 95% dei soggetti sani ha un k compreso fra 450 e 750 (per le donne fra 405 e 675), con 600 come dato più probabile. Vale a dire che un soggetto maschio alto 175 cm ha un QS compreso fra 1.400 e 2.300 kcal con un valore centrale di 1.850 circa.

La varianza non deve però spaventare; chi conosce la curva gaussiana sa che gli “estremi” indicati valgono per una percentuale abbastanza piccola di persone. Sono comunque spiegabili e comunque la formula nella sua versione centrale, oltre che essere fondamentale per chi vuole dimagrire (chi è in sovrappeso si alimenta sempre con valori molto più elevati), è importante come dato di partenza per un calcolo del proprio fabbisogno calorico giornaliero.

Perché il k varia

È interessante conoscere i fattori che possono spostare (in un verso o nell’altro) il valore centrale del k.

Farmaci e integratori – Non esistono integratori alimentari in grado di variare significativamente il k. Le bufale su aminoacidi che stimolano l’ormone della crescita o simili possono essere credute solo da chi ha scarso spirito critico. Idem dicasi delle pillole bruciagrasso che vengono ottimisticamente acquistate per cambiare vita.

Esistono invece farmaci (quindi si deve fare i conti con possibili potenti effetti collaterali) che possono far variare significativamente il k, anche dell’ordine di 100 unità: amfetamine o corticosteroidi (non tutti i cortisonici per esempio fanno ingrassare, alcuni, come il triamcinolone, fanno dimagrire). Questo fatto può far pensare che il k sia legato al quadro ormonale del soggetto che, nella popolazione dei soggetti sani, ha una certa variabilità. Va da sé che se il k è troppo basso (come, per esempio, in coloro che sono affetti dalla tiroidite di Hashimoto, una patologia spesso non diagnosticata perché non particolarmente penalizzante, soprattutto se in forma lieve) o troppo alto (come in altre patologie tiroidee o in soggetti con alti valori di cortisolo), il soggetto non può essere considerato sano.

La formula indica quindi anche un range di normalità ormonale dell’individuo, normalità che si manifesta in una corretta risposta dell’organismo al cibo.

Dieta italiana: il k

Non esistono integratori alimentari in grado di variare significativamente il k

Massa muscolare – Una massa muscolare superiore alla media aumenta il valore del k perché i muscoli devono essere nutriti. Questo concetto è stato pompato a dismisura nelle palestre per proporre uno stile di alimentazione esageratamente calorico. In realtà, i veri body builder con tanti muscoli e poco grasso sono pochissimi nella popolazione. Per motivi ormonali, chi svolge un’attività con i pesi senza ricorrere ad aiuti illeciti ha masse muscolari grandi, ma mai esagerate e, se è ormai adulto, spesso non è perfettamente definito (cioè i muscoli portano con sé un po’ di grasso).

Attività fisica – La motivazione teorica sta nel concetto che un’attività anaerobica innalza il metabolismo basale; in realtà questo fattore è ininfluente per il sedentario o per chi svolge una moderata attività fisica. Infatti, affinché ci sia l’innalzamento del metabolismo basale, il lavoro anaerobico deve essere molto frequente, essendo del tutto ottimistico sperare che una sola seduta settimanale possa alzare il metabolismo in modo costante e significativo. Molte persone tendono a confondere il lavoro anaerobico con quello con i pesi e sono quindi convinte che si possa lavorare anaerobicamente ogni giorno.

Ovviamente un lavoro veramente anaerobico produce sempre una certa quantità di lattato e solo chi è allenato (o molto giovane) riesce a reggere alle sensazioni tipiche di un lavoro anaerobico (per esempio il cosiddetto fiatone). Il sedentario che tenta di dimagrire non è in grado di compiere un lavoro anaerobico decente; inoltre questo porta verso frequenze cardiache elevate; anche ammesso che psicologicamente il soggetto le regga bene, è contro ogni logica allenante spingere un individuo poco allenato verso tali frequenze. Si otterrebbe il risultato di affaticarlo e di ridurre il suo volume sportivo globale.

Età – Poiché varia il quadro ormonale, si trova che il k trasla con l’età verso il basso. Per esempio, il valore centrale di normalità per la popolazione maschile fra i 50 e 60 anni è 550.

Dieta ipocalorica – La riduzione del metabolismo è uno dei cavalli di battaglia dei nutrizionisti che “odiano” le calorie. Il loro ragionamento è più o meno il seguente. Un soggetto, con fabbisogno calorico di 2.000 kcal per mantenere invariato il peso, ingrassa; per dimagrire adotta un regime calorico di 1.400 kcal, riuscendo a tornare al peso precedente, supponiamo, dopo un mese. Purtroppo il suo corpo si è adattato a un regime più spartano e ora, per mantenere tale peso, è necessario usare un FCQ minore rispetto alle 2.000 kcal.

A queste considerazioni qualitative è necessario rispondere scendendo un po’ più in dettaglio:

  1. I fabbisogni che mantengono corpi magri secondo le tabelle vecchio stile sono esagerati, quindi se il nostro soggetto si ritrova con un fabbisogno di 1.900 kcal e non più di 2.000 si è solo evoluto verso una visione più moderna dell’alimentazione.
  2. Affinché una dieta ipocalorica provochi un rallentamento del metabolismo è necessario che essa venga protratta per un periodo che va da sei mesi a qualche anno, a seconda di quanto è lontana dalla normalità. Una dieta ipocalorica corretta provoca un rallentamento praticamente ininfluente. Quello che non capiscono i detrattori delle calorie è che se si fa una dieta ipocalorica corretta e si scende di peso, il nuovo FCQ è minore semplicemente perché il peso è sceso!
  3. Se fra i fattori negativi del rallentamento metabolico c’è una certa stanchezza (se la restrizione è troppo drastica, per esempio inferiore a oltre il 30% dell’FCQ normale, è come se il corpo andasse in letargo), fra quelli positivi c’è sicuramente il fatto che l’organismo può iniziare a funzionare veramente bene. Avere bisogno di meno per vivere è una condizione di efficienza, non di malattia: nessuno condannerebbe il fatto che un’automobile, a pari velocità, consumi di meno! Non a caso tutte le teorie, ormai scientifiche, che sostengono che la restrizione calorica allunga la vita si basano sul fatto che, consumando di meno e a pari capacità di smaltimento (ricordo che l’attività sportiva aumenta la capacità di smaltimento dei radicali liberi), si producono meno radicali liberi, meno scorie e gli organi sono in generale meno affaticati.

Se si esaminano attentamente i punti sopraccitati si può notare come per un soggetto sedentario, sano, sotto ai 50 anni è veramente difficile dire di non riuscire a dimagrire perché ha il metabolismo basso. Per una donna alta 160 cm, anche una variazione di 50 nel k si traduce in sole 128 kcal, una quantità banalmente gestibile con un po’ d’attenzione.

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