Cibo ed economia è un argomento interessante e decisamente attuale visto il momento di notevole crisi economica che il nostro e altri Paesi stanno attraversando da alcuni anni a questa parte.
Non è un caso che da qualche anno fa in Grecia, uno dei Paesi più duramente interessati dalla crisi, sia divenuta operativa la direttiva governativa che permette ai dettaglianti di continuare l’esposizione (a prezzi scontati) dei prodotti alimentari che riportano la dicitura “Da consumare preferibilmente entro” anche dopo che si è superata la data di scadenza.
C’è una certa analogia con i risultati di uno studio relativamente recente (Programma 2013-2015 per l’orientamento dei consumi e l’educazione alimentare in Emilia-Romagna); secondo gli autori le ristrettezze economiche che stanno interessando sempre più persone non hanno provocato una riduzione del cibo assunto (con conseguente diminuzione dell’introito calorico, cosa che in determinati casi poteva essere anche auspicabile), bensì una netta variazione delle abitudini alimentari che sembrano essere decisamente peggiorate a livello qualitativo; in altri termini, molti di coloro che hanno visto ridursi il proprio potere di acquisto hanno preferito sacrificare la qualità alla quantità.
E il cibo buttato?
Difficile affrontare l’argomento cibo ed economia senza accennare al cibo che viene inutilmente sprecato. Una ricerca del 2012 condotta dal Politecnico di Milano (Dar da mangiare agli affamati. Le eccedenze alimentari come opportunità; Garrone, Melacini e Perego), e considerata come il primo vero studio scientifico sul cibo sprecato, ha messo in evidenza cifre allarmanti.
Secondo gli autori, nell’intera filiera agro-alimentare del nostro Paese, a partire dal produttore fino ad arrivare al cliente finale, si registra uno spreco di circa 6 milioni di tonnellate di cibo all’anno (circa il 17% dei consumi annui per un valore quantificato in 12,3 miliardi di euro di cibo consumabile, di cui 6,9 relativi ai consumatori finali).
Relativamente al cliente finale stiamo parlando di circa 42 kg pro capite di avanzi che non vengono riutilizzati o di cibi scaduti (circa 117 euro all’anno, ovvero, considerando una famiglia media – 2,5 componenti – 300 euro circa).
Lo spreco di cibo, al di là di considerazioni di carattere etico, rappresenta anche un notevole costo per le aziende che sono chiamate a smaltirlo, senza contare che costituisce un elemento di inquinamento ambientale non indifferente.
Secondo gli autori, circa il 32% dei prodotti alimentari che vanno sprecati vengono successivamente smaltiti nelle discariche. Soltanto un 6% circa delle eccedenze alimentari viene recuperato per essere distribuito alle cosiddette food bank o agli enti caritativi.

La sensibilizzazione verso lo spreco alimentare sta aumentando e si stanno diffondendo associazioni e app per diminuire la quantità di cibo buttato sia in casa sia nei negozi e ristoranti
Cibo ed economia: gli errori più comuni
Aldilà dell’attuale crisi, è innegabile che il lato economico abbia sempre avuto un’importanza notevole nelle scelte dei cibi da acquistare; purtroppo errate convinzioni alimentari (ora unite agli oggettivi problemi economici di molte famiglie) si traducono spesso in errati comportamenti nella spesa di tutti i giorni. Vediamo gli errori più comuni che vengono commessi.
I prodotti di qualità costano – Non è affatto vero. È ovvio che il costo ha un peso importante, ma lo ha nella scelta della classe alimentare (per esempio se il caviale costa troppo lo si esclude senza problemi dalla propria dieta), non all’interno della classe. Scegliere sempre e comunque la marca che costa meno non è una saggia strategia. È necessario imparare a chiedersi: perché questo cibo costa meno? Con un po’ di attenzione si scopriranno velocemente le motivazioni: data di scadenza breve, conservanti, componenti di scarsa qualità ecc. Non serve nemmeno andare all’opposto e scegliere sempre il prodotto più caro come garanzia di qualità. L’importante è un giusto compromesso dove il costo è importante, ma non è la cosa più importante.
Oggi la produzione industriale, accanto a prodotti discutibili, ne sforna molti di alta qualità e su questi spesso vengono fatte campagne di lancio, sconti per quantità ecc. Chi si lamenta dei prezzi dovrebbe capire che fare la spesa tutti i giorni è decisamente antieconomico: meglio fare incetta di prodotti in offerta (basta un congelatore – un investimento che a medio termine può rivelarsi alquanto fruttuoso – per conservare i cibi deperibili), magari scontati del 30-40%, piuttosto che scegliere ogni giorno prodotti scadenti, ma meno cari rispetto al prezzo di listino di prodotti migliori. Il miglior tonno in offerta al 30% di sconto costa come un tonno scadente a prezzo pieno.
Se il prezzo è importante, è necessario sforzarsi di studiare le strategie commerciali dei vari esercizi commerciali. È intelligente trovare a meno prodotti ottimi, non spendere di meno in assoluto.
Alcuni alimenti sono inavvicinabili – Se si allude a branzini, salmone affumicato, culatello ecc. non si può negare che nell’affermazione vi sia del vero, ma dal punto di vista nutrizionale non è detto che sia migliore ciò che costa di più. Il tartufo è l’esempio più eclatante: anche quello più costoso ha proprietà nutrizionali praticamente nulle. È quindi necessario abituarsi a giudicare i cibi non in base alla moda più raffinata, ma prestando attenzione al loro vero valore nutritivo.
Il tonno o il salmone al naturale in scatola sono, da un punto di vista nutrizionale, altrettanto validi di orate e branzini e il salmone al naturale è decisamente migliore di quello affumicato (un prodotto peraltro costosissimo).

Il cibo e l’economia familiare sono strettamente legati, ma con oculatezza e consapevolezza si può mangiare bene anche spendendo poco
Frutta e verdura costano troppo – Non è necessario avere “fissazioni” su determinati prodotti, occorre invece essere piuttosto elastici e orientare le proprie scelte su frutta e verdura di stagione. Se i pomodori costano troppo, si comprino le zucchine o viceversa. Ci si ricordi inoltre che la surgelazione altera le proprietà del prodotto esattamente come il trasporto e la conservazione sul banco per i prodotti freschi.
A meno che non si coltivino frutta e verdura per conto proprio (del resto sono sempre di più le persone che, anche per motivi economici, accarezzano l’idea di iniziare a coltivare un proprio orto), probabilmente un prodotto surgelato è del tutto equivalente a uno fresco acquistato presso un punto vendita, ma raccolto diversi giorni prima.
Il prezzo non è tutto
Le calorie – Ovviamente non si può acquistare un prodotto di cui non si hanno indicazioni caloriche, soprattutto quando è un prodotto non standard (come invece per esempio lo sono lo zucchero o la verdura come le carote o gli spinaci).
È incredibile come grandi marche continuino a proporre prodotti senza etichetta nutrizionale. Alcune volte è perché ottengono prodotti migliori al gusto solo aggiungendo calorie, ma spesso è semplicemente una mancata sensibilità alimentare.
Un altro trucco a cui prestare attenzione è l’indicazione calorica per porzione: in genere dovrebbe favorire l’utente che sa per esempio che un gelato sono 160 kcal, ma dall’altro spesso fa passare per ipocalorici prodotti che in realtà sono particolarmente calorici approfittando del fatto che la porzione è molto ridotta (in altri termini: l’ipocaloricità è soltanto apparente). Fate sempre riferimento alle calorie per 100 g.
Nella ricerca delle calorie non si deve essere maniaci, bensì tenere conto anche delle proprietà organolettiche degli alimenti e del loro potere saziante. La marmellata, per esempio, può andare dalle 80 alle 260 kcal per 100 g. La prima è probabilmente poco di più di un succo di frutta, la seconda è una vera bomba calorica con tanto zucchero aggiunto. La soluzione probabilmente sta nello scegliere marmellate fra le 120 e le 160 kcal per 100 g.
Senza zuccheri, senza grassi, senza colesterolo ecc. – Troppe pubblicità invitano alla scelta del prodotto in base a una sua caratteristica che indica un’assenza di un componente che viene così demonizzato. Imparate a valutare l’importanza di questa assenza. Molto spesso è solo una trovata con cui si cerca di attirare chi ha una scarsa educazione alimentare.
L’eccesso di calorie, se introdotto sotto forma di grassi o di zuccheri, va sempre a trasformarsi in grasso. Che senso ha proporre biscotti senza zucchero o senza grassi se poi le calorie superano quelle di biscotti tradizionali?
Le versioni light – In alcuni casi (maionese, alcuni formaggi ecc.) i cibi light sono da preferirsi ai loro corrispondenti in versione “normale”, in altre (yogurt, biscotti) ecc. rientrano nel paragrafo precedente: sono meno calorici, ma sono prodotti utili? Non lo sono quando il prodotto diventa poco saziante e alla fine se ne mangia di più per non morire di fame. Per esempio, esistono yogurt light con pezzi di frutta abbastanza sazianti che vale la pena considerare e yogurt interi senza grassi praticamente liquidi il cui potere saziante è bassissimo offrendo in cambio un risparmio calorico di sole 20 kcal per 100 g!
Il biologico – Da un punto di vista prettamente alimentare, biologico non è sinonimo di migliore qualità. C’è infatti una grande confusione sul termine. Ci sono prodotti biologici che dal punto di vista alimentare sono veramente scadenti (quelli che si rifanno alla tradizione, senza cura delle calorie, della ripartizione fra macronutrienti, dell’indice di sazietà), altri che sono validi, ma che hanno un costo elevato, altri che invece sono decisamente consigliabili. Questi ultimi in genere vengono proposti da produttori di una certa dimensione che riescono a combinare i vantaggi dell’industria a quelli della purezza del prodotto.
Riassumendo
La filosofia del basare le scelte alimentari sul prezzo indica scarsa cura della propria alimentazione che, prima sul prezzo, deve basarsi sulla salubrità dei prodotti. È molto facile dimostrare che
l’alimentazione non può essere un collo di bottiglia economico nella qualità della propria vita.
Questa affermazione stupirà soprattutto coloro che lottano mensilmente per sopravvivere, ma è del tutto logica se si pensa ai tanti errori “economici” che si commettono, salvo poi tentare di porvi rimedio con l’errato ricorso al discount.
Di seguito alcune semplici “dritte” per spendere bene e mangiare meglio, bilanciando cibo ed economia.
- Scegliere 2 o 3 supermercati di alta qualità e verificare le offerte. Prodotti di medio-alta qualità vengono periodicamente offerti anche con sconti del 50%. Se i prodotti consentono una conservazione lunga, approfittate delle offerte.
- Dotarsi di quegli strumenti (congelatore, affettatrice ecc.) che consentano di ottimizzare i costi, permettendo di acquistare prodotti a prezzi favorevoli perché in quantità.
- Dotarsi di quegli strumenti (macchina del pane, yogurtiera ecc.) che consentono risparmio di denaro e (importante) di tempo.
Non fissarsi su alimenti precisi, ma verificare la presenza di alternative equivalenti. Ciò vale soprattutto per frutta e verdura e per il pesce (ci si ricordi, per esempio, che tonno e salmone sono salutisticamente ottime scelte, spesso meglio di costosissimi branzini od orate di allevamento).
Bisogna infine tenere presente che chi segue un’alimentazione per un corretto peso corporeo mangia mediamente il 20% in meno di chi è sovrappeso. Come dire: mangia di meno, ma meglio!