Le calorie sono l’incubo di tutti coloro che sono in sovrappeso. Negli ultimi anni sono sempre più numerosi i modelli alimentari che tendono a ridimensionarne il ruolo nella lotta all’obesità, anche se le organizzazioni ufficiali puntano il dito sempre e comunque sull’eccesso calorico come causa principale del sovrappeso.
Nei confronti del sovrappeso possiamo infatti definire due tipologie di modelli alimentari:
- convenzionali. Per essi la restrizione calorica è il principale, se non unico, mezzo di lotta al sovrappeso. Il controllo delle calorie è attuato in diverse forme.
- Metabolici. Questi altri modelli sostengono di poter controllare il sovrappeso modulando opportunamente il metabolismo in base a considerazioni opportune.
Esempi di modelli convenzionali sono la dieta mediterranea, la dieta italiana, la dieta a punti, la dieta Weight Watchers; esempi di modelli metabolici sono la dieta a zona, la dieta Atkins, la dieta Lemme ecc.
Il fabbisogno calorico
La dieta italiana è l’unica che stabilisce chiaramente il fabbisogno calorico del soggetto. Infatti la regola 12 cita:
(12) Il fabbisogno calorico (Q) giornaliero è:
in caso di sovrappeso, Q=kA2, dove k vale 600 per gli uomini e 540 per le donne e A2 è l’altezza in m al quadrato.
In assenza di sovrappeso, è quello che mantiene inalterato il peso.
La semplice formuletta richiama la celebre formula di Einstein che lega la massa all’energia; in effetti, le calorie e il sovrappeso sono strettamente legati attraverso la costante k.
Questo articolo ha proprio lo scopo di dimostrare che tutti i modelli metabolici non sono altro che degenerazioni del modello convenzionale in cui il sovrappeso si combatte con la restrizione calorica.
La degenerazione nasce sempre dal tentativo (non sempre disinteressato) di evitare al soggetto la fatica (penosa per molti) di controllare le calorie, illudendolo che esistano “altri mezzi” egualmente efficaci.
Gli altri mezzi
È importante discutere su alcuni dei fattori che i sostenitori dei modelli metabolici ritengono importanti per capire come la regola (12) resti valida anche in essi. Analizziamo i più importanti.
Ripartizione dei macronutrienti – Alcuni modelli (diete iperproteiche, zona, Scarsdale, Atkins ecc.) sono decisamente sbilanciati a favore di proteine e/o grassi con una drastica limitazione dei carboidrati. In effetti proteine e grassi sono più sazianti e un corretto calcolo dei fabbisogni rivela che in genere si assumono troppi carboidrati.
Senza entrare nel merito di considerazioni salutistiche (cioè sul fatto che una percentuale eccessiva di grassi e di proteine sia nociva), una diversa ripartizione dei macronutrienti non sposta il Q, al più ne rende più facile la gestione (si ha cioè meno fame). Va da sé che comunque se si assumono troppe proteine o troppi grassi si ingrassa egualmente!
Risposta insulinica – Ancora gettonata da chi demonizza i carboidrati; uno è stato Sears, che però ora è praticamente sparito. Altri modelli lo hanno seguito (del resto, e prima di lui, anche Atkins ha attribuito alla risposta insulinica l’eccesso di grasso) senza un grande spirito critico (molti addirittura confondono il mangiare poco con il mangiare pochi carboidrati!). Infatti l’insulina è un ormone comunque utile, fondamentale alla vita. Anche i suoi eccessi possono essere positivi quando l’organismo ha necessità di ripristinare velocemente le sue scorte di carboidrati. Diventa negativa solo quando si assumono carboidrati in eccesso, ma carboidrati in eccesso significano calorie in eccesso e si ritorna al modello convenzionale.
Anche i sostenitori dell’indice glicemico basso (come Montignac) devono semplicemente affermare che -ammesso, ma non concesso che scegliere cibi a basso indice glicemico permetta di mangiare di più (caloricamente parlando)- il k della formula della dieta italiana può salire. Ripeto, ammesso, ma non concesso, tenere in alta considerazione l’indice glicemico degli alimenti vuole semplicemente dire alzare il k, per esempio da 600 a 700 (per gli uomini).
Distribuzione dei pasti – Cronodiete e modelli che invitano a utilizzare spuntini, a stare leggeri a cena ecc. nel tentativo di consentire al soggetto di mangiare di più, non fanno altro che utilizzare un k diverso. Infatti sostenere che con una certa distribuzione dei pasti X ingrasso di meno che con quella Y non significa altro che dire che con X posso avere un Q maggiore che con Y. Anche in questo caso è sempre questione di k.
Cibi spazzatura – Cercando di abbinare l’utile al dilettevole (considerazioni sulle patologie e sovrappeso), alcuni modelli danno la colpa del sovrappeso anche ai cibi di pessima qualità. Grande confusione. Questo sito combatte da anni la scarsa qualità dei cibi, ma distingue benissimo patologie e sovrappeso. Fra abbuffarsi di pasta, pane e altri alimenti genuini e limitarsi a un paio di merendine al giorno con grassi idrogenati non c’è dubbio: nel primo caso si ingrassa, nel secondo no. Anche ammesso che cibi scadenti possano provocare ritenzione idrica o altri fenomeni correlati al peso, si tratterebbe sempre di dire che spostano il k verso il basso, non che le calorie non contano!
Intolleranze e batteri… – Infine le ricerche più assurde tentano di dare la colpa del sovrappeso assolvendo la cattiva educazione alimentare del soggetto: se il soggetto è “malato” che colpa ha se ingrassa? Così si citano intolleranze, disturbi tiroidei (che sono comunque il più delle volte controllabili con la corretta somministrazione di ormoni) e perfino i batteri del nostro intestino (una ricerca della Washington University School of Medicine sostiene che la tendenza a ingrassare dipende dalla composizione della flora batterica intestinale) per spiegare perché, “pur mangiando normale” si ingrassa. Il problema è che “normale” è sempre troppo! Anche in questo caso, sarebbe più ragionevole se i sostenitori di questi fattori ammettessero che la (12) è comunque valida e che, al più, i fattori citati possono abbassare il k.

Negli ultimi anni sono nati diversi modelli alimentari che ridimensionano il ruolo delle calorie nella lotta al sovrappeso e all’obesità
Verità assoluta
Abbiamo visto che nessuno può prescindere dalle calorie. Quello su cui si può discutere è il k individuale. Si può pensare che ognuno di noi abbia il suo k e alcuni fattori (come quelli citati, ma non tutti!) possano spostarlo. Di quanto si sposta? L’evidenza pratica ci dice che si sposta comunque di poco rispetto ai valori medi indicati dalla dieta italiana. Per esempio, se il valore k=600 per gli uomini è la media, valori significativi per la popolazione vanno da 500 a 700.
Non a caso, se si vanno a conteggiare le calorie di un soggetto che segue correttamente la zona, la Atkins ecc. si scopre che sono poche!
Capito il trucco?
Si irridono le calorie, poi si mettono tanti paletti per cui si è comunque costretti ad assumerne poche!
Due esempi. Un amico del sito ha chiesto a un sostenitore di un modello metabolico: “Ma allora se seguo le tue regole posso abbuffarmi ogni giorno di questo o di quello?“. Risposta: “Beh, proprio abbuffarti no!“.
Da un vecchio numero di Silhouette Donna riporto la dieta prevista per la domenica (per fortuna che è domenica…) redatta da Luca Speciani, ideatore della dieta Gift:
Colazione
Una tazza di tè o caffè; un vasetto di yogurt con uvetta, pinoli e un cucchiaio di cereali integrali; un panino integrale con marmellata senza zucchero; frutta a scelta.
Spuntino
Frutta a scelta
Pranzo
Un piatto unico tradizionale (per esempio lasagne, tortellini in brodo…); biete o spinaci lessati; macedonia di frutta al naturale.
Merenda
Un centrifugato di frutta fresca
Cena
Yogurt intero con nocciole, uvetta, noci, pinoli, mandorle e una mela verde a tocchetti.
Se va bene, sono 1.400 calorie. Quindi:
nessun modello metabolico assicura il dimagrimento con un abuso di calorie!
Del resto, basta ragionare:
con poche calorie si dimagrisce, nessuno può negarlo (vedasi campi di concentramento).
quindi quando si afferma che le calorie non contano:
- o non si è capito nulla;
- o si sta facendo pubblicità intelligente a un modello alimentare orientato ad attrarre chi cerca risultati impossibili.