La dieta mediterranea è stata “scoperta” dal medico statunitense Ancel Keys. Nel 1945 Keys sbarcò a Salerno insieme al contingente americano; durante la sua permanenza nel Cilento si accorse che, nei Paesi appartenenti al bacino mediterraneo, le patologie cardiovascolari erano meno diffuse che nel suo Paese d’origine. Keys ipotizzò quindi che quella che lui definì come dieta mediterranea poteva essere in grado di diminuire i rischi di incorrere in malattie dell’apparato cardiovascolare e, conseguentemente, di aumentare la longevità di chi la adottava.
Seguirono diversi studi che stabilirono che l’incidenza delle patologie vascolari era inferiore nei Paesi dove si utilizzava una dieta mediterranea.
Anche dopo il suo ritorno negli Stati Uniti, Ancel Keys continuò a effettuare studi e ricerche; studi e ricerche che riassunse nel libro “How to eat well and stay well: the Mediterran way” (Come mangiare bene e stare bene: lo stile mediterraneo), scritto insieme alla moglie Margaret.
Ancel Keys fu uno dei principali coordinatori del celeberrimo Seven Countries Study (uno studio che prende in analisi le abitudini alimentari di oltre 12.000 abitanti, di media età, scelti in modo causale in sette Paesi: Stati Uniti, Italia, Finlandia, Grecia, Iugoslavia, Paesi Bassi e Giappone) sul quale si basa la cosiddetta piramide mediterranea (per approfondimenti su questo punto si consulti il nostro articolo Piramide mediterranea).
I risultati ottenuti con il sopraccitato studio sono stati spiegati con l’importanza che la dieta mediterranea attribuisce sia ad alimenti quali frutta, verdura, cereali, legumi e pesce sia alla limitazione del consumo di carni, latticini e grassi saturi. Questi ultimi tre alimenti, decisamente limitati nella dieta mediterranea, sono invece oggetto di forte consumo nelle popolazioni in cui l’incidenza delle patologie cardiovascolari risulta particolarmente elevata (per esempio Stati Uniti e Finlandia).
Cos’è la dieta mediterranea
La dieta mediterranea è stata proposta in mille salse, spesso distorcendone i principi, tanto che i Paesi mediterranei sono ormai campioni come percentuale di sovrappeso nella popolazione. I punti fondamentali sono:
- la limitazione (al limite della demonizzazione) del consumo delle carni rosse e dei dolci
- la moderazione nel consumo di carni bianche, uova e formaggi
- la promozione del consumo di pesce
- il grande consumo di frutta e verdura
- cereali (integrali), pane, pasta, legumi e noci per i pasti principali. La promozione dei cereali promuove quindi pane, pasta, riso.
Come si vede, le indicazioni sono generiche, così generiche che ci si può rendere conto che la dieta mediterranea… non esiste! Proviamo a chiedere a dieci nutrizionisti che cosa sia la dieta mediterranea e avremo dieci risposte diverse. In sostanza si hanno molte posizioni comprese fra due estremi:
- quella più permissiva che parlerà di pane, pasta, olio d’oliva, pizza (cosa c’è di più mediterraneo della pizza?), vino (non fa bene al cuore?) ecc.;
- quella più restrittiva che parlerà solo di frutta e verdura, olio d’oliva extravergine e cereali integrali.
In sostanza ci si accorge che ognuno usa l’espressione “dieta mediterranea” per sostenere le “proprie” convinzioni alimentari e ciò non è molto scientifico.
Di seguito mostriamo una piramide alimentare mediterranea che cerca di mediare le varie posizioni, da quelle più estreme a quelle più permissive.

Una piramide alimentare mediterranea che mostra una versione “gestibile” della dieta mediterranea (per approfondire: Piramide alimentare mediterranea)
Nonostante ciò, gli studi di Keys sono sostanzialmente corretti e si deve capire che i presunti fallimenti della dieta mediterranea stanno nel… progresso.
- Oggi la vita è molto più facile che nel primo dopoguerra, moltissimi lavori sono sedentari e la sedentarietà aiuta il sovrappeso, qualunque modello alimentare si segua.
- La contaminazione con altri modelli ha sfumato i pregi della dieta mediterranea.
- La mancanza di parametri quantitativi ha portato a credere che esistano cibi buoni e cibi cattivi, che ogni esagerazione (oggi possibile anche grazie al migliore tenore di vita) con cibi buoni sia consentita.
A parziale correzione della ricerca di Keys occorre anche tener conto che l’analisi statistica effettuata fra gli anni Cinquanta e Settanta non teneva conto che le morti per incidenti cardiovascolari in nazioni come l’Italia e la Grecia erano inferiori rispetto a quelle negli Stati Uniti semplicemente perché la gente moriva prima per altre cause.
Per risolvere il punto 1 molti sostenitori della dieta mediterranea hanno inserito altri parametri che se da un lato erano utili, dall’altro sminuivano comunque il messaggio alimentare. Per esempio, la ricerca di A. Menotti, PE. Puddu; M. Lanti; G. Maiani; G. Catasta; AA. Fidanza (Lifestyle habits and mortality from all and specific causes of death: 40-year follow-up in the Italian Rural Areas of the Seven Countries Study., in J Nutr Health Aging, vol. 18, n. 3, Mar 2014, pp. 314-21) ha dimostrato che i soggetti che seguivano una dieta non mediterranea, fumatori e sedentari, presentavano una speranza di vita inferiore di 10,7 anni (in 40 anni) rispetto a coloro che adottavano una dieta mediterranea, erano non fumatori e svolgevano un’attività fisica a medio-alta intensità. Dai dati della Fondazione Veronesi, il fumo sottrae circa 8 anni di vita agli uomini e 12 alle donne. Secondo uno studio (del Centro Ospedaliero Universitario di Bispebjerg presentato all’EuroPrevent 2012, il congresso dell’European Society of Cardiology) un’attività sportiva allungherebbe l’aspettativa di vita di 6,2 anni per gli uomini e di 5,6 anni per le donne. Addirittura, quindi sembrerebbe che la dieta mediterranea non serva a nulla, basta non fumare e fare sport!
Se ci si inoltra nella selva di ricerche, la confusione può diventare terribile perché è ovvio che una ricerca per promuovere un fattore X (un modello alimentare) possa servirsi di altri fattori (come il non fumo e lo sport). Ricordiamo pertanto che la ricerca non è ancora scienza, solo dopo numerose conferme inossidabili dal punto di vista statistico e metodologico lo diventa.
Probabilmente i quasi 11 anni della ricerca di Menotti e al. possono essere letti come qualcosa del genere: x anni per non essere fumatori (dove x è funzione del numero di sigarette fumate al giorno, per esempio un anno ogni 4 sigarette), 4 anni per un’attività sportiva almeno a media intensità e y anni per non essere in sovrappeso (per esempio, un anno ogni 5 kg di sovrappeso).
I numeri sopraesposti possono essere facilmente criticati: cosa si intende per sport a medio-alta intensità? Cosa si intende per sovrappeso? Ecc. Come si vede, cercare di promuovere un modello alimentare in modo rigoroso è veramente difficile e solo l’entusiamso di chi lo propone può non vedere i problemi.
Restano però scientificamente consolidati alcuni punti:
- Fumare fa molto male alla salute.
- Fare attività fisica aiuta ogni modello alimentare.
- Il sovrappeso riduce l’aspettativa di vita.
Come correggere la dieta mediterranea per risolvere almeno il punto 3? Quali correzioni è necessario apportare?
Dieta mediterranea dimagrante?
Si può usare la dieta mediterranea per dimagrire? La risposta, scientificamente parlando, è: no. I motivi sono sostanzialmente due:
- il fabbisogno calorico è sempre stato sovrastimato;
- diminuendo i grassi non si dimagrisce, come ha dimostrato il fallimento del progetto del governo statunitense contro l’obesità perché grassi e proteine servono anche per controllare lo stimolo della fame;
- non esiste nessun controllo quantitativo, se non il generico concetto di porzione.
Si deve anche rilevare che molti benefici (come la riduzione del colesterolo) sono utili solo per certe fasce della popolazione (il colesterolo è un fattore di rischio cardiovascolare secondario a fumo e ipertensione.
Nessuna attenzione alle calorie – La promozione di molti cibi ipercalorici (olio d’oliva, noci, pane, pasta e ceraeli) porta a esagerare con l’apporto calorico del proprio regime alimentare. Non a caso, il fabbisogno calorico consigliato da nutrizionisti che perorano la dieta mediterranea è decisamente sovrastimato. Il primo punto è abbastanza semplice da dimostrare. Per una dieta salutistica un uomo alto 172 cm con un peso di 70 kg è perfettamente nella norma. Se non svolge nessuna attività fisica il suo fabbisogno calorico è stimato in circa 2.500 calorie. Misuriamo la massa grassa del soggetto e scopriamo che è del 22%, del tutto normale, direbbe un dietologo tradizionale. La stessa persona dopo sei mesi di attività fisica (moderata, ma costante, per esempio 45′ di corsa al giorno) e un’opportuna dieta pesa 60,6 kg con un 10% di massa grassa e verifica che per mantenere tale condizione sono sufficienti 2.300 calorie (attività fisica compresa!). In entrambi i casi la massa magra è rimasta la stessa (circa 54 kg). Cosa vuol dire tutto ciò? Che i calcoli tradizionali erano sovrastimati perché andavano a nutrire anche il grasso in eccesso!
Lo stimolo della fame – Il secondo punto si comprende facilmente se si considera che una dieta ricca di carboidrati aumenta lo stimolo della fame. L’errore della dieta mediterranea è che i singoli alimenti proposti vanno benissimo, ma privilegiare i carboidrati (cereali, anche integrali, frutta ecc.) e i cibi tradizionali significa che è praticamente impossibile avere un regime controllato in calorie senza soffrire perennemente lo stimolo della fame. È vero che la pasta non ingrassa, ma solo se assunta in modica quantità (due piatti al giorno e un sedentario è già spacciato) e con condimenti ipocalorici (praticamente solo al pomodoro e senza molto olio, scordiamoci una porzione di trenette al pesto).
Il trucco delle porzioni – Molti sostenitori della dieta mediterrnea si sono accorti dei due problemi sopraccitati e hanno cercato di porvi rimedio senza tuttavia costruire una reale educazione alimentare nella popolazione. Il metodo è quello del ricorso alle porzioni e al classico punteggio.
Purtroppo, il metodo delle porzioni è molto fuorviante. Che senso ha promuovere il consumo di una porzione di X se non si specifica quanto è grande la porzione? Che senso ha non legare l’assunzione di cibo alle caratteristiche del soggetto (una donna di 50 kg e un uomo alto 190 cm e pesante 90 kg)? Che senso ha promuovere l’olio d’oliva se non si dice che 30 g. di olio equivalgono a 270 kcal? Che senso ha promuovere una porzione di noci se non si dice che le noci sono molto caloriche? Ecc.

Secondo un sondaggio il 50% degli italiani seguirebbe la dieta mediterranea, dato decisamente bocciato dai risultati (sovrappeso, obesità, patologie cardiovascolari ecc.)
Il superamento della dieta mediterranea
Come superare i limiti della dieta mediterranea? Fornendone una versione quantitativa.
La dieta italiana è la versione scientifica della dieta mediterranea!
Esempi di menu
* A partire dal 17 novembre 2010 la dieta mediterranea è stata iscritta nelle liste del patrimonio culturale dell’umanità dalla quinta sessione del Comitato Intergovernativo dell’UNESCO. Leggiamo quindi qualche passo del commento riportato sul sito italiano dell’UNESCO:
** La dieta mediterranea rappresenta un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo. La dieta mediterranea è caratterizzata da un modello nutrizionale rimasto costante nel tempo e nello spazio, costituito principalmente da olio di oliva, cereali, frutta fresca o secca, e verdure, una moderata quantità di pesce, latticini e carne, e molti condimenti e spezie, il tutto accompagnato da vino o infusi, sempre in rispetto delle tradizioni di ogni comunità. Tuttavia, la dieta mediterranea (dal greco diaita, o stile di vita) è molto più che un semplice alimento. Essa promuove l’interazione sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una data comunità, e ha dato luogo a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende.