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Come si crea una moda alimentare

Come si crea una moda alimentare? Una ricerca statistica condotta qualche anno fa negli USA ha mostrato che tre principali diete (a punti Weight Watchers, dieta a zona, dieta Atkins) non avevano superato il 10% di successi nel dimagrimento a un anno. Poiché la migliore risultava quella a punti, alcuni hanno pensato a una ricerca pilotata; anche se fosse, il dato del 10% è talmente basso che qualche punto in più o in meno non sposterebbe il grado di soddisfazione di questi modelli.

Dai dati che abbiamo, non c’è da stupirsi. Chi ha seguito la dieta italiana ha una probabilità di successo a un anno dell’86%. Dieta miracolosa? No, solo che non illude nessuno. Poiché richiede una educazione alimentare e quindi un piccolo sforzo da parte del soggetto (che deve capire!) non è certo per tutti. Gli altri modelli alimentari promettono, promettono, ma, sparando nel mucchio e basandosi su illusioni, alla fine spuntano numeri decisamente deludenti.

Perché questo comportamento? Perché molti modelli alimentari nascono espressamente per fare business e “devono” lavorare sulla grande popolazione. I loro insuccessi non fanno comunque che sottolineare che persone pigre e sostanzialmente incapaci di comprendere ciò che mangiano non arriveranno mai a uno stile di vita corretto.

Come si crea una moda alimentare

Come si fa a lanciare una moda alimentare?

Incredibilmente si scopre un trend comune a tutte le mode del momento.

Volete lanciare una moda alimentare che vi dia (provvisoriamente) celebrità e/o un ritorno economico interessante? Sì? E allora usate la strategia del terrorismo alimentare! Cos’è? Semplice: si demonizzano gruppi di alimenti in modo che il soggetto non li assuma e, indirettamente, mangi di meno e quindi dimagrisca. Quasi sempre si consiglia l’esercizio fisico per cui da sedentario il soggetto fa un po’ di moto e dimagrisce un altro po’.

Esempi di terrorismo alimentare:

  • le diete vegetariane e vegane che demonizzano le proteine e i grassi di origine animale
  • la dieta a zona e quelle iperproteiche che demonizzano i carboidrati
  • le diete salutistiche che demonizzano i grassi di qualunque natura e/o gli zuccheri e i dolci
  • il metodo Montignac che demonizza i cibi ad alto indice glicemico
  • le false intolleranze alimentari, dove un nutrizionista con test a scientificità nulla convince il paziente che è intollerante a cibi ipercalorici come pasta, formaggi ecc.

Tutti questi metodi all’inizio sortiscono qualche effetto, perché il soggetto mangia di meno; poi l’effetto svanisce per due motivi:

  1. il naturale appetito del soggetto viene convertito a ciò che può mangiare, riaumenta le dosi (tanto le calorie non contano, basta evitare certi alimenti!) ed è nuovamente spacciato. Chi per esempio segue la dieta a zona (ormai un po’ disarmo…), all’inizio, abbandonando pasta e dolci, ovviamente mangia di meno; il gusto però a poco a poco si sposta sul proteico (pensiamo a quanti hanno cambiato la propria colazione sostituendo la brioche con tonno) e/o sul grasso (un ottimo tonno con l’olio extravergine d’oliva!) e le calorie ritornano quelle di prima. Idem chi si è convinto di essere intollerante alla pasta: all’inizio, senza primo, dimagrisce, poi scopre il riso in tutte le sue salse e il peso rilievita nuovamente.
  2. Ogni eccezione alimentare non può essere recuperata con una diminuzione delle calorie (le calorie non si contano! Conta solo evitare i cibi cattivi). Una cena con amici vuol dire magari 900 kcal in più, cioè due etti (considerando l’acqua legata al grasso). Anche due sole cene al mese e in un anno si mettono su cinque kg che non si riesce a recuperare solo mangiando cibi buoni e fregandosene delle calorie.

Il vero danno sociale di questo terrorismo alimentare è che il soggetto deluso si convince che per lui è impossibile dimagrire e si incanala verso una storia di patologie da stile di vita errato.

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