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Sushi

Il sushi è un piatto che molti considerano uno degli emblemi della cucina giapponese; in effetti, non esistono ristoranti giapponesi (compresi quelli, e sono moltissimi, si trovano fuori dai confini nipponici) che non lo prevedano nel loro menu; curiosamente, però, questo celeberrimo piatto, che negli anni è diventato sempre più apprezzato in Occidente, è originario del sud est asiatico e della Cina meridionale e soltanto nell’VIII secolo a.C. è arrivato nel Paese del Sol Levante.

Peraltro sembra che in origine il sushi non fosse nemmeno un piatto, ma soltanto una modalità di conservazione del pesce; si metteva quest’ultimo fra strati di riso cotto e acidulato (con l’aceto di riso) e ciò ne permetteva una più lunga conservazione. Al momento di mangiare il pesce, il riso veniva tolto e gettato via; i giapponesi si appropriarono del metodo, ma non eliminavano il riso bensì lo gustavano insieme al pesce; sembra quindi essere questa l’origine del sushi come lo conosciamo ora, ovvero un piatto a base di riso (la varietà usata in Giappone è detta Meshi, Kome o Gohan; si tratta di una varietà che viene cotta con aceto, sakè e zucchero) e di altri ingredienti quali pesce crudo, alghe, vegetali o uova.

Se in Giappone il sushi è arrivato alcuni secoli prima della nascita di Cristo, in occidente si è dovuto attendere il XX secolo; secondo vari storici, infatti, l’introduzione del sushi risalirebbe addirittura al settembre 1953 quando il principe giapponese Akihito lo offrì, all’interno dell’ambasciata del suo Paese, ad alcuni ufficiali statunitensi nel corso di un ricevimento (la notizia è riportata sul Milwaukee Journal dell’11 settembre 1953).

Sashimi, nigiri, maki: tipi di sushi

Questi curiosi nomi sono spesso abbinati al sushi; cerchiamo di capire cosa sono con esattezza; il sashimi, per esempio, è un piatto a base di pesce crudo che non contempla la presenza di riso (non può quindi essere considerato una variante di sushi); abbinamenti fra riso e pesce sono invece il nigiri (da alcuni denominato nigiri sushi), piccole polpette a base di riso e pesce, e il makizushi (da alcuni denominato sushi arrotolato), piccole polpette di forma conica o cilindrica che vengono arrotolate in una piccola stuoia di bambù detta makisu; il makizushi è forse la variante più nota nei Paesi occidentali.

Altre varianti sono il narezushi e il funazushi, la prima è una ricetta molto antica; viene preparata eviscerando i pesci ed eliminando le lische; in seguito vengono riempiti con il sale e si mettono in dei barili di legno dove verranno pressati con una pietra nota come tsukemonoishi. I pesci vengono poi lasciati a fermentare per circa tre settimane dopodiché verranno immersi in acqua per circa un’ora. A questo punto il prodotto ottenuto verrà messo in un altro barile insieme a strati di riso bollito freddo e pesce; si effettuerà una nuova pressione e una sigillatura; con il processo di fermentazione l’acqua fuoriuscirà e verrà buttata via; dopo circa sei mesi si potrà gustare il narezushi.

Il funazushi è invece una ricetta sushi tipica della zona del lago Biwa a nord-est di Kyoto (la ex capitale del Giappone); anche il funazushi è una preparazione molto antica; questa variante si prepara tradizionalmente soltanto con esemplari di sesso femminile di un pesce noto come funa (Carassius carassius). I pesci vengono eviscerati ma si lasciano all’interno la sacca con le uova; si riempiono poi con il sale e si lasciano a macerare quattro anni in barili di legno dove sono messi alternati a strati di riso bollito e aceto di riso. Una volta trascorso il periodo di macerazione i pesci vengono puliti e fatti asciugare al sole dopodiché vengono ancora una volta messi a fermentare nel riso per un altro anno; poi verranno consumati al naturale tagliati in fette abbastanza spesse.

In Giappone la preparazione del sushi è presa molto seriamente; in quel Paese non ci si può improvvisare sushi chef; per diventarlo occorre effettuare un percorso di studi e di pratica di almeno due anni.

Sushi

Il sushi che mangiamo in Occidente spesso è adattato ai nostri gusti, perciò diverso da quello originale

Salsa di soia, wasabi e gari

Insieme al sushi vengono sempre serviti tre insaporitori; la salsa di soia, il wasabi e il gari.

La salsa di soia (shoyu) viene prodotta mediante la fermentazione della soia e del frumento, dell’orzo e del riso, cotti in precedenza in acqua e con aggiunta di sale. Una tipologia piuttosto nota di salsa di soia è il tamari.

Il wasabi è una salsa molto piccante di colore verde che viene ottenuta dal ravanello giapponese (Wasabia japonica), una pianta tipica di zone semipaludose; è molto costosa e fuori dal Giappone la si trova raramente; quindi, se vi viene servita in un ristorante occidentale, sappiate che molto probabilmente è un “falso” ottenuto con del rafano colorato di verde.

Lo zenzero per il sushi (il gari) viene servito per “ripulire” il palato quando si gustano diversi tipi di sushi; si tratta di fettine piuttosto sottili da gustare a pezzetti che vengono preparate sotto aceto e zuccherate.

L’etichetta… del sushi

Ci sarebbero alcune regole da seguire per mangiare il sushi, ovvero cose che si devono fare e altre che non vanno fatte. Ecco alcuni consigli di comportamento.

Il sushi dovrebbe essere mangiato in un solo boccone (si possono utilizzare le bacchette, ma anche le dita; non si dovrebbero però chiedere né forchetta né coltello); non si dovrebbe mai rimettere il sushi nel piatto se se ne è mangiato la metà; una volta preso va mangiato tutto.

La salsa di soia che accompagna il sushi dovrebbe essere usata a piccole dosi; immergere il sushi nella salsa di soia potrebbe apparire come irrispettoso (potrebbe voler dire che non si è gradito il sapore originale).

Il piatto di sushi viene accompagnato da un piccolo asciugamano (oshibori); si tratta di un piccolo panno inumidito che serve a pulire le dita prima e dopo il pasto. Una volta utilizzato va piegato e riposto nel suo contenitore; può essere utilizzato più volte durante il pasto e può essere utilizzato anche per pulirsi la bocca.

Il piatto va lasciato pulito; è considerato scortese lasciare anche pochi chicchi di riso nel piatto. È considerato scortese anche strofinare le bacchette fra loro per rimuovere i residui di pesce.

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