Si definisce castrazione alimentare la rimozione forzata di un cibo dalla propria dieta perché supposto dannoso.
Nel mondo occidentale il problema sta diventando sempre più grave a causa di supposti, ma spesso non provati benefici salutistici. L’esclusione dell’alimento e la successiva castrazione alimentare può avvenire per:
- consiglio dietologico
- scelta salutistica
- consiglio alternativo
- consiglio medico
- motivi etici o religiosi.
Tralasciando l’ultimo punto, vediamo velocemente gli altri.
Consiglio dietologico
Con una strategia ormai obsoleta e che alla lunga non dà nessun frutto, si cerca di limitare il sovrappeso eliminando gli alimenti che presentano caratteristiche tali da inficiare gli sforzi verso il dimagrimento (ipercalorici, alto indice glicemico ecc.).
In realtà, la strategia non funziona perché è da un lato punitiva e dall’altro non fa comprendere al soggetto che non esistono cibi buoni o cattivi, ma che il tutto va visto nella quantità in cui sono assunti. Il solo effetto è quello yo-yo con dimagrimenti e ingrassamenti continui.
Scelta salutistica
Tipica del terrorismo alimentare di fine secolo; non esistono prove scientifiche che le principali classi di cibi possano essere dannose alla salute dell’organismo. L’errore commesso è di allargamento del campione: il fatto che un cibo faccia male a una percentuale piccola della popolazione non vuol dire che faccia male a tutti. In genere si scambia come nocività l’incapacità del singolo soggetto di gestire la digestione del cibo.
Consiglio “alternativo”
Abbiamo più volte discusso nel sito della scarsa attendibilità delle intolleranze alimentari rivelate con test alternativi. Il business delle intolleranze crea molti casi di castrazione alimentare.
Consiglio medico
Ovviamente è l’unico caso in cui la castrazione alimentare appare giustificata. Va da sé che il medico dovrebbe cercare di rendere transitoria la castrazione in tutti quei casi in cui lo stile di vita del soggetto è talmente disastroso da essere la causa principale della sua patologia e la castrazione alimentare non è che una dolorosa necessità.
Il motivo più frequente di castrazione alimentare
Nella popolazione il motivo più frequente di castrazione alimentare è però la castrazione fai da te: il soggetto, dotato di scarsa educazione alimentare e di pessime informazioni nutrizionali, decide di eliminare certi cibi per arrivare a risultati per lui importanti (la risoluzione di patologie non gravi, ma fastidiose, il dimagrimento ecc.). Psicologicamente la strategia utilizzata è quella della fuga, anziché quella del confronto con un rafforzamento dell’asse corpo-psiche. I risultati possono sembrare interessanti, ma oggettivamente sono sempre di scarso spessore. Vediamo un caso classico.

Con “castrazione alimentare” si fa riferimento alla rimozione forzata di un cibo dalla propria dieta perché ritenuto dannoso per la propria salute.
Castrazione alimentare: un aneddoto
S. è una ragazza che è dimagrita notevolmente passando dalla condizione di ex-obesa a quella di persona in sovrappeso. Ha ottenuto tale risultato rivolgendosi a un dietologo classico che, invece che inquadrare i suoi problemi alimentari in un quadro psicologico non ottimale, ha preferito demonizzare un’ampia classe di cibi. S. ha recepito il messaggio e li ha eliminati dalla sua dieta, che ora è diventata estremamente povera di cibi buoni. Saltuariamente si concede delle eccezioni che spesso sono prontamente punite dal suo corpo che non digerisce i cibi “cattivi” provocando nausea, gonfiori, cattiva digestione.
Antidepressivi e blandi tranquillanti sono i quotidiani compagni di viaggio, ben tollerati, anzi, proprio per questo, visti come amici irrinunciabili dell’esistenza. Le relazioni sociali sono spesso fonte di stress e mancano nella sua vita eventi veramente positivi.
Il quadro va cioè al di là di un semplice problema alimentare; ciononostante S. continua a scindere l’alimentazione dai suoi problemi psicologici, convinta che il cibo sia un problema “aggiuntivo”.
Alla domanda “perché hai escluso dalla dieta tutti questi cibi?”, la risposta immediata è “me l’ha consigliato il dietologo”, seguita da un timido tentativo di spiegazione un po’ più autocosciente: “ho provato a reintrodurre i cibi, a volte non mi fanno nulla, altre volte mi creano parecchi problemi digestivi”.
L’incapacità di collegare i fatti è quella che fa perdurare S. nella sua condizione di castrazione alimentare: con un minimo di educazione alimentare si renderebbe conto che i cibi sotto indagine creano problemi solo quando lei è in un livello di ansia eccessivo, livello che ovviamente impedisce una regolare digestione di cibi. Anziché fortificarsi, S. ha scelto di castrarsi…