L’aspartame è un composto dolcificante a basso contenuto calorico (4 kcal per grammo); è un dipeptide artificiale composto da due aminoacidi (acido aspartico, 40%, e fenilalanina, 50%) e da metanolo (10%). Il suo potere dolcificante è circa 200 (160-220) volte quello del comune zucchero da cucina (saccarosio), per cui un impiego molto ridotto assicura una dolcificazione con basso numero di calorie. Come additivo alimentare è conosciuto anche con la sigla E951.
L’aspartame fu scoperto nel 1965 da un chimico, J. M. Schlatter, che lavorava per la Searle, azienda farmaceutica acquistata poi dalla Monsanto che vendette il prodotto fino alla liberalizzazione del brevetto con il nome di Nutrasweet. La formula chimica dell’aspartame è C14H18N2O5.
L’aspartame è largamente impiegato nell’industria alimentare, viene infatti utilizzato per dolcificare bevande analcoliche contenenti acido carbonico, bevande analcoliche in polvere, yogurt e altri prodotti dell’industria alimentare.
Cos’è e dove si trova
Rispetto a molti altri dolcificanti sintetici, l’aspartame ha il vantaggio di non avere il tipico retrogusto amarognolo; ha infatti un sapore molto simile a quello del comune zucchero da cucina (saccarosio); un altro vantaggio che pochi conoscono è quello che alcuni aromi che sono presenti negli alimenti, bevande comprese, in particolar modo quelli dei frutti acidi, come per esempio il limone, vengono potenziati e prolungati per un tempo 4 volte superiore quando l’aspartame è presente; è per questo motivo che viene spesso utilizzato per dolcificare i chewing-gum.
L’aspartame non altera significativamente i valori della glicemia e ciò lo rende tollerabile a coloro che soffrono di diabete mellito i quali sono costretti a limitare fortemente gli introiti di saccarosio; diversamente da quest’ultimo, l’aspartame è una sostanza acariogena, ovvero non provoca la formazione di carie.
L’aspartame è anche un prodotto dalla notevole stabilità, in particolar modo in quelle applicazioni che comportano la scarsa presenza di acqua come per esempio le bevande in polvere che devono essere solubilizzate. Ha inoltre una discreta resistenza a tutti quei processi dell’industria alimentare che richiedono l’utilizzo di alte temperature o temperature ultra-elevate per tempi brevi; si deve però tenere conto che l’esposizione prolungata ad alte temperature può comportare la degradazione dell’aspartame a dichetopiperazina; ciò può limitarne l’utilizzo per diverse applicazioni (non a caso sui dolcificanti a base di aspartame si trova l’avvertenza di non sottoporre a cottura) e lo rende inidoneo all’utilizzo in gravidanza e in allattamento (la dichetopiperazina è tossica per il feto e per il neonato).
L’aspartame fa male?
L’aspartame fu approvato dall’FDA nel 1981, anche grazie alle rassicurazioni fornite dallo studio su 500.000 persone del National Cancer Institute, studio presentato dai produttori. Da allora si alternano ricerche che sostanzialmente ritengono l’aspartame sicuro e altre che invece mettono in guardia su pericolosi effetti collaterali.
Dire che l’aspartame è una delle sostanze più pericolose in commercio vuol dire essere ancora vittima del terrorismo alimentare degli anni ’80 del XX secolo, quando praticamente ogni sostanza era accusata di essere cancerogena. Le stesse considerazioni che si possono fare per il metanolo possono farsi anche per l’alcol etilico: se si considerano i danni provocati dall’alcol nell’organismo umano si dovrebbero vietare all’istante le vendite di tutti i liquori!
Per chi vuole poi un esempio naturale, anche l’esposizione al sole può causare tumori (basaliomi, spinaliomi, melanomi…). Questi due semplici esempi spiegano che una posizione scientifica valuta sempre le quantità in gioco; in particolare, prima di parlare di pericolosità di una sostanza, bisognerebbe almeno sapere cosa si intende per ADI o NOEL. Qui ci limitiamo a ricordare che l’ADI è la quantità di una sostanza che assunta giornalmente per tutta la vita non crea problemi. L’originaria (FDA) dose giornaliera ammissibile di 50 mg/kg di peso corporeo è attualmente fissata in Europa a 40 mg/kg.
Per verificare l’influenza dell’aspartame occorre studiare i livelli plasmatici di acido aspartico, fenilalanina e metanolo; solo così si può comprendere come notizie “terroristiche” circolanti in Internet e su varie pubblicazioni tradizionali siano del tutto infondate. In persone sane, anche una dose occasionale di 200 mg/kg non modifica il quadro di normalità; soggetti con fenilchetonuria (un errore di metabolismo congenito causato da un omozigote recessivo che colpisce una persona su diecimila) sono incapaci di metabolizzare la fenilalanina e possono avere problemi anche seri. È possibile essere allergici all’aspartame, anche se non si hanno dati certi sull’incidenza dell’allergia che comunque è trascurabile nella popolazione.
I veri dubbi sull’aspartame sono invece causati dal metanolo (che peraltro è contenuto anche in frutta ricca di pectina, come le mele); in pratica ogni 10 g di aspartame che assumiamo, il 10%, cioè 1 g, è metanolo. Una parte di esso si trasforma in acido formico che è considerato un metabolita pericoloso a certe quantità.
In particolare vengono sempre citate le stesse ricerche che, alla luce di una seria analisi critica non evidenziano poi dati così preoccupanti. A mo’ di esempio, spieghiamo il perché una ricerca come quella della fondazione Ramazzini di Bologna non è particolarmente significativa.

Il potere dolcificante dell’aspartame è circa 200 volte quello del comune zucchero da cucina
L’aspartame è cancerogeno?
In uno studio della Fondazione Europea Ramazzini (FER) si afferma che l’aspartame (APM) deve essere considerato cancerogeno anche a livelli di 20 mg/kg di peso, cioè la metà dell’ADI europea (40 mg/kg).
Per rispondere a queste critiche, l’Ajinomoto, uno dei maggiori produttori di APM, ha presentato una raccolta di 500 studi e articoli indipendenti usciti negli ultimi 25 anni (Critical Review in Toxicology, 2007), che ne confermerebbero la sicurezza. Inoltre la ricerca Ramazzini ha un basso impatto pratico. Teniamo a mente 4 punti.
1) La ricerca non è scienza. Nell’ambito della comunità scientifica è molto facile trovare una ricerca seria che dimostra che A fa bene e una altrettanto seria che afferma che A fa male. Le ricerche sono solo spunti di riflessione. Quando, su 100 ricerche, almeno 99 dicono che A fa male, allora, ma solo allora, si può parlare di dato scientifico.
2) Si deve tenere presente la definizione di ADI, la massima dose ammissibile che si può assumere per tutta la vita. Francamente dubito che ci siano molte persone che tutti i giorni introducono dosi massicce di aspartame. La nostra posizione è che i dolcificanti devono essere una via di transizione per affrancarsi dal gusto del dolce e, quindi, una soluzione temporanea (sono sicuramente più gravi i danni del sovrappeso che quelli eventualmente provocati dall’aspartame).
3) Per una persona di 50 kg, 20 mg/kg di aspartame equivalgono a circa 3 kg di yogurt dolcificato con tale dolcificante. Anche considerando diversi cibi, occorre assumere ogni giorno, contemporaneamente, qualcosa come 2 litri di Coca-diet + 0,5 kg di yogurt + 300 g di marmellata dolcificata + 2 caffè con aspartame.
4) A chi si preoccupa di non dolcificare il caffè con aspartame si deve far notare che l’ADI europea (40 mg/kg) di aspartame si può raggiungere solo con la dose letale di caffeina (cioè, per un uomo di 70 kg, 140 caffè circa). In altri termini, si muore prima (e sicuramente) per la caffeina che per l’aspartame.
L’aspartame e i danni del terrorismo alimentare
Fin dal 2002, anno della sua fondazione, l’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha tenuto sotto osservazione la sicurezza dell’aspartame; nel 2006, 2009, 2011 e 2013, gli esperti dell’EFSA hanno emanato i loro pareri su tutti i nuovi studi scientifici effettuati sull’aspartame e hanno sempre concluso che i dati venuti alla luce non costituivano un motivo sufficiente né per rivedere la valutazione della sicurezza del dolcificante né per ritoccare la dose giornaliera accettabile.
Poiché, comunque, le voci contro l’aspartame hanno una certa presa sulla popolazione, alcune aziende lo hanno sostituito con il sucralosio o altri dolcificanti che hanno potere dolcificante tre volte superiore, ma dose raccomandabile di un terzo: in pratica non è cambiato nulla, ma il consumatore fobico è finalmente tranquillo.