L’acrilammide (anche acrilamide) è un composto chimico (formula bruta C3H5NO) che si forma negli alimenti (generalmente in quelli amidacei) durante alcuni tipi di cottura ad alta temperatura, nella fattispecie durante la cottura al forno, la frittura e la grigliatura.
L’acrilammide (ammide dell’acido acrilico) si forma a partire da alcuni aminoacidi e zuccheri presenti negli alimenti.
La presenza di questa sostanza è rilevabile in diversi prodotti fra i quali le patatine, le patate fritte a bastoncino, il pane, i biscotti e il caffè. Per il caffè il discorso è leggermente diverso: la presenza di acrilammide è la conseguenza della tostatura dei chicchi, ma, dal momento che il caffè non è mangiato direttamente ma è solo un infuso, i livelli di esposizione sono ancora più bassi.
L’acrilammide è stato scoperta per la prima volta negli alimenti nel 2002, ma si ritiene che sia sempre stata presente nei cibi sottoposti a determinati tipi di cottura.
Si è visto che si tratta di un composto cancerogeno e mutageno con tossicità sistemica, ma preferenziale verso il sistema nervoso centrale, il sistema nervoso periferico e il sistema riproduttivo e, come facilmente si può immaginare, tale scoperta ha suscitato molta preoccupazione nei consumatori (approfondiamo questo punto nel paragrafo successivo).
Da notare che l’acrilammide si genera anche nel fumo di sigaretta: per questo motivo, nel sangue dei fumatori, la quantità di questa sostanza è fino a cinque volte maggiore di quella nel sangue dei non fumatori.
Inoltre è possibile essere esposti all’acrilammide per motivi professionali, come chi lavora nei settori della lavorazione della carta, dei tessuti o nell’edilizia.
Presenza di acrilammide nei cibi
Fra i vari suggerimenti forniti dalle varie autorità nazionali dell’UE per ridurre l’assunzione di acrilammide si ricordano i seguenti:
- leggera doratura, non bruciatura: nei cibi bruciati, con evidenti segni neri, la quantità di acrilammide cresce.
- fritture (attenersi alle temperature e ai tempi consigliati al fine di evitare un’eccessiva cottura e la formazione di crosticine e bruciature varie);
- pane (tostare fino a quando non si ottiene un colore giallo dorato invece che bruno);
- prodotti a base di patate (cuocere patatine e crocchette fino a quando non si ottiene un colore giallo dorato invece che bruno)
- conservazione (conservare le patate in frigorifero aumenta i livelli di zuccheri e quindi, potenzialmente, la formazione di acrilammide nel corso del processo di cottura; la conservazione andrebbe fatta al riparo di luce e calore).
Acrilammide nelle patatine fritte?
La vicenda dell’acrilammide è molto didattica; mostra come nel campo dell’alimentazione si debba conoscere la materia in modo molto approfondito per poter giudicare correttamente.
Vediamo i fatti partendo dall’inizio (anno 2002).
- Per caso, nell’aprile del 2002, alcuni ricercatori di Stoccolma che studiano gli effetti dell’acrilammide rilevano alti valori anche nel gruppo di controllo (di coloro che cioè non erano esposti per lavoro all’agente studiato). Scoprono che c’è una correlazione fra acrilammide e consumo di patatine o prodotti a base di amido fritti.
- In seguito, altri studi confermano ciò. Uno studio francese indica che un ragazzo di 20 kg di peso che mangia un sacchetto di patatine assume una quantità di acrilammide 83 volte superiore alla dose giornaliera consentita (secondo il dato OMS).
- Scatta il panico. Si tratta di verificare se l’assunzione di patatine fritte è o meno pericolosa. Cosa si scopre?
- Praticamente tutti i tipi in commercio hanno alti valori di acrilammide, ma variano da 5 microgrammi/kg a 3.500 microgrammi/kg di prodotto!
- Peggio per le patatine fritte in casa (da 3.500 a 12.000 microgrammi/kg).
- Il problema è causato dalla temperatura, non dal grasso usato nella frittura (si tenga comunque conto che in molti fast food si usa olio di colza che, per altri motivi, è decisamente poco salubre). Tale temperatura non dovrebbe superare i 150 °C.
- In base al punto precedente non c’è problema per le patate o altri cibi ricchi di amido che invece di essere fritti vengono bolliti.
Queste le notizie negative. Veniamo a quelle (relativamente) positive.

I motivi per cui il fritto va mangiato sporadicamente e solo di ottima qualità sono molti, e l’acrilammide è solo uno di questi
Cosa fare?
Nel Meeting di Ginevra sull’alimentazione (2003) promosso dal World Health Organization e dalla Food and Agriculture Organization, furono fissati alcuni punti guida; alcuni di essi sono da ritenersi sostanzialmente ancora attuali:
- L’acrilammide (come molte altre sostanze, soprattutto se somministrate a forti dosi) è cancerogena per i ratti. Studi sono in corso sull’uomo, ma bisogna tener presente che su migliaia di sostanze cancerogene a forti dosi su animali solo meno di cento lo sono sull’uomo in condizioni normali di assunzione o esposizione.
- Non è la materia prima, ma il metodo di produzione che causa le differenti concentrazioni di acrilammide fra marca e marca.
- Esistono anche altri processi di cottura (come la grigliatura) che producono sostanze altrettanto pericolose.
- Non sono le patatine le sole a essere sotto accusa. Infatti nella seguente tabella (in microgrammi/kg prodotto) risulta chiaro che l’allarme “patatine” era troppo “mirato”. Ricordiamo che la soglia è di 0,5 milligrammi per kg di peso corporeo: un individuo di 70 kg ha una soglia di 35 milligrammi giornalieri.
Prodotti da forno | 50-450 |
Patatine fritte | 50-3.500 |
Cereali da colazione | 50-1.346 |
Biscotti, cracker, toast | 30-3.200 |
Patatine fritte in casa | 3.500-12.000 |
Ancora una volta si scopre che prodotti industriali sono meno dannosi di prodotti caserecci, ma soprattutto che chi mangia di meno ha meno rischi!
Un motivo in più per essere magri.
In accordo con la dieta italiana, anche in questo caso se si è normopeso e si ha un regime alimentare controllato in calorie è molto difficile assumere quantità pericolose degli alimenti oggetto di questo articolo.