L’acido benzoico (E210) e i suoi derivati (da E211 a E219) sono additivi alimentari che la dieta italiana ha inserito nell’elenco degli additivi da evitare. A sostegno di questa scelta il fatto che
- alcuni sali dell’acido benzoico sono vietati in alcuni Paesi (E214, E215, E217 ed E219)
- la dose tossica può essere teoricamente raggiunta.
A difesa di tali additivi, alcuni fanno notare che:
- sono presenti naturalmente in certi alimenti
- sono impiegati anche nell’industria farmaceutica.
Vedremo che tali argomenti non sono sufficienti a far assolvere i benzoati come additivi alimentari.
Acido benzoico e derivati: cosa sono
In ambito commerciale, la maggioranza dell’acido benzoico viene convertito in fenolo e caprolattame, composti usati nell’industria della plastica; altri utilizzi dell’acido benzoico e dei suoi derivati sono quelli come additivi in campo alimentare e in campo farmaceutico e cosmetico; si tratta infatti di sostanze che sono in grado di bloccare il metabolismo di batteri e lieviti.
L’acido benzoico, spesso indicato in etichetta come benzoic acid, è un solido bianco che inizia a sublimare a 100 °C, fonde a 122 °C e bolle a 249 °C. È poco solubile in acqua, mentre lo è in etanolo, è debolmente acido. Il suo sale più comunemente usato come additivo è il sodio benzoato (E211); sale molto solubile in acqua, in etanolo e metanolo.
Quando viene utilizzato in soluzioni acide, il sodio benzoato si converte in acido benzoico.
Poiché le proprietà antimicrobiche sono tipiche soprattutto dell’acido benzoico, il sodio benzoato non viene utilizzato in ambienti poco acidi (pH superiore a 4) perché la conversione ad acido benzoico non avrebbe luogo.
Gli altri additivi della serie sono:
- E212 – Benzoato di potassio
- E213 – Benzoato di calcio
- E214 – Paraidrossibenzoato d’etile
- E215 – Etile-p-ossibenzoato
- E216 – Paraidrossibenzoato di propile
- E217 – Propil-p-idrossibenzoato di sodio
- E218 – Para-idrossibenzoato di metile
- E219 – Metil-para-idrossibenzoato di sodio.
Gli additivi che vanno da E214 a E219 sono noti anche come parabeni e, come ricordavamo in apertura di articolo, alcuni Paesi li hanno banditi.
Il benzoato di potassio (E212) esplica la sua maggiore efficacia nei prodotti a basso pH; lo si può quindi ritrovare in cibi e bevande acidi quali le bibite gassate, i succhi di frutta e si sottaceti.
Il benzoato di potassio, insieme all’acido ascorbico (vitamina C), può formare benzene, composto classificato come cancerogeno.
Nei farmaci
I farmaci che più utilizzano i derivati dell’acido benzoico sono quelli per l’igiene orale. Per esempio una compressa di Neoborocillina senza zucchero contiene 1,2 mg di 2,4-diclorobenzil alcol e 20 mg di sodio benzoato (equivalenti a 17 mg di acido benzoico); la posologia massima giornaliera è di 8 compresse (136 mg) con l’avvertenza di non superare le dosi consigliate, di somministrare a i bambini sotto il diretto controllo medico e di rivolgersi al medico dopo 7 giorni di trattamento senza risultati.
Una pastiglia di Borocaina contiene 6,4 mg di alcol benzilico e 52 mg di sodio benzoato (equivalente a 44,1 mg di acido benzoico). Fra le avvertenze, massimo 8 pastiglie al giorno (4 per i bambini), non superare le dosi consigliate e rivolgersi al medico dopo 10 giorni di trattamento non efficace.
Notiamo come questo tipo di farmaci (medicamenti per la disinfezione orale) sia spesso del tutto inutile, visto che la patologia (per esempio un mal di gola) si risolverebbe spontaneamente da sé e che il farmaco non è certo in grado di migliorare la situazione in tempi brevi, cioè non elimina affatto i sintomi spiacevoli in tempi significativi rispetto alla durata della patologia senza assunzione di farmaco. Spesso la compressa o lo sciroppo per il mal di gola sono solo il classico rimedio che si “deve” prendere perché si ha disagio fisico, ma l’efficienza è veramente bassa: forse (calorie a parte) per il mal di gola è preferibile un buon gelato…

La formula dell’acido benzoico è C6H5COOH
Negli alimenti
Gli alimenti in cui è possibile trovare i derivati dell’acido benzoico sono soprattutto: bevande analcoliche aromatizzate e bevande alcoliche (è buona norma controllare attentamente l’etichetta: i metodi di conservazione cambiano e una bevanda a rischio può essere diventata sicura o viceversa; non bisogna lasciarsi tentare dal terrorismo alimentare di chi vorrebbe escludere comunque ogni bevanda industriale perché “i benzoati verrebbero usati prima della preparazione della bevanda”: come vedremo gli effetti negativi non sono dovuti a tracce di tali sostanze, ma da quantità “reali”), conserve di pesce, confetture, maionese, prodotti caseari e, raramente, liquori.
La massima concentrazione ammessa per l’acido benzoico è dello 0,1% negli USA e fra lo 0,015 e lo 0,5% in Europa. Da notare che molti dentifrici contengono fino a un massimo dello 0,5% di derivati dell’acido benzoico.
Acido benzoico in natura
L’acido benzoico è prodotto da molte piante come composto intermedio nella formazione di altre sostanze (Goodwin, 1976); è naturale pertanto trovarlo in alimenti di origine animale e/o vegetale.
È comune nei mirtilli (da 300 a 1.300 mg per chilo di frutto) e nelle mele colpite da funghi particolari (Harborne, 1983). Secondo l’analisi di Sieber (1989), escludendo i mirtilli, l’acido benzoico è presente in:
- latte da tracce a 6 mg/kg
- yogurt 12-40 mg/kg
- formaggi da tracce a 40 mg/kg
- frutta (escluso mirtillo) da 0 a 14 mg/kg
- patate, legumi e cereali da tracce a 0,2 mg/kg.
Per altri alimenti la situazione è simile a quella della frutta.
Tossicità di acido benzoico e derivati
Alla luce della loro presenza naturale in alimenti, l’acido benzoico e i suoi derivati non si devono considerare a tolleranza ZERO (come per esempio i grassi vegetali idrogenati), ma vanno visti nell’ottica della loro reale tossicità. Tutto sembra deporre per un limite di tossicità (FAO/OMS) giornaliero di 5 mg/kg, cioè per esempio da 300 a 400 mg per soggetti da 60 a 80 kg. Non a caso anche per i farmaci che contengono benzoati si consiglia di non superare la dose di 150-300 mg al giorno. Tale dato si ricava anche dalla normale alimentazione. Infatti, a meno di non essere drogati di mirtilli, la dose assunta normalmente è inferiore ai 100 mg e quindi di tutta sicurezza.
Chi ama la marmellata di mirtilli e ne assume 100 g, ragionevolmente arriva a una quota compresa fra 15 e 65 mg di acido benzoico (50% di frutta nella marmellata). Quindi anche qui nessun problema.
La dieta italiana esclude l’acido benzoico e i derivati dagli additivi sicuri proprio perché vanno inutilmente ad aumentare la quota giornaliera. Un litro di bevanda conservata con benzoati può contenere anche 200 mg di tale sostanza (0,2%), una quota di per sé sicura, ma inaccettabile se sommata alle altre (per curiosità notiamo che esistono dentifrici che contengono 500 mg di acido benzoico per kg, ma nessuno “mangia” 1 kg di dentifricio al giorno!).
Gli effetti
A differenza di altre sostanze, le allergie causate dai benzoati non si devono ritenere occasionali nella popolazione: riniti, orticaria, dermatiti, asma, sindrome di Melkersson-Rosenthal fino a shock anafilattico. (Maibach & Johnson, 1975; Larmi et al., 1988; Ring, 1989; Gailhofer et al., 1990; Aberer et al., 1992; Lahti et al., 1995; Anderson, 1996; Bindslev-Jensen, 1998; Coverly et al., 1998, Juhlin et al., 1972; Freedman, 1977; Osterballe et al., 1979; Lahti & Hannuksela, 1981; Clemmensen & Hjorth, 1982; Ibero et al., 1982; Moneret-Vautrin et al., 1982; Veien et al., 1987; Aguirre et al., 1993; McKenna et al., 1994; BUA, 1995; Munoz et al., 1996; Petrus et al., 1996; Vogt et al., 1999).
Per capire la non occasionalità degli effetti dell’acido benzoico e dei suoi derivati lo studio di Broeckx (1987) mostra come nello 0,7% dei pazienti affetti da orticaria (34 su 5.202) la patologia sia causata dai benzoati. Quasi l’1% dei colpiti di una patologia che ha decine di cause è un dato molto elevato e non trascurabile.
Fra gli altri sintomi da sovradosaggio (a partire da 1.000 mg al giorno per 5 giorni), nausea, mal di testa, astenia, bruciori all’esofago (Wiley & Bigelow); viceversa (Chittenden et al.) per dosi di 300 mg (il limite assunto come dose massima giornaliera tollerabile) per 60 giorni non si sono avuti problemi in un gruppo di sei volontari.