Gli acidi grassi trans sono acidi grassi insaturi contenenti uno o più doppi legami di isomeria trans tra due atomi di carbonio.
Gli acidi grassi trans (trans fatty acids) sono un capitolo dell’alimentazione moderna molto importante e vale la pena comprendere a fondo le implicazioni che il loro uso comporta.
Sappiamo che i grassi sono descritti da una formula chimica bruta in cui sono elencati gli elementi e il loro numero di atomi (carbonio, idrogeno, ossigeno ecc.). Per esempio, l’acido linolenico ha formula C17H29COOH.
Ovviamente gli atomi si dispongono nello spazio in modo tipico della sostanza; parleremo perciò di formula spaziale. Senza entrare in noiosi dettagli chimici, ricordiamo soltanto che un acido grasso può esistere in natura sotto due forme una cis e una trans (dal latino, al di qua o al di là della catena degli atomi di carbonio) a seconda della posizione di certi gruppi.
Di seguito, un semplice schema che riporta una parte della formula di un acido grasso:

Acido oleico (cis) e acido elaidico (trans)
A complicare la situazione ci si è messo anche l’uomo, che per dare maggiore consistenza a certi grassi insaturi ha creato processi (idrogenazione) per cui si rompe artificialmente un doppio legame e si aggiunge idrogeno, ottenendo prodotti in cui fra l’altro la percentuale della forma trans è molto alta. Si basano sulla scoperta di Sabatier che, usando un catalizzatore al nickel, idrogenò l’etilene a etano. L’inglese Norman applicò la scoperta agli oli alimentari e la brevettò. Nel 1909 la Procter&Gamble acquistò il brevetto per gli USA.
Il primo esempio di idrogenazione risale al 1911 (prodotti di pasticceria della Crisco).
Cosa dice la legge a proposito di acidi grassi trans
Prima di continuare nell’approfondimento dell’argomento, è opportuno ricordare che:
dal primo aprile 2021 gli acidi grassi trans che non sono naturalmente presenti negli alimenti sono stati vietati nell’Unione Europea in base a un regolamento della Commissione che risale al 24 aprile 2019.
Le percentuali degli acidi grassi trans
I grassi non saturi naturali si trovano normalmente nella forma cis. Una piccola quantità di acidi grassi trans è però presente nel cibo poiché si forma nello stomaco dei ruminanti a causa dell’azione di determinati batteri. Così nel latte, nei prodotti caseari, nella carne dei ruminanti (notate l’arretratezza di chi è rimasto alla suddivisione fra carne rossa e carne bianca: nella carne di cavallo, di cinghiale, di maiale, carni rosse, non ci sono acidi grassi trans perché non sono ruminanti!) e di alcuni marsupiali. Gli acidi grassi trans si trovano poi anche nei semi e nelle foglie di diverse piante [14] il cui consumo alimentare è però irrilevante.
Il processo di raffinazione degli oli vegetali, a causa delle alte temperature di certi processi, può introdurre una percentuale di acidi grassi trans. Per esempio, l’acido linoleico ha due doppi legami e l’acido alfa-linolenico ne ha tre. I vari legami non sono equivalenti: per esempio, il passaggio dalla forma nativa c,c,c dell’acido alfa-linolenico alla forma c,c,t avviene più rapidamente che quello alla forma t,c,c [15]. Il passaggio si ha a 245 °C e continua linearmente per circa otto ore; inizia poi la formazione dell’isomero t,c,t e dopo 16 ore quella dell’isomero t,t,t.
Le temperature ottenute nei processi di raffinazione si ottengono facilmente anche friggendo per qualche decina di minuti un olio vegetale. Ecco perché i fritti a partire da oli vegetali ricchi di grassi polinsaturi sono comunque dannosi.
Ecco alcuni dati medi:
- Burro, latte, carne: 4% dei grassi presenti
- Margarina non spalmabile: 20-50%
- Margarina spalmabile: 15-28%
- Oli vegetali raffinati: 2-7%
- Dolci di pasticceria con grassi vegetali idrogenati: 30-60%
- Oli parzialmente idrogenati usati nei fast food: 15%
- Patate fritte (fast food): 45%
Negli USA l’assunzione di acidi grassi trans è del 2-4% contro il 12-14% di grassi saturi.
I trans naturali – Gli acidi grassi trans “naturali” sono invece prodotti nel rumine di mucche e pecore in seguito a reazioni di idrogenazione parziale e/o di isomerizzazione da acidi grassi insaturi contenuti nel mangime animale (bioidrogenazione). Le reazioni sono svolte dai batteri presenti nella flora intestinale dei ruminanti. Di conseguenza, nel grasso contenuto nel latte, burro, formaggio e nella carne si trovano dal 2-9% di acidi grassi trans. L’acido transvaccinico che si trova nel burro e nei formaggi è un prodotto di transizione verso il noto CLA (acido linoleico coniugato), le cui proprietà sono spesso sovrastimate, ma che non è certo nocivo!
Numerose ricerche mostrano il ruolo positivo del CLA e di altri acidi grassi trans naturali. Appare quindi logico chiedersi: come mai le ricerche condannano gli acidi grassi trans artificiali e assolvono quelli naturali? Ulteriori indagini mostrano una differenza fondamentale: la maggior parte degli acidi grassi trans nel latte e carne sono costituiti da acidi grassi simili a quelli trovati in oli vegetali parzialmente idrogenati ma in proporzioni diverse. Probabilmente la miscela “naturale” è tale da minimizzare gli effetti negativi della geometria degli acidi grassi trans (ved. più avanti Perché gli acidi grassi trans fanno male?).
Gli studi che condannano gli acidi grassi trans
Lo studio di Mensink e Katan del 1990 [4] mostrò che gli acidi grassi trans alzano il livello del colesterolo LDL diminuendo quello del colesterolo HDL, peggiorando il rapporto di rischio cardiovascolare. Almeno altri dodici studi significativi confermarono la ricerca del 1990.
In particolare, due studi ([5] e [8]) confrontarono gli acidi grassi trans con i grassi saturi e conclusero che i primi sono decisamente più influenti sul rischio cardiovascolare. Nel luglio 2002 la National Academy of Sciences (NAS, [3]) ha confermato definitivamente la tesi che gli acidi grassi trans sono decisamente peggiori dei grassi saturi rispetto al rischio cardiovascolare.
Un’altra ricerca di Sundram [6] ha mostrato che le concentrazioni di lipoproteina (a) (che è considerato un fattore di rischio cardiovascolare indipendente poiché è in gran parte controllata geneticamente) aumentano in una dieta ricca di acidi grassi trans, mentre restano stabili o addirittura diminuiscono in una dieta con grassi saturi. Una seguente ricerca di Sundram [5] mostrò che la concentrazione di lipoproteina (a) diminuisce significativamente quando si sostituiscono gli acidi grassi trans con olio di palma.
Anche studi epidemiologici hanno confermato la relazione fra rischio cardiovascolare e acidi grassi trans. Sia quello di Willett (1993, database del Nurses Health Study, 85.095 donne, [7]), sia quello più celebre di Ascherio (1994, su 239 soggetti, [1]) arrivarono alle stesse conclusioni: un aumento del rischio del 27% e circa 30.000 morti (negli USA) ogni anno associabili a diete ricche di acidi grassi trans. Una ricerca successiva [9] ha confermato tale ultimo dato, stimando i decessi fra 25.000 e 30.000.
Anche gli studi sul diabete sono significativi [2]. Un aumento del 2% di acidi grassi trans in sostituzione di carboidrati aumenta il rischio diabetico di un fattore 1,39, mentre non c’è praticamente variazione (0,97) nel caso di sostituzione con grassi saturi.
Gli studi di Willett e di Ascherio riportano anche i danni riguardanti la “distruzione” degli acidi grassi essenziali da parte degli acidi grassi trans.
Perché gli acidi grassi trans fanno male?
Gli acidi grassi trans fanno male perché sostanzialmente hanno una geometria diversa da quelli cis. La geometria lineare degli acidi trans:
1) rende più rigide le membrane cellulari (gli acidi cis hanno una geometria più dolce che ammette curve fin verso 0 °C). Alcuni studi mostrano che la percentuale di acidi grassi trans nelle membrane di cellule umane arriva fino al 20%; ben si comprende la possibile limitazione funzionale.
2) Consente una maggiore densità anche a 37 °C, facilitando la formazione di complessi solidi che possono alterare il lume dei vasi.
3) Negli acidi grassi essenziali blocca l’enzima d-6-desaturasi, necessario per arrivare agli acidi GLA e SDA (stearidonico) da cui derivano prostaglandine, leucotrieni ed eicosanoidi. Ecco perché non solo un’assunzione insufficiente di EFA, ma anche un’assunzione eccessiva di trans può provocare malattie croniche o degenerative ([10] e [11]).

Gli acidi grassi trans fanno male perché sostanzialmente hanno una geometria diversa da quelli cis.
La tolleranza
In genere quando una sostanza è tollerata dal corpo si fissano delle dosi giornaliere accettabili (per esempio per il dolcificante aspartame è di 50 mg/kg, per il vino un paio di bicchieri al giorno ecc.). Ebbene l’Institute of Medicine (IOM) of the National Academies of Sciences, Engineering, Medicine and Research Council americano ha proposto per gli acidi grassi trans un Tolerable Upper Intake Level (UL) di ZERO.
Una posizione meno drastica è supportata da altre associazioni americane. In particolare si può utilizzare la dose che può essere assunta attraverso un’alimentazione naturale che comprenda in misura corretta latte, latticini, carne (10% dei grassi saturi sul totale delle calorie) ecc. Tale dose di tutta sicurezza non supera lo 0,5% delle calorie giornaliere. Per un soggetto di 60 kg che assume 1.800 kcal/gg significa 1 g: basta una merendina ai grassi idrogenati per superarla, mentre occorrono circa 8 litri di latte intero! Come si vede quando la percentuale di acidi grassi trans del cibo considerato aumenta considerevolmente (per esempio passando dal 2-3% al 30%) si sfora con grande facilità.
Riassumendo
Mary Enig (1931-2014) è stata un’autorità mondiale nel campo degli acidi grassi trans. Ricercatrice del Maryland (ha lavorato per molti anni nel Lipids Research Group, Department of Chemistry and Biochemistry, University of Maryland), è stata fra l’altro consulting editor per il Journal of the American College of Nutrition.
Ha riassunto così i problemi dei grassi trans:
- Abbassano il colesterolo HDL e alzano quello LDL
- Alzano la concentrazione della lipoproteina (a)
- Abbassano il valore biologico del latte materno
- Causano un basso peso dei bambini alla nascita
- Aumentano i livelli di insulina in risposta a un carico glicemico
- Interferiscono con la risposta immunitaria diminuendo l’efficienza della risposta delle cellule B e aumentando la proliferazione delle cellule T
- Diminuiscono il livello di testosterone
- Inibiscono alcune reazioni enzimatiche fondamentali (come quella della d-6-desaturasi)
- Alterano la permeabilità e la fluidità delle membrane cellulari
- Alterano la costituzione e il numero degli adipociti (cellule di deposito del grasso)
- Interferiscono con il metabolismo degli acidi grassi essenziali omega-3
- Incrementano la produzione di radicali liberi.
Bibliografia
(1) ASCHERIO, A; HENNEKENS, C H; BURING, J E; MASTER, C; STAMPFER, M J and WILLETT, W C (1994). Trans fatty acids intake and risk of myocardial infarction. Circulation, 89:94-101.
(2) HU, F B; ST AMPFER, M J; MANSON, J E; RIMM, E; COLDITZ, G A; ROSNER, B A, HENNEKENS, C H and WILLETT, W C (1997). Dietary fat intake and risk of coronary heart disease in women. N. Engl. J. Med., 337:1491-1499.
(3) INSTITUTE OF MEDICINE (2002). Letter report on dietary reference intakes for trans fatty acids. National Academy of Sciences, USA, July 2002.
(4) MENSINK, R P and KATAN, M B (1990). Effect of dietary trans fatty acids on high-density and low-density lipoprotein cholesterol levels in healthy subjects. N. Engl. J. Med., 323:439-445.
(5) SUNDRAM, K; ANISAH, I; HAYES, K C; JEYAMALAR, R and PATHMANATHAN, R (1997). Trans (elaidic) fatty acids adversely impact lipoprotein profiles relative to specific saturated fatty acids in humans. J. Nutr., 127:514S-520S.
(6) SUNDRAM, K; HORNSTRA, G; HOUWELINGEN, A C and KESTER, A D (1992). Replacement of dietary fat with palm oil: effect on human serum lipids, lipoproteins and apolipoproteins. Br. J. Nutr., 68:677-692.
(7) WILLETT, W C; STAMPFER, M J; MANSON, J E; COLDITZ, G A; SPEIZER, F E; ROSNER, B A; SAMPSON, L A and HENNEKENS, C H (1993). Intake of trans fatty acids and risk of coronary heart disease among women. Lancet, 341:581-585.
(8) WOOD, R; KUBENA, K;O’BRIEN, B; TSENG, S and MARTIN, G (1993). Effect of butter, mono- and polyunsaturated fatty acid-enriched butter, trans fatty acid margarine and zero trans fatty acid margarine on serum lipids and lipoproteins in healthy men. J. Lipid Res., 34:1-11.
(9) Koletzko, B. and T. Decsi 1997. Metabolic aspects of trans fatty acids. Clinical Nutrition 16:229-237.
(10) Horrobin, D. (Ed.) 1990. Omega-6 Essential Fatty Acids: Pathophysiology and Roles in Clinical Medicine. Alan R. Liss, Inc., New York. ISBN 0-471-56693-4.
(11) Yehuda, S. and D. I Mostofsky (Eds.). 1997. Handbook of Essential Fatty Acid Biology: Biochemistry, Physiology and Behavioral Neurology. Humana Press, Inc., Totow, New Jersey.
(12) Callaway, J. C., T. Tennilä and D. W. Pate 1997. Occurrence of ‘omega-3′ stearidonic acid (cis-6,9,12,15-octadecatetraenoic acid) in hemp (Cannabis sativa L.) seed.
(13) Grandgirard, A., J. L. Sebedio and J. Fleury 1984. Geometric isomerization of linolenic acid during heat treatment of vegetable oils. Journal of the American Oil Chemists Society 61(10): 1563-1568.
(14) Mölleken, H. 1998. Trans-fatty acids in heated hemp seed oil.
(15) Wolff, R. L. 1993. Heat-induced geometric isomerization of alpha-linolenic acid: effect of temperature and heating time on the appearance of individual isomers. Journal of the American Oil Chemists Society 70(4): 425-430.